di Giuseppe Bellantonio
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Proponiamo ai nostri lettori questo articolo di notevole interesse e di inusitata lunghezza per un portale di informazione.
La Pandemia è virus, contagio planetario, malattia, morte. È certamente tutto questo. Ma la Pandemia è anche parola e comunicazione. Lo viviamo ogni giorno sulla nostra pelle. Ecco il messaggio fondamentale di Bellantonio.
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Gli avvenimenti susseguitisi negli ultimi 20 mesi circa, hanno radicalmente interferito con gli scenari globali: sociali, politici, economici e strategici, via via modificandoli profondamente quanto rapidamente.
Abbiamo assistito a un balletto di dichiarazioni, dati, decretazioni d’urgenza e quant’altro, all’insegna di una ‘emergenza’ dichiarata e di una ‘pandemia’ non dichiarata tempestivamente ed esplicitamente da una OMS ondivaga che con disinvolta sicumera ha sostenuto e sostiene tutto e il contrario di tutto, con Nazioni che non sempre ne seguono le direttive ovvero le interpretano a propria assoluta discrezione (o convenienza?), prediligendo una forte e autoritaria impronta amministrativa, socio-politica ed economica, piuttosto che non squisitamente sanitaria. A tale proposito, strati sempre più ampi e profondi dell’opinione pubblica internazionale si interrogano con esplicita angoscia, prendendo atto con doloroso stupore che la ‘narrazione pandemica’ conosce strane sintonie trasversali, dubbie tempistiche e sospette assonanze dialettico-comportamentali da parte di molti governi ovvero uomini di governo: testimonianza ormai palese di un particolare e significativo allineamento, di una concertazione, di una ‘rete’ che organizza, concorda, dispone, attua un unico canovaccio i cui possibili autori all’atto non è dato conoscere. Perché se è vero che in un’orchestra esistono degli strumentisti, pur coordinati da un soggetto che con grande abilità possa dirigerli, è altrettanto vero che ci sono altri soggetti che scrivono la musica e financo le parole.
Di fronte a una mole impressionante di notizie e di dati, i più sono smarriti, abbattuti dalla paura e dal timore per la vita propria e dei loro cari; ma ormai tale sensazione è mutata e si è principalmente alle prese con mille dubbi riguardo ai quali si cercano risposte certe. Con sempre maggiore energia, si tende a ottenere risposte – balbettanti o omissive da parte degli enti preposti, estremamente vaghe e fumose da parte di una comunicazione complessivamente generalizzata, parziale e annacquata – che ormai vengono ricercate dai Cittadini in un fai-da-te fatto di passaparola, verifiche sul web, scambio di articoli e interventi riportati sempre in rete: quella rete che, peraltro, ha subito forti limitazioni e censure in nome di scelte ‘politicamente corrette’ che si sono trasformate, volenti o nolenti, in scelte certamente di parte nei confronti della libertà di informazione e di quella di espressione. I Cittadini, frastornati, si sono trovati a contatto con terminologie, sovente di natura scientifica, clinica e sanitaria, e fraseggi utilizzati pubblicamente per rinfocolare un estremo allarme sociale, condito da incessanti richiami e moniti.
Certamente, e la cosa è sotto gli occhi di tutti, pare esserci una strana, ‘inspiegabile’, concertazione: il tizio indossa una mascherina a Berlino, caio e sempronio riprendono e copiano il gesto il giorno successivo Roma o Madrid; una tesi o una controtesi definita a Parigi trova subitanea eco ad Amsterdam o New York…
Lo stesso dicasi per allarmi o improvvise recrudescenze, e persino per l’utilizzo di precisi termini: ad esempio ‘contagio’ o ‘focolaio’ – ma non solo! – cui vengono dati significati e accenti sconvolgenti!
Al riguardo, vocabolario alla mano, vediamone più da vicino i significati reali, non facendoci ‘distrarre’ da chi – proprio attraverso l’uso di talune parole, di taluni concetti – vuol portare l’attenzione in direzioni fors’anche diverse:
EMERGENZA: (coniugabile con ‘emergente’, che emerge, che succede, che si palesa, che deriva o scaturisce) che nasce inaspettatamente, si riferisce a caso o accidente improvviso e imprevisto quanto sostanzialmente imprevedibile. Naturalmente, la ‘vera’ emergenza ha carattere temporaneo, diversamente si tradurrebbe in secca limitazione o violazione della sfera inalienabile di diritti e libertà individuali e/o collettivi. Una vera emergenza è destinata a essere limitata nel tempo; una emergenza che si estende nel tempo, che si dilati nei contenuti, non è ‘più emergenza’.
PREVEDERE: anti vedere (ossia, ‘vedere’ un fatto prima, ‘pre’, che accada); prevenire, prevenire fatti o circostanze.
PREVENIRE: premunirsi attivamente contro danni, disgrazie o altro.
PREMUNIRE/PREMUNIRSI: provvedersi prima adottando idonee tutele.
MALATTIA: qualunque alterazione dello stato di salute, suscettibile di cure.
MALATO: chi o che ha una malattia; chi ne sia affetto o chi si sente male avendone chiari e inequivoci sintomi.
INFEZIONE: condizione patologica e quindi malattia prodotta da sostanze microbiche, virali, batteriche o fungine, esterne.
INFETTO: chi, affetto da infezione e quindi malato, spande esalazioni perniciose ovvero che trasmette in modo attivo contagio, così comunicando una malattia.
INFETTATO: che patisce un’infezione, essendo venuto a contatto con un agente infettivo ovvero con un portatore di infezione, così ammalandosi a sua volta.
FOCOLAIO: centro attivo di infezione, nel cui contesto detta infezione sia conclamata e patologicamente attiva.
CONTAGIO: trasmissione di una malattia per mezzo del contatto ovvero di una eccessiva prossimità a una fonte già portatrice di una qualche affezione; anche attraverso materiale biologico impercettibile (es.: alito, saliva), utile a veicolare patologicamente la malattia.
CASO: in ambito sanitario, malattia particolarmente contagiosa e/o patologicamente seria o intensa, o difficile da curare.
AGENTE PATOGENO: i microrganismi patogeni, anche noti come ‘agenti patogeni’ (infettivi), sono elementi biologici responsabili della contaminazione e quindi manifestazione di uno stato di malattia nell’organismo ospite.
PORTATORE SANO: chi sia stato contagiato/ inquinato/ contaminato da un ‘agente patogeno/contaminante’ e ospita il patogeno senza però presentare alcuna patologia: di norma, si tratta di soggetti particolarmente ‘forti’ e ‘resistenti’ sotto il profilo immunologico (di solito, grazie a una condizione di immunità naturale oppure acquisita in precedenza), nei quali i microrganismi vivono come saprofiti (qualunque organismo che cresca in modo parassitario a spese di un’altra sostanza organica anche in via di decomposizione), ma che possono inconsapevolmente infettare persone vicine, specie se queste ultime sono meno resistenti per una propria condizione/malattia che ne diminuisca la resistenza immunitaria. Un ‘portatore sano’ NON ha la malattia, ma può trasmetterla – specie inconsapevolmente – ad altri individui (se la malattia è infettiva) o ai propri figli (se la malattia è genetica).
ASINTOMATICO: è un individuo anche inconsapevolmente contagiato da un patogeno (malattia o infezione che sia). Durante l’incubazione non presenta sintomi solitamente associati a tale condizione: pertanto NON è un ‘portatore sano’, bensì è un malato ‘asintomatico’ (letteralmente: che non ha sintomi).
LOCKDOWN: misura di confinamento o di blocco (tale da non consentire ai soggetti colpiti movimenti/contatti fisici dall’esterno e verso l’esterno). Neologismo USA del 1983 ca., che indica il confinamento – e quindi la restrizione della libertà personale – di prigionieri/detenuti nelle loro celle; termine /condizione utilizzata nei luoghi di detenzione per riprendere il controllo durante una rivolta. Estensivamente, nel corso della ‘pandemia’ il termine sta ad indicare isolamento o restrizioni alla libertà di movimento istituito come misura di sicurezza, tanto repressiva che preventiva.
Va debitamente evidenziato che nel corpo umano – intestino, pelle, vie respiratorie e urinarie, vivono stabilmente e senza creare danni ca. 50 mila miliardi di batteri, virus, funghi e lieviti: solo i virus sono alcune migliaia di miliardi. Autorevolissime stime indicano che sulla Terra ci siano 10 nonilioni (10 elevato alla 31a potenza: un numero enorme!) di singoli virus (naturali…!), ciascuno con particolarità biologiche proprie, con i quali l’essere umano pur convive!
E’ evidente che non possiamo vivere disinformati e impauriti, con l’ansia di un possibile potenziale contagio, come pure non possiamo certo viver in un ambiente reso ‘sterile’ da continue disinfezioni o da filtri di ogni tipo: proprio la scienza ci dice che il nostro sistema immunitario ha di per sé le giuste difese, frutto di migliaia e migliaia di anni di evoluzione, che proprio eccessi di ‘pulizia’ e ‘sterilità’, metterebbero a rischio, diminuendo proprio ciò che sembrerebbe volersi invece accrescere, ossia le difese immunitarie, le ‘risposte’ contro l’attacco di agenti patogeni batterici o virali. Gli interrogativi non mancano, ed è vivo auspicio che qualcuno possa assisterci autorevolmente, gratificandoci con delle rispose plausibili, logiche, scientificamente assistite dalla letteratura medica: dalla Scienza piuttosto che non dalla $cienzah! In stretta relazione a quanto sopra, perché a livello centrale è stato sostenuto che non esistevano preoccupazioni e che tutto era predisposto per prevenire e affrontare ogni situazione, mentre invece nulla era stato fatto a livello di prevenzione, tant’è che le innumerevoli (quanto incerte) vittime, specie tra il personale sanitario, infermieristico e ausiliario (letteralmente, mandato allo sbaraglio) hanno ricevuto terapie inadeguate se non mortali,
Diffondendo e sostenendo l’esistenza di focolai si vuol dire che esistono sacche attive con malati sintomatici, ricoverati, assistiti e curati? Dando notizia che ci troviamo di fronte a ‘ondate’ riferite ad alta diffusione di contagi, fors’anche in stretta relazione ai citati ‘focolai’, significa che ci troviamo di fronte a nuovi soggetti cui è stata trasmessa (contagio) la malattia, il virus, e quindi anch’essi ricoverati, curati, assistiti?
Ma le parole hanno anche significati più pregnanti se riferite allo specifico ambito medico. È questo il caso di… caso: un altro termine adoperato con una leggerezza ed una superficialità sconcertante: chi lo adopera vuol forse trasmettere ai cittadini – così contribuendo a mantenere ovvero determinare uno stato di allarme, timore e paura? – il concetto che si sono scoperti (ovvero si sono manifestati: ovviamente, con sintomatologia specifica) nuovi soggetti affetti dal virus, malati in modo palese e conclamato, particolarmente contagioso ovvero difficile da curare? Ma è davvero così? Perché diversamente, i malati sarebbero ammucchiati gli uni sugli altri, a strati: negli ospedali, sui prati, negli stadi… e non basterebbero tutti i medici e gli infermieri del Mondo neanche per dar loro un’aspirina!
Ma allora, di chi e cosa stiamo parlando?
A prescindere dai pochi casi reali (malati con sintomi palesi, certi e inequivocabili), si fa riferimento ai soggetti ‘positivi’ al tampone (screening adoperato massicciamente, al pari dell’esame sierologico, ma dalle diverse finalità cliniche, data l’originario scopo per entrambi di raccolta dati a fini epidemiologici), ma non certo malati (chiamateli, se volete, ‘portatori sani’ o soggetti che si sono ‘incontrati’ con il virus, producendo idonea immunità: quindi, si tratta di soggetti non contagiosi).
Ecco allora che anche l’usato e abusatissimo (per l’improprietà dell’utilizzo) termine contagio, merita chiarezza dovendosi distinguere tra persona contagiata e persona che – semplicemente – ha solo ‘incontrato’ il virus.
Il contagiato è persona che presenta i sintomi della malattia: è quindi malato, ed é oggetto di adeguate terapie in ambiente ospedaliero. Gli altri sono sani come pure ‘protetti’.
Mi spiego ancor meglio: ogni giorno, ciascun essere umano entra in contatto con decine e decine di virus tra di loro diversi e quasi sempre innocui o nei confronti dei quali si siano già sviluppate autonomamente difese immunologiche, degli anticorpi; quindi, non per questo siamo contagiati. E le stime ci suggeriscono che una gran parte della popolazione dei singoli Paesi interessati ha ‘incontrato’ questo nuovo (?) virus’: sviluppando degli anticorpi.
Per questo, secondo il ‘ragionamento’ dei soloni delle costosissime task-forces e quant’altro, si devono subire quarantene o altre misure restrittive, anche a carattere prudenziale? Non credo abbia molto senso, specie sotto il profilo della correttezza clinica. E sentir correre frasi quali il virus continua a circolare’ o il virus non è ancora stato sconfitto, eliminato, debellato rappresenta un’offesa all’intelligenza delle persone, alla Scienza medica, agli stessi morti per (causa solo apparente) un virus che è già mutato innumerevoli volte: a meno che non sia stato già scoperto un rimedio contro il banalissimo, semplicissimo, virus del raffreddore oppure dell’influenza oppure dell’HIV: virus conosciuti, ricorrenti, curati sì ma di certo né sconfitti né eliminati.
L’establishment ufficiale e quelli genericamente filogovernativi etichettano tutto ciò che esprime critica con il termine di fake-news (notizie spazzatura) giungendo persino a definire negazionisti e persino no-vax quegli studiosi e quegli scienziati che osano confutare parole e azioni ritenute persino dannose per le persone.
Assurdità concettuali ancorché lessicali, anche in questo caso, attraverso l’utilizzo di un termine dalle caratteristiche ben definite, con il fine di creare un vero e proprio sfregio verso chi ha semplicemente dato luogo al proprio diritto di espressione e di critica sostenendolo con concreti dati scientifici, sociali e sanitari. In realtà, chi confuta la ‘narrazione’ ufficiale, chi sottolinea i pericoli e i rischi di una inoculazione del siero sperimentale genico, è in realtà un free-vax: ossia, un soggetto che vuole conoscere rischi, caratteristiche e qualità di ciò che dovrebbe farsi inoculare o ingerire, decidendo in piena libertà e autonomia se farlo o meno. Ma tant’è, poiché simile comportamento – peraltro, tipico di ideologie e di regimi assolutistici e dittatoriali che, a corto di motivazioni, amano criminalizzare chi a loro si opponga o chi semplicemente critichi il loro agire – è quello che oggi in molte nazioni si deve affrontare.
Per concludere, degli altri elementi: è un fatto che la Svezia, per scrollarsi di dosso tutte quelle ‘indicazioni’ altrove correnti, ha deciso semplicemente di non effettuare più tamponi, anche perché ne hanno accertato – oltre ogni ragionevole dubbio – la completa inaffidabilità; è un fatto, scientificamente certo, che – nel corso di una (vera o presunta) ‘epidemia’ – non si somministrano ‘vaccini’ (o pseudo tali…), per evitare replicazioni modificate e di più difficile controllo del patogeno; è un fatto che proprio nelle nazioni ove più massiccia è stata l’inoculazione, chi si è ‘vaccinato’ ha sviluppato il contagio divenendo a sua volta contagioso di un patogeno mutato; è un fatto che gli scienziati sostengono l’inutilità, e anzi la controindicazione, di inoculare soggetti che già abbiano già una propria risposta immunitaria al virus; è un fatto che esistono molti farmaci, e relative metodiche farmacologiche e cliniche acquisite, in grado di prevenire, contrastare e guarire da questo virus, ma non si riesce a comprendere né vengono offerti chiarimenti sul perché l’unica opzione proposta, sostenuta, incoraggiata e persino resa obbligatoria è solo ed esclusivamente quella dell’inoculazione del ‘siero genico sperimentale…
Naturalmente, si sarebbero potuti e forse dovuti affrontare anche altri aspetti, ma non è questa la sede: qui si vuole invece richiamare l’attenzione del Lettore sull’utilizzo di parole e concetti ad esse correlati, solo tratteggiando il quadro d’insieme: pur cospicuo e dai connotati complessivamente tragici.