Di che si tratta? Leggere il testo fino in fondo

Intervista a Francesco Pontelli, quarta e ultima parte

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Il pezzo, con le numerose domande e le approfondite risposte, è risultato così lungo che abbiamo ritenuto opportuno pubblicarlo in quattro parti.

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Per finire uno sguardo sul mondo

Francesco De Maria Parliamo degli USA. Che cosa pensa di quel grande dramma che sono state le elezioni del 3 novembre 2020? Le cose corrono così velocemente… Ancora 5 mesi or sono Donald Trump era presidente. Il voto è stato sostanzialmente regolare? Trump ha fatto qualcosa di buono? Dove Biden potrebbe rivelarsi peggiore di Trump?

Al momento della sua elezione il Nobel per l’economia Paul Krugman affermò che i mercati finanziari non si sarebbero mai ripresi dalla elezione di Donald Trump : una posizione condivisa anche  dall’allora Presidente del Fondo Monetario Internazionale ora presidente della BCE Christine Lagarde. Previsioni ridicolizzate da tutti i record di Wall Street come dal più basso livello di disoccupazione 3,4% raggiunto durante l’amministrazione Trump.

Il grande merito dell’amministrazione Trump  è stata quello di porre o meglio di riportare al centro dello sviluppo l’economia industriale diminuendo la Corporate tax rendendo, in altre parole, ancora conveniente produrre all’interno degli Stati Uniti. Per fare un esempio basti ricordare come la produzione del pick-up Dodge sia stata riallocata dalla Chrysler dal Messico agli  Stati Uniti con la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro.

In relazione alle elezioni francamente non ho le competenze per comprendere se vi siano stati o meno dei brogli ed attendo fiducioso l’esito delle eventuali indagini degli organi competenti.

Al di là di quello che si immaginavano le forze politiche italiane che si definiscono progressiste   Biden sta seguendo buona parte del programma economico di Trump tanto è vero che ha destinato a 3 trilioni di dollari alle centrali nucleari .

Come anche nella sostanza della politica dell’immigrazione  considerato  l’invito della vice presidente degli Stati Uniti  rivolto alle popolazioni dei paesi da cui proviene la maggior parte degli immigrati a non venire nel paese del sogno americano perché verranno rimpatriati. 

Viceversa considero molto pericolosa l’apertura della attuale amministrazione statunitense all’Iran la quale anche nelle ultime elezioni si è dimostrata assolutamente lontana anche solo da una parvenza di democrazia. Va ricordato in questo senso come l’amministrazione americana guidata da Donald Trump abbia avuto il grande merito di rompere l’accerchiamento di Israele il quale ha avviato relazioni diplomatiche con due stati arabi isolando sempre di più l’Iran anche grazie all’alleanza con l’Arabia Saudita. Lo stato sciita rappresenta la vera variabile indipendente all’interno del mondo arabo ed è  il primo finanziatore dei gruppi terroristici come Hamas ed Hezbollah. Le ultime tensioni alla striscia di Gaza tra palestinesi e lo stato israeliano dimostrano la ritrovata centralità dell’Iran all’interno del conflitto israelo-palestinese e soprattutto la debolezza degli Stati Uniti che sono passati ad una politica accomodante anche per quanto riguarda la ricerca nucleare iraniana con la presidenza Biden. 

Viceversa il nuovo presidente ha adottato la medesima posizione intransigente nei confronti della Cina per una volta , e per nostra fortuna,  con l’alleanza dell’Unione Europea (per questo in discontinuità con il precedente presidente Trump molto più isolazionista) la quale sembra uscire da quel torpore politico che l’aveva relegata a rappresentare il  ventre molle del contesto mondiale.

Ticinolive presta molta attenzione all’Asia e numerosi sono gli articoli che pubblica sul tema, per la penna del dottor Vittorio Volpi. Come si potrebbe definire, oggi, il regime cinese? È ancora “comunista”? Quali alleati può trovare nel globo?

La Cina Rappresenta in ambito del WTO un Unicum in quanto espressione di un regime totalitario quindi non soggetto per quanto riguarda l’elaborazione delle proprie strategie economiche e politiche a nessuno giudizio da parte degli elettori. Questa “forma istituzionale” molto lontana da una democrazia offre un vantaggio competitivo pressoché imbattibile. In quanto all’interno delle democrazie elettive i piani economici possono avere nella migliore delle ipotesi un arco temporale di 5 anni mentre nella Cina vengono elaborati piani trentennali. L’intero mondo accademico e politico progressista europeo ha sempre individuato  nella semplice applicazione della legge della concorrenza la via maestra attraverso la quale si sarebbe  determinato l’aumento della  produttività anche nel nostro paese. Una visione talmente infantile della quale l’universo complesso cinese ha ottenuto un grande vantaggio inondando il mondo di prodotti di ogni genere tanto a basso che ad alto valore aggiunto. 

Trump prima Biden ora assieme a Draghi hanno ridicolizzato a questa posizione  adottata dall’ intero ambito accademico italiano ed europeo negli ultimi vent’anni quanto della politica progressista con l’accordo del G7. In quanto la concorrenza può esistere solo ed esclusivamente se basata su un minimo di regole condivise relative tanto al lavoro quanto alla sicurezza dei prodotti e quindi per il consumatore. Sotto il profilo della tutela dei prodotti come  delle varie e diverse produzioni nazionali l’applicazione di queste Teorie semplicistiche e mondialiste hanno avuto effetti disastrosi per molte economie occidentali, le quali con l’opportunità digitale diventano assolutamente un patrimonio trasferibile in tempo reale in ogni parte del mondo.

La Cina ha beneficiato di questo ventennale lassismo politico strategico espressione di una posizione progressista/accademica all’interno del quale poi l’economia industriale risultava assolutamente sacrificabile a favore periodicamente della New  della app/sharing/ Gig Economy. Va altresì ricordato come l’economia cinese sia la conseguenza dell’approccio  speculativo all’economia industriale che ha trovato la sua espressione nelle delocalizzazioni produttive incentivate molto spesso dagli stessi stati come in Italia.

Grande merito all’amministrazione Trump di aver posto la questione in modo pragmatico partendo dalla dipendenza eccessiva dell’economia statunitense dalle importazioni di componentistica cinese. Un problema ripreso anche dall’amministrazione Biden avendo egli stesso posto all’interno del proprio programma economico la diminuzione della dipendenza dell’economia statunitense da ogni tipo di prodotto proveniente dalla Cina a maggior ragione per quelli tecnologici.

Wiki commons (Alioshka) – https://org/licenses/by-sa/4.0/deed.encreativecommons

Che cos’è esattamente la Via della Seta? Per quali paesi e quali interessi può costituire una minaccia?

La via della seta rappresenta l’apoteosi della impreparazione di una classe dirigente e governativa italiana. Questa era convinta di riuscire a creare un corridoio privilegiato ed equilibrato con la seconda potenza mondiale economica la quale aveva tutto l’interesse a trovare uno sbocco immediato direttamente in loco e con la compiacenza di una classe governativa ridicola quanto inadeguata. Ampiamente criticato in Europa al G7 con l’accordo tra Stati Uniti Europa e Mario Draghi di fatto si pone la parola fine su una delle maggiori  manifestazioni della incompetenza del governo Conte.

Una ritrovata centralità dell’Unione Europea all’interno di un accordo con gli Stati Uniti che ci si augura riesca ad includere anche Putin nei confronti dei pericoli crescenti che la Cina col suo espansionismo economico e politico sta dimostrando (basti pensare alla soppressione di ogni diritto democratico ad Hong Kong) assieme alla ritrovata guida dell’Italia grazie al presidente del consiglio Mario Draghi dopo due scellerati governi Conte con maggioranze  5 Stelle lega/5 Stelle PD fanno ben sperare.

Certamente, per quanto riguarda la tutela delle produzioni nazionali all’interno di un contesto basato sulla collaborazione e sulla adozione di un minimo di regole comuni in ambito economico politico e sociale sta ora al governo Draghi dimostrare l’attenzione necessaria per la tutela del know how italiani declinato sia in ambito industriale  che in ogni altra forma all’interno  di un mercato globale e competitivo. 

Esclusiva di Ticinolive