di Cristina T. Chiochia
L’arte e la vita. Una grande festa per la città che incrocia questi due concetti, con l’apertura da venerdì 2 luglio 2021 sino al 19 Settembre nella piazza del Luogo Pio , della mostra dedicata a Mario Puccini al Museo della Città di Livorno. Arte e vita che si incrociano quindi in una mostra unica ed inedita su di un artista italiano che ha con il suo lavoro, creati correnti e fazioni discordanti a suo tempo. Nel cuore della “Piccola Venezia” livornese, in un luogo incantato che , come una grande piazza in festa, offre in un contesto unico questa importante mostra su un artista molto “chiacchierato” dai suoi contemporanei che, nel solco dei Macchiaioli, addirittura venne definito da Emilio Cecchi nel 1913 un “Van Gogh involontario” ma che resta ai più un “illustre sconosciuto”.Ecco quindi la mostra. Che arriva accompagnata da un bel catalogo edito da Pacini, in una città che è la sua città: la “sua” Livorno e le sue tante contraddizioni. Una città italiana con una storia importante: europea e cosmopolita insieme ma distrutta pesantemente durante la seconda guerra mondiale ma che non ha perso la sua vocazione internazionale con le sue navi nel porto e la sua voglia di stupire gastronomicamente, rimanendo comunque ancora il crocevia di culture. Una sorta di “careffour”non solo per i vacanzieri in transito per le isole più belle dell’Italia ma per la storia dell’arte italiana, come in questo caso.
Con la mostra su Mario Puccini, si offre in modo del tutto nuovo, quindi , insistendo sulla testimonianza storica di un artista italiano intenso ma con una forte identità livornese, appunto. Come recita il comunicato stampa “nuova mostra del Museo della Città di Livorno nasce dalla riscoperta di una importante collezione di dipinti di Mario Puccini (Livorno 1869 – Firenze 1920), grande pittore nel solco dei Macchiaioli definito da Emilio Cecchi nel 1913 un “Van Gogh involontario”, di cui si vuole celebrare il valore storico artistico, ponendo al contempo una riflessione su opere mai presentate prima o raramente esposte in passato.Curata da Nadia Marchioni con il supporto del Comitato scientifico formato da Vincenzo Farinella, Gianni Schiavon e Carlo Sisi, l’esposizione celebra il centenario della morte del pittore del 2020 e amplia le ricerche avviate in occasione dell’esposizione del 2015 al Palazzo Mediceo di Seravezza.
La collezione “riscoperta” permette infatti di seguire lo sviluppo della carriera artistica di Puccini dal suo esordio, a partire dai rari ritratti della fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, in cui si evidenzia il legame con l’ambiente artistico fiorentino di fine secolo e con i maestri Fattori e Lega, alla maturità dell’istintivo colorista, così come si manifestò dopo i cinque anni trascorsi negli ospedali di Livorno e Siena, dove, ricoverato per “demenza primitiva”, fu dimesso dagli psichiatri nel 1898 e affidato, “non guarito”, alla custodia del padre, permettendogli di riacquistare la libertà. La malattia mentale, oltre all’appassionato utilizzo del colore, ha contribuito a suggerire già ai contemporanei l’ipotesi storico-critica di un legame fra la pittura di Puccini e quella di Van Gogh, la cui opera il livornese aveva effettivamente ammirato, assieme a quella di Cézanne, nella celebre collezione fiorentina di Gustavo Sforni, con il quale entrò in contatto nel 1911 grazie all’amico Oscar Ghiglia”.
L’abbraccio della mostra è come quello di chi si ama: otto le sezioni in dialogo continuo con l’idea che questo artista aveva dell’arte: una sorta di protezione ai guai del mondo, attraverso la natura e l’arte dell’essenza estetica pura. Tra opere decisamente rare ed alcune neppure mai viste ed esposte al pubblico, grazie anche al bel catalogo edito da Pacini, la mostra permette di comprendere l’arte di questo artista non come un ritorno al passato ma quasi uno sguardo “ex novo” sul concetto di “futuro” nell’arte. Tra l’idea di un artista senza arte ne parte ma profondamente amato dai cittadini della sua città, si conquisto’ un posto nel fanedio di Livorno, a discapito delle numerose critiche che portarono a quella che venne definita una vera e propria “scissione” artistica. Tra un ottocento lontano ed un novecento alle porte, Mario Puccini con la sua arte segna un nuovo confine per l’arte italiana dei primi del novecento: davvero una sorta di Van Gogh involontario o un fantastico artista visionario, innamorato dell’arte e della vita? Chissà.
Resta il fascino di quelle pennellate e di quel senso profondo di appartenenza che resta il meglio di se’. E presenta attraverso le pennellate , il senso che è stato poi la storia del gruppo labronico livornese, che ebbe inizio proprio dopo la morte di questo artista e che dalle discussioni sulla sua morte, raccolse la grande eredità di una spinta nuova verso l’arte e la pittura. La rivoluzione del futuro a Livorno, la sua Livorno, poteva iniziare.