Migliaia di persone hanno partecipato sabato all’evento del Pride Budapest in Ungheria, marciando lungo il centro della città e attraversando il Danubio su una delle strutture iconiche che collegano le due metà di Budapest.

La rabbia crescente per le politiche del governo conservatore di destra, ha riempito le strade della capitale ungherese per protestare contro una controversa legge “anti-pedofilia” approvata dal parlamento il 15 giugno scorso, la quale limita l’insegnamento dell’omosessualità e delle questioni transgender nelle scuole. Viktor Orbán, primo ministro nazionalista ungherese al potere dal 2010, ha introdotto politiche sociali che mirano a salvaguardare, secondo il suo parere, i valori cristiani tradizionali dal liberalismo occidentale.

Una questione che ha alimentato tensioni con l’Unione europea. La nuova legge ha incontrato una forte opposizione da parte di molti leader europei, tanto è vero che la scorsa settimana la Commissione europea ha avviato due procedimenti legali separati contro il governo ungherese per il fatto che la legislazione è discriminatoria e disattende i valori europei di tolleranza e libertà individuale.

I critici ungheresi, accusano Orbán di confondere la pedofilia con l’omosessualità, sebbene lui ritragga la legge entrata in vigore questo mese, come protezione dei bambini e non come discriminazione verso  gli omossessuali. In realtà vieta tutte le rappresentazioni e le discussioni sulle persone e sui temi LGBTQ per i giovani.

Molti sostengono che il governo di Orbán, invece di difendere le minoranze, usa le leggi per rendere emarginati i membri della comunità LGBTQ in Ungheria. Gli analisti vedono questo come un diversivo per dividere il Paese, ora membro dell’Unione europea. Orbán, ha avuto successo alle ultime elezioni grazie al proclama “procreazione e non immigrazione per non rischiare l’estinzione”. Ma visto che la complessa questione dell’immigrazione è stata cancellata dalla sua agenda, Orbán sposta l’attenzione sulla sessualità come stratagemma elettorale per mobilitare gli elettori conservatori in vista delle elezioni della prossima primavera.

Un oltraggio, secondo alcuni intervistati, quando “cose del genere non dovrebbero accadere nel 21° secolo” e soprattutto perché l’Ungheria “non vive più in epoca comunista quando faceva parte del blocco sovietico, tutti dovrebbero poter vivere liberamente”.

Un gruppo di circa 200 contro-manifestanti, separati dalla polizia lungo il percorso, tenevano in mano striscioni con la scritta: “Stop alla pedofilia LGBTQ”. Allo stesso tempo, urlavano insulti omofobi. Uno di loro, attraverso un megafono, gridava che la legge anti-pedofilia “ha dato ai patrioti come noi un’arma per proteggere i nostri figli da deviati come loro”.

Spaventoso per gli attivisti LGBTQ che avvertono una crescente paura nella loro comunità. Incoraggiate dalla politica, avranno inizio tensioni artificiali nella società con le persone che si rivolteranno l’una contro l’altra.

Un recente sondaggio condotto dalla società multinazionale di ricerche Ipsos, ha rilevato che il 46% degli ungheresi è favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Più di 40 ambasciate con sede nella capitale ungherese, comprese quella statunitense, britannica e tedesca, e varie istituzioni culturali straniere, hanno partecipato alla marcia dopo aver rilasciato una dichiarazione congiunta a sostegno del Budapest Pride: “Incoraggiamo iniziative in ogni paese per garantire l’uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal loro orientamento sessuale o identità di genere”, hanno sottoscritto i firmatari.

Orbán ha indetto un referendum, anche se nessuna data è stata fissata, per alzare la posta chiedendo ai cittadini se siano d’accordo sul fatto che le scuole dovrebbero autorizzare a parlare di sessualità ai propri figli senza il loro consenso. Alcuni insegnanti sono d’accordo con la legge, molti altri insegnanti sono arrabbiati. Ma la maggior parte di loro tace, ed è qui che entra in gioco l’autocensura.