The Russian Presidential Press and Information Office www.kremlin.ru
The Russian Presidential Press and Information Office www.kremlin.ru

In un contesto globale mutato, specialmente dall’ascesa della Cina, quello di mercoledì tra Biden e Putin è stato più che altro un incontro bilaterale tra due leader di due importanti paesi, rispetto ai grandi vertici che si tenevano nel 20° secolo tra le due super potenze. E i rapporti sono forse più difficili oggi di quanto non lo fossero durante la guerra fredda, perché USA e Russia non cavalcano più il mondo.

Malgrado i persistenti attacchi informatici contro obiettivi americani avvenuti prima del loro incontro e la grande mobilitazione militare russa lungo i confini dell’Ucraina, che suonava come una chiara provocazione, sorprendentemente i due leader hanno descritto i colloqui di Ginevra come uno scambio positivo e costruttivo per una relazione futura più stabile e cooperativa.

Putin ha negato la piena responsabilità della Russia per gli attacchi informatici contro le istituzioni statunitensi e ha respinto le critiche sulle violazioni dei diritti umani. Biden ha affermato di aver consegnato al leader russo un elenco di 16 infrastrutture hacker critiche considerate “off-limits” dichiarando di aver chiarito che gli USA, in caso fossero attaccati nuovamente, “hanno significative capacità informatiche e risponderanno in modo informatico”.

Manca ancora la fiducia tra i due, ma forse uno spiraglio si è intravisto. Il relativo declino dovuto alla profonda polarizzazione della politica interna dei due paesi, ha reso uno sospettoso dell’altro. La rivendicazione di Biden che afferma che gli Stati Uniti sono tornati sulla scena mondiale per sottolineare il cambiamento dopo la presidenza Trump, è supportata senz’altro dalla grande esperienza in politica estera del suo team. Ma l’affermazione è ostica, perché l’impegno dell’amministrazione Biden nelle alleanze erose dal precedente presidente statunitense, avviene in un modo diverso e soprattutto in un mondo diverso.

Significativo è stato il vertice del G7. La Cina è stata attaccata per aver violato i diritti umani e per la mira espansionistica con le sue accresciute ambizioni militari, come altrettanto la Russia, per l’accumulo di armi ai confini ucraini e per l’hacking. Entrambi i paesi sono stati descritti al G7 come minacce aggressive che richiedono una risposta dell’Alleanza.

Dunque questo primo test, ritenuto dagli analisti comunque importante, potrebbe avere la capacità di premere il pulsante della ripresa dopo un periodo “sgradito” di pausa. Come lo è stato, in un contesto diverso, tra Mikhail Gorbaciov e Ronald Reagan nel 1985, ospitati sempre a Ginevra.

Il viaggio di Biden aveva due obiettivi: quello riguardante la gestione delle relazioni con la Russia, e quello di rafforzare il tema della democrazia nel mondo come modello superiore, tracciando una netta distinzione con l’autoritarismo.  

L’apertura dei colloqui tra Stati Uniti e Russia sulla sicurezza informatica, il controllo degli armamenti, il rilascio di cittadini americani detenuti ingiustamente, il ritorno degli ambasciatori alle loro capitali assegnate e il poter essere critici nelle violazioni dei diritti umani, sono temi discussi in uno scenario decisamente tranquillo, che suggeriscono che il compromesso per avviare un dialogo strategico è possibile su tutte le questioni.  

Tanti sono stati affrontati, anche se le preoccupazioni rimangono. Anche se il vertice è stato davvero importante,  nella sua conferenza stampa Biden ha avuto la meglio.

Putin, in forma assolutistica, non si è preso la responsabilità di nulla nella sua conferenza stampa e ha cercato di difendersi dalle accuse di violazione dei diritti umani mettendo in luce i problemi sociali negli Stati Uniti. Un atteggiamento che indica aver perso la capacità di rispondere a domande difficili.

Come quella posta da una giornalista americana della ABC News, quando gli ha chiesto: “Se tutti i suoi oppositori politici sono morti in prigione avvelenati, questo non invia un messaggio contrario a una lotta politica equa?”. Putin ha evitato la domanda, confrontando gli insurrezionisti di Trump del 6 gennaio con i dissidenti democratici che il suo governo sta reprimendo in Russia. Un confronto definito alquanto “ridicolo”.

Se Putin ha risposto alle domande parlando di tutto quello che c’è di sbagliato negli Stati Uniti, Biden ha predicato la responsabilità di parlare di diritti umani per aumentare la fiducia nel mondo, che non vuol dire essere contro la Russia. Dunque Biden, mostrando lo stile evasivo del presidente russo, ha dimostrato che l’autoritarismo è una forza maligna. Non a caso Biden ha dedicato tempo del suo tour europeo per riaffermare i legami degli Stati Uniti con i suoi principali alleati democratici dopo quattro anni di interruzioni dell’amministrazione Trump.

Ad ogni modo, a Putin interessava capire se Biden prende veramente sul serio la Russia e se è disposto a fare affari con Mosca. Per questo, ha offerto a Biden aiuto sulle questioni iraniane e afghane, rendendo possibili soluzioni anche nelle guerre in Siria e in Libia dove le due superpotenze sostengono parti opposte.

Per i critici non è stato fatto molto mercoledì, ma non è possibile “misurare” un solo incontro. Gli analisti sanno bene che la diplomazia funziona grazie a diversi ambasciatori che si rimetteranno al lavoro dopo Ginevra con altre riunioni. Non sarà forse un processo veloce, ma alcuni protocolli potrebbero cominciare a cambiare gradualmente.