Biden e il Pentagono sono ai ferri corti. Il motivo è certamente la crisi dell’Afghanistan, ma soprattutto le differenti opinioni tra Biden e l’intelligence militare, riguardo proprio la crisi. Secondo la strampalata opinione del Premier USA, il ritiro da Kabul sarebbe giustificabile. Joe Biden ha infatti dichiarato: “Che interesse abbiamo ora in Afghanistan, considerato che al-Qaeda non c’è più? Siamo andati in Afghanistan con l’obiettivo preciso di liberare il Paese da al-Qaeda e catturare Osama bin Laden. L’abbiamo fatto”.

Le reazioni non si sono fatte attendere. John Kirby capo ufficio stampa del Pentagono ha risposto: “Sappiamo che al-Qaeda è una presenza in Afghanistan, come pure l’Isis, e ne parliamo da diverso tempo”. Il fastidio da parte delle forze militari nei confronti dell’amministrazione è ormai palese.

L’intelligence, i militari Usa e l’Onu non condividono su quanto ha grossolanamente affermato Biden riguardo al-Qaeda e Kabul.  

Secondo le Nazioni Unite al-Qaeda sarebbe infatti presente in almeno 15 province, soprattutto nell’est, nel sud e nel sud-est dell’Afghanistan.  Al-Qaeda è chiaramente protetto dai Talebani come emerso anche da un rapporto di Scott Berrier, generale a capo della Defense Intelligence Agency.

Afghanistan, talebani, terrorismo. Questa è la truce verità, che Biden lo voglia o no, che smentisca o meno. A giugno scorso Lloyd Austin, segretario alla difesa di Biden, sosteneva che in meno di due anni al-Qaeda e l’Isis si sarebbero rigenerati in Afghanistan e avrebbero di nuovo opposto una minaccia reale agli Stati Uniti.

In realtà, Biden era stato aspramente criticato da rappresentanti del suo partito per aver scelto un generale in pensione, Lloyd J. Austin appunto, come segretario alla Difesa. Normalmente, infatti, il ruolo di capo delle forze militari era sempre andato negli Stati Uniti a un civile, per garantire l’equilibrio dei poteri e il controllo della politica sull’esercito.

Questa linea, chiamata “politicizzazione dell’esercito” (perseguita, in realtà, anche da Trump), avrebbe reso irrimediabilmente profonda la frattura tra l’esercito e il governo.

il generale Mark Milley, capo delle forze armate americane, ha sempre sostenuto la reale portata dei rischi di un governo in mano ai Talebani.

Allora perché Biden ha comunque optato per il ritiro delle truppe dal Paese, per il campo libero lasciato ai terroristi e addirittura parli di “missione compiuta in Afghanistan”?

I ferri corti tra autorità civili e militari Usa si palesano anche nella gestione, da parte del Dipartimento di Stato dei visti per i civili “collaborazionisti” della democrazia, ora perseguitati dai Talebani: secondo il Dipartimento, l’avviso ai civili sarebbe stato dato molto tempo addietro, secondo i militari, invece, l’accelerazione avrebbe solo complicato le cose.  Per questo, i militari americani avevano chiesto a Biden di ponderare sul possibile prolungamento del ritiro oltre il 31 agosto, sostenendo che l’esercito necessita di “più giorni” per portare fuori dal Paese i civili che necessitano assistenza, prima di iniziare il ritiro dei 5.800 soldati ancora nel Paese. Biden dice no. Un prolungamento comporterebbe gravi rischi per la sicurezza e possibili atti ostili da parte dei Talebani.