È morto in semilibertà l’assassino di Milena Sutter, mentre faceva un bagno sulla spiaggia di Bagnaia, all’isola d’Elba. Nell’isola aveva ottenuto la semilibertà dal febbraio del 2019, dopo essere stato detenuto del carcere di Porto Azzurro per la condanna per omicidio.

Assolto per insufficienza di prove nel 1973 dalla corte di assise di Genova era però stato condannato all’ergastolo due anni dopo, condanna confermata dalla Cassazione nel 1976. La condanna era arrivata in contumacia poiché Bozano era fuggito in Francia, dove era però stato arrestato, il 25 gennaio 1979, da qui espulso in Svizzera, quindi incarcerato in Italia.  

Il caso di Milena Sutter vide la 13enne, figlia dell’industriale Arturo Sutter (marca tuttora esistente e di successo nel commercio), industriale svizzero naturalizzato italiano, sparire alle 17:00 del 6 maggio 1971 dopo essere uscita dalla scuola che frequentava, la Scuola Svizzera di Genova (che sarebbe poi stata chiusa nel 1985), di via Peschiera, a metà strada tra Piazza Manin e via XX Settembre.

A casa, ad aspettare Milena, c’era una professoressa che doveva darle una ripetizione di storia per le 17:30, ma a casa, Milena non arrivò mai.

Milena era alta 1,65, pesava 58 kg, era forte e atletica, e praticava lo sci. Capelli biondi e occhi azzurro acceso, la ragazzina sembrava scomparsa nel nulla. Alle 21 i genitori ne denunciarono la scomparsa.

La mattina seguente, alle 10:45 arrivò una telefonata: una voce chiedeva un riscatto di 50 milioni, equivalente a 500 mila euro. “Se volete Milena viva, prima aiuola Corso Italia” disse la voce. L’industriale si mostrò pronto a pagare, ma non udì più alcuna notizia.

Alle 13:30 il giornale radio Radio Rai, e l’edizione pomeridiana del Corriere Mercantilechiedeva, diffusero la notizia della scomparsa della ragazza e della richiesta di riscatto. Siccome la telefonata era giunta quando la notizia non era ancora stata diffusa, l’artefice doveva per forza essere il rapitore.

Lorenzo Bozano al processo

Il 20 maggio, verso le 17:30, due pescatori dilettanti, Paolo Schenone e Giampaolo Olia, a circa trecento metri dalla spiaggia di Priaruggia, a Quarto dei Mille, videro un cadavere affiorare dalle acque. Chiamarono così il Nucleo Sommozzatori dei vigili del fuoco che recuperarono la salma.

La salma venne recuperata e adagiata sulla spiaggia, dove nel frattempo si erano radunate un centinaio di persone. Inizialmente si pensò che la salma appartenesse a un sub, poiché il volto era irriconoscibile e scarnificato, ed il corpo era privo di pezzi di carne in più punti.

Poi, la camicetta a fiori, il maglione giallo e la blusa blu che Milena indossava il giorno in cui fu rapita, fecero si che il corpo fosse identificato con quello della ragazzina. Nuda dal bacino in giù (impossibile stabilire se fosse o no stata violentata a causa dell’avanzato stato di putrefazione del cadavere), Milena indossava alle caviglie, arrotolate, solo un paio di calze-mutande a collant, con dei ricami sui bordi. Portato all’obitorio dell’ospedale San Martino, il corpo venne ufficialmente identificato con quello di Milena Sutter dal medico legale Giorgio Chiozza, grazie a una medaglietta con inciso il nome della ragazza (regalata dalla madre alcuni anni prima), e da un braccialetto che portava ad un polso.

Secondo i medici legali che esaminarono il cadavere, la ragazzina era stata uccisa il giorno stesso del rapimento, all’incirca tra le 18 e le 18:30, in una zona compresa tra i quartieri di Quarto dei Mille e Quinto al Mare; il corpo era stato forse portato a Villa Costa, nella zona di Quarto dei Mille, seppellito in una fossa, scavata con piccone e pala, ubicata nei pressi di una piazzola di sosta del monte Fasce.  Disseppellito il giorno dopo, per essere gettato in mare, il corpo era stato affondato con addosso sei piombi da un chilo l’uno, parte di una tuta da sub della Cressi Sub.

La sera stessa del ritrovamento del cadavere, Lorenzo Bozano venne arrestato: era già stato indagato in quanto proprietario Alfa Romeo Giulia Spider rossa, simile a quella riconosciuta da alcuni testimoni come quella davanti alla scuola di Milena, il giorno stesso del rapimento.

Lorenzo Bozano aveva 25 anni, era parente dei Costa, armatori proprietari di Costa Crociere, figlio di un funzionario della compagnia di navigazione, aveva la passione per le immersioni subacquee.

Non riuscì a fornire un alibi che lo coprisse dalle 16:15 alle 19:45 e dopo le 22 del 6 maggio; si scoprì che era considerato dal padre uno psicopatico, tant’è che il genitore lo aveva denunciato alla Procura dei minorenni di Genova, nel 1965, dicendo che era capace di qualsiasi delitto.

Descritto come cinico, bugiardo e ladro, dalle forti pulsioni sessuali, era soprannominato il “biondino della Spider rossa” perché alcuni abitanti di via Orsini dissero di aver visto un “biondino” sostare nella zona in cui si trovava villa Sutter, seduto su una spider rossa ammaccata; mentre altri testimoni sostennero di aver visto la stessa Spider sostare nei pressi della Scuola Svizzera nei mesi precedenti all’omicidio.

Riconosciuto da una trentina di studenti della Scuola di Milena e da una compagna di classe della vittima, in realtà castano e di corporatura massiccia, fu trovato in possesso di un foglio con le parole  “affondare, seppellire, murare”, e con segnati alcuni orari, probabilmente legati al rapimento-lampo e all’uccisione di Milena.

Bozano aveva inoltre spesso parlato, secondo alcuni testimoni, di compiere un sequestro: egli affermò sempre che stava parlando del rapimento di Sergio Gadolla, avvenuto a opera del Gruppo XXII ottobre dal 7 al 9 ottobre 1970, per il quale la polizia aveva scoperto tutti gli esecutori del sequestro il 16 aprile 1971, tre settimane prima della scomparsa di Milena.

Assolto in primo grado nel 1973, venne condannato all’ergastolo con l’imputazione di rapimento a scopo di estorsione, omicidio con azione di strozzamento (e probabile soffocamento) e soppressione di cadavere tre anni dopo.

Il condannato fuggì in Francia, poi in Africa e poi nuovamente in Francia, dove le autorità negarono l’estradizione in Italia, ma lo espulsero (per piccoli reati d’infrazione del codice stradale) in Svizzera, a Ginevra, e la Svizzera concesse l’estradizione in Italia.

Qui, Bozano scontò la pena nel carcere di Porto Azzurro, nell’Isola d’Elba, nel 1989 ottenne la semilibertà, dove, beneficiando di permessi premio, creò un allevamento di polli, chiuso poi per evasione.

L’11 giugno del 1997 tentò di molestare una ragazza di 16 anni, a Livorno, spacciandosi per poliziotto, fu per questo condannato nel 1999 a due anni di reclusione, sino al 2019, quando tornò in semilibertà in una casa di accoglienza per detenuti gestita da un’associazione di volontariato, dove assunse le mansioni di custode e segretario.

Cinquant’anni dopo il ritrovamento in mare della vittima, il suo assassino è morto. In mare.