Catherine Belton, ex corrispondente a Mosca per il Financial Times e ora giornalista per Reuters, sta avendo problemi legali a causa del suo libro, “Gli uomini di Putin”. Il libro è un’accurata ricostruzione dell’ascesa al potere del presidente russo, racconta gli intrighi e i retroscena del “regime” e coinvolge non pochi oligarchi russi, tra cui il magnate Roman Abramovich. Ed è proprio quest’ultimo, assieme al banchiere Mikhail Fridman, il socio Piotr Aven e l’imprenditore Shalva Chigirinsk, che ha citato in giudizio per diffamazione la Belton in diversi tribunali di Londra.

Sembrerebbe che l’accusa che più ha influito sulla decisione è stata quella riguardante Abramovich che secondo la giornalista avrebbe acquistato il Chelsea proprio per ordine del presidente russo. L’oligarca ha fermamente negato le accuse e inoltre tutti hanno negato che la loro denuncia sia stata coordinata dal Cremlino, anche se le tempistiche fanno pensare diversamente.

La scelta della Gran Bretagna non è casuale. Il Regno Unito infatti applica leggi molti stringenti per quanto riguarda le accuse di diffamazione. Inoltre, gli uomini citati prima sono tra i più ricchi e i più potenti della Russia e a Londra possono fare affidamento su intere squadre di avvocati ed esperti di pubbliche relazioni che curano la loro immagine e li difendono in tribunale.

Non è sorprendente nemmeno che il bersaglio della denuncia sia proprio Catherine Belton. La donna, infatti, ha vissuto a lungo a Mosca ed è una delle maggiori esperte viventi di “putinismo”. Ha studiato a lungo la sua ascesa al Cremlino, fin dai primi anni nel KGB, e ha descritto nel suo libro come i servizi segreti sovietici abbiano fatto leva sull’enorme potere che detenevano per impossessarsi delle immense ricchezze della Russia, dando origine a una vera e propria “cleptocrazia”. La mossa legale contro la Belton mette senz’altro un ulteriore mattone sul muro già piuttosto spesso che si sta creando tra la Russia di Putin e il mondo Occidentale.