C’è un vaccino, ed è italiano, si chiama ReiThera. Funziona? I risultati della fase due sono molto promettenti. Lo Stato però non da i 60 milioni promessi per completare la tappa finale.

Il vaccino italiano ha intanto trovato la disponibilità di alcuni paesi latino americani ad ospitare i test. Nel frattempo, il disegno della fase tre è stato approvato dall’Ema e abbiamo 200mila dosi pronte nei freezer, dice Stefano Colloca, che ha preso iniziative con il ministero degli Esteri messicano per portare lì la fase finale delle sperimentazioni, se si troveranno i fondi.

ReiThera è una biotech di Castel Romano, in Lazio, fondata, tra gli altri, da Stefano Colloca, responsabile dello sviluppo tecnologico.

Sono stati fino ad ora oltre 900 i volontari arruolati, il 93% ha sviluppato anticorpi contro il coronavirus alla prima dose. Il 99% dopo la seconda. E soprattutto, nessun effetto collaterale importante.

Il vaccino, spiega il fondatore, funziona. Però, per la fase finale (la fase tre) la biotech dovrà arruolare fra i 5 e i 10mila volontari ed il costo della sperimentazione si aggira attorno ai 60 milioni: semplicemente, conclude, non li abbiamo.

Lo Stato non li dà. Tra i volontari, Martina Ferrigno 27 anni, vaccinata con ReiThera, si vede negato il Green Pass. Dovrà effettuare i tamponi, pur essendo stata vaccinata. “Ufficialmente non risultiamo vaccinati.” Dice un altro vaccinato. “e non possiamo nemmeno vaccinarci di nuovo, “perché, con un alto livello di anticorpi (dovuti appunto al vaccino ReiThera) potremmo mettere a rischio la nostra salute”.

I medici che dirigono i 24 centri per la sperimentazione di ReiThera in Italia hanno scritto una lettera al Ministro della Salute Roberto Speranza, in cui chiedono “l’inserimento nell’anagrafe vaccinale nazionale di tutti i soggetti a cui è stato somministrato il vaccino Grad-Cov2 contro il Covid”.

Nessuna risposta.

Fra i volontari immunizzati con ReiThera c’è Riccardo Illy, imprenditore della nota casa di caffè. “Vaccinato con ReiThera, non mi danno il Green Pass. Così non posso lavorare” lamenta. Lui e la moglie hanno partecipato al test del vaccino italiano: “Abbiamo anticorpi, ma per noi niente certificazione verde” denuncia al Corriere della Sera. L’imprenditore dell’omonima famiglia triestina (ILLY) del caffè, ex sindaco di Trieste e governatore della Regione Friuli-Venezia Giulia, presidente del Polo del Gusto, non può ottenere la certificazione verde nonostante sia stato a tutti gli effetti vaccinato. Sì, ma con un vaccino italiano.

“La cosa strana è che al contempo mi è arrivata la lettera dalla Regione che m’invitava a vaccinarmi” […] racconta, spiegando come sia pericoloso, per una persona completamente immunizzata con le due dosi di vaccino, subirne un’altra, magari di un altro vaccino.

L’azienda italiana ReiThera, spiega l’imprenditore, ha sviluppato un vaccino che funziona e con poche controindicazioni ma non riesce a ottenere finanziamenti pubblici. Sottolineo che il vaccino costerà molto meno di Pfizer e Moderna, di cui è stato appena annunciato un aumento di prezzo. E penso che ora ciascun Paese potrebbe acquistarlo senza la mediazione dell’Ue”.

Il paradosso che Illy denuncia è palese: “A chi ha avuto il Covid o è stato inoculato un vaccino ‘ufficiale’ viene dato il “green pass”, mentre a noi, che comunque abbiamo gli anticorpi, no”.

Illy poi dice di aver scelto ReiThera perché “volevamo fare qualcosa di buono, contribuire allo sviluppo economico del Paese, perché crediamo nel Made in Italy. Inoltre in questo modo ottenere un vaccino italiano sarebbe stato più facile e meno costoso”.

Tra gli altri immunizzati con ReiThera, lo scrittore Gianrico Carofiglio, che ora denuncia l’ingiustizia di non vedersi riconosciuto come vaccinato, c’è anche il deputato della Lega Paolo Tiramani, che si dice speranzoso nel rilascio della certificazione verde anche per il vaccino italiano. ReiThera risulta ad oggi efficace al 99% nel produrre anticorpi, eppure la fase tre senza fondi – che lo Stato non concede – non può partire.

Paolo Maggi, direttore dell’unità di malattie infettive all’ospedale universitario di Caserta, coordinatore di uno dei 24 centri di sperimentazione si dice amareggiato: “non dovrebbero esserci rischi per la salute, ma stiamo parlando di persone sottoposte a due cicli completi di vaccinazione nel giro di tre mesi. Ci poniamo giustamente tanti dubbi sulla sicurezza della vaccinazione eterologa, e poi permettiamo che avvenga questo?” si chiede. “Pochi si interessano del destino del vaccino italiano, ancora meno dei volontari che si sono sottoposti a questa sperimentazione” .