Dopo la ritirata delle truppe USA, l’avanzata dei talebani in Afghanistan sembra inarrestabile. Venerdì il capo dell’agenzia di comunicazione del governo afghano ed ex portavoce del presidente Ashraf Ghani, Dawa Khan Menapal, è stato assassinato per le strade di Kabul. Martedì un’autobomba è stata fatta esplodere nei pressi della casa del ministro della Difesa, provocando la morte di almeno 8 persone ed il ferimento di almeno 20 (ma non del ministro).

Gli estremisti islamici hanno occupato Zaranj, come riferisce il vice governatore della provincia sudoccidentale, ed è stato assassinato il capo del servizio di comunicazione del governo. L’assassinio di Dawa Khan Menapal preoccupa il governo afghano (che ormai soccombe sotto i colpi dell’islam integralista) come riferito dal portavoce del ministero, Mirwais Stanikzai.

I servizi radiofonici sono stati interrotti e al posto di musiche e trasmissioni vengono ora trasmesse soltanto preghiere islamiche e sermoni religiosi.

Zaranj sarebbe il primo capoluogo provinciale (della provincia di Nimroz) a cadere nelle mani dei talebani, dopo il ritiro della Nato dal Paese, anche se i combattimenti sarebbero tuttora in corso.

Deborah Lyons in una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si dice allarmata, mentre la Nato condanna l’uccisione del capo laico, dichiarando: “i talebani devono smettere di uccidere coloro che sostengono la libertà di parola e i diritti umani in Afghanistan e scelgono la pace”.

Mere parole, di fronte ad un islam che, inesorabile, avanza.