di Vittorio Volpi

Didi è una società cinese. Il suo nome onomatopeico riprodurrebbe il suono (in mandarino) del clacson. Nome più che appropriato perché di auto a noleggio si tratta. È nata nel 2012 con il quartier generale a Pechino ed è diventata un gigante. Didi è nata da una costola di due giganti cinesi Alibaba e Tencent. Nel suo portafoglio figurano 550 milioni di utenti e decine di migliaia di autisti ed opera in oltre 15 paesi. La Didi è salita agli onori della cronaca a livello internazionale nelle scorse settimane grazie ad un IPO (offerta pubblica) presso la Borsa di New York (NYSE).

Cheng Wei – Wiki commons (Kiwibluuce) – https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/deed.en

Perché New York e non Hong Kong o Shanghai? Evidentemente perché il mercato americano ha appetito di azioni cinesi oltre che per un business attraente ed anche molto tecnologico.

L’IPO ha permesso di raccogliere ben 4.4 miliardi di dollari. Non un’operazione gigante, ma certamente di buona dimensione media. La reazione del mercato è stata subito positiva ed il titolo è salito di oltre il 20% dalla quotazione iniziale. Pochi giorni dopo, una doccia fredda per Didi e per chi vi ha investito. Venerdì scorso un’altra discesa del 5.3% fermando comunque il titolo a 15.52 dollari, superiore all’inizio del trading che era a 14 dollari.

Parlavamo di doccia fredda. La CAC (Cyberspace Administration of China), l’autorità che sovrintende internet in Cina, ha sospeso l’applicazione dagli store nazionali, di fatto, tagliando ogni sviluppo nel proprio mercato. La ragione di tale grave provvedimento è riconducibile alla seguente motivazione “l’azione è giustificata da un riferimento all’utilizzo illecito di dati personali dei clienti” che sono, ricordiamo, 550 milioni.

Da mesi il governo ha nel mirino le aziende cinesi nell’high-tech. Ricordiamo la sospensione di Ant a pochi mesi dal traguardo di una delle più grandi IPO della storia (37 miliardi di dollari), gigante del gruppo Alibaba. In questo caso la motivazione sorprese tutti, in quanto si attribuiva la colpa al comportamento del fondatore Jack Ma ed alle critiche da lui mosse di inefficienza e di modello anacronistico della burocrazia cinese.

Inaccettabile nel Partito da parte di un miliardario, ma pur sempre membro giurato del PCC. Sembrava quindi più una punizione personale a Ma che altro, sebbene in realtà sotto sotto le grandi banche cinesi  la vedevano come il fumo negli occhi (Ma incluso) vista la feroce concorrenza di Ant sul mercato. Nelle ultime settimane le sanzioni/rimproveri di Pechino, del Partito, lasciano capire che c’è di più.

Analizziamo quali potrebbero essere le cause principali di questo atteggiamento severo nei settori del nuovo tecnologico.

In primis, vediamo come causa principale i timori di una eccessiva integrazione del sistema digitale nazionale con l’Occidente. Se aumentano i canali informatici in comunicazione con il mondo esterno, aumentano i pericoli di intrusione di nemici. I trascorsi recenti Usa- Russia dimostrano come in un batter d’occhio -un clic del mouse- si possa mettere in difficoltà un paese, una campagna elettorale ad esempio. Ciò farebbe pensare, più che altro, a preoccupazioni di natura strategica. Lo scontro in atto con gli Usa lo impone.

Una seconda ragione è quella di evitare che il collocamento (via IPO) di aziende cinesi in Occidente che vuole anche dire, mettere azioni di aziende cinesi in mano ad avversari strategici, quindi un rischio da evitare.

Terzo, lo sbarco della Borsa di New York (NYSE) e mettersi nelle mani all’avversario più critico a stelle e strisce. Ma perché quotarsi nel tempio del capitalismo anziché Hong Kong, Shenzhen, Shanghai? Quello che è certo è che il fondatore di Didi, Cheng Wei, ha confermato di aver interrotto la registrazione di nuovi utenti ed aver rimosso l’App dagli stores. Una paralisi temporanea che farà sicuramente danni al business.

Tutto poco chiaro per noi, ma è evidente che, come in Occidente, la Cina sta provvedendo ad organizzarsi per il confronto planetario con il suo grande avversario: gli Stati Uniti d’America.