di Paolo Camillo Minotti

Recentemente, parlando di morti improvvise e imprevisti colpi di scena, abbiamo scritto dello Zar Pietro III che nel 1762, dopo aver fatto un rovesciamento di alleanze ed aver interrotto una guerra in corso contro la Prussia di Federico II, fu assassinato da una congiura di palazzo di cui era complice pure sua moglie, Caterina II, la quale poi regnò per ben 34 anni. C’è un particolare tra l’altro che va ricordato: sia Pietro III che Caterina II erano in sostanza tedeschi, quindi stranieri in Russia (Pietro III era sì abiatico di Pietro il Grande per via materna, e diede avvio alla linea dinastica cosiddetta Romanov-Holstein-Gottorp dopo che la linea dinastica principale si era estinta, ma era cresciuto da tedesco e disprezzava i russi); Caterina II però, contrariamente a suo marito, seppe ambientarsi nella Corte di San Pietroburgo e fu molto abile nel farsi accettare dai nobili e dalla società russa del tempo perseguendo una politica di potenza espansionista che corrispondeva al sogno della classe dirigente russa.

Ma vorremmo ricordare due altri episodi violenti, che mostrano con quale brutalità veniva gestito il Potere nella società russa del Settecento, senza risparmiare nemmeno i membri della famiglia regnante (in un’epoca in cui in Europa occidentale e centrale le classi dirigenti si erano invece già assai incivilite, dopo le innumerevoli guerre – di religione e no – del Cinque e Seicento). Il primo episodio riguarda l’uccisione del figlio di Pietro il Grande, negli anni ’20 del Settecento; il secondo episodio concerne invece il figlio di Pietro III e Caterina II, che succedette sul trono alla madre nel 1796, ma che fu assassinato nel 1801. In entrambi i casi si trattò di un brutale e premeditato ammazzamento: nel primo caso di un possibile pretendente al trono, nel secondo caso di un imperatore in carica.

Alexey Petrovic, un decapitato a cui fu “ricucita” la testa

Pietro il Grande (Nattier) – Coll. Arkhangelskoye Palace

La fine violenta del figlio di Pietro il Grande viene rammentata in un bel libro scritto dalla quinta figlia dell’attentatore del 20 luglio 1944, nata 6 mesi dopo la morte di suo padre, e dedicato asua madre (Konstanze von Schulthess, Nina Schenk Gräfin von Stauffenberg: ein Porträt, Piper Verlag, edizione attualizzata 2019). Il libro è un amorevole ricordo di una madre molto forte, che dovette per così dire fare sia da padre che da madre ai suoi bambini (nel luglio 1944 il più grande aveva 10 anni mentre la più piccola, Konstanze appunto, era ancora nel suo grembo); con sullo sfondo la storia famigliare dei suoi genitori e della famiglia della madre, ricavata da innumerevoli dialoghi tra madre e figlia e parzialmente da un manoscritto lasciato da Nina von Stauffenberg in cui ripercorre la vita dei suoi avi (Nina era una von Lerchenfeld; il padre era bavarese e la madre era una von Stackelberg, una famiglia tedesca dei Paesi baltici, con antenati che avevano bazzicato sin da inizio Settecento la corte di San Pietroburgo). Riguardo a quest’ultimo aspetto viene ricordato un aneddoto un po’ macabro, tramandato nella famiglia della madre di Nina, e che ben illustra la rudezza degli intrighi di corte nella Russia di quei tempi: una lontana parente dei von Stackelberg, Anna Ivanovna Cramer, che era dama di compagnia della zarina Caterina I di Russia – seconda moglie di Pietro il Grande – ricevette in dono da quest’ultima una catena di perle come ringraziamento per aver ricucito la testa del principe Alexey Petrovic (il figlio di prime nozze di Pietro il Grande), precedentemente decapitato. Il movente di un simile incarico della zarina sarebbe stata la volontà di non scioccare la corte e il popolo di San Pietroburgo mostrando una morte così violenta e brutale. Anna Ivanovna eseguì con accuratezza l’operazione di ricucitura, indi la salma fu rivestita e il pubblico di corte infatti non si avvide di nulla. (Nota: questa versione non è menzionata nella “storia ufficiale”; è però accertato storicamente che il principe morì in carcere – era stato arrestato perché tramava contro il padre – probabilmente a seguito di torture o ucciso deliberatamente dai carcerieri e/o da sicari mandatati dallo Zar). La catena di perle in questione passò di generazione in generazione (da madre a figlia, o da zia a nipote) fino ad arrivare alla madre di Nina von Stauffenberg indi a Nina stessa. Ed è tuttora in possesso del figlio maggiore di Stauffenberg.

La morte violenta di Paolo I

L’imperatore Paolo I, figlio di Pietro III e Caterina II, fu ucciso da una congiura di nobili come suo padre e sostanzialmente per motivi simili: in entrambi i casi gli ambienti di Corte e la nobiltà russa non condividevano la politica estera condotta dallo Zar. A Pietro III fu fatale la sua ammirazione per Federico II di Prussia, da cui fu indotto a interrompere la guerra contro la Prussia; tale politica non era condivisa dalla nobiltà russa, che vedeva la Prussia come un pericoloso contendente della Russia nel suo anelito ad estendersi anche verso Ovest, nei paesi baltici e a scapito del regno di Polonia. Paolo I invece fu assassinato il 23 marzo 1801 perché aveva firmato un trattato di alleanza con la Francia del Primo console Napoleone Bonaparte, operando in tal modo un clamoroso rovesciamento delle alleanze: sino a quel momento la Russia era infatti stata alleata dei nemici della Francia rivoluzionaria. I congiurati tentarono dapprima di indurre Paolo I ad abdicare, ma egli si rifiutò; indi fu assassinato.

Questo episodio, che viene poco ricordato dagli storici, è sì l’indice che la nobiltà russa era nella sua grande maggioranza ostile alle idee rivoluzionarie francesi e dunque pronta a tentare di estirparle con la forza; esso denota però una notevole indipendenza di giudizio dello Zar che, andando contro l’opinione maggioritaria nella Corte, osò proporre un compromesso pragmatico con la Francia di Napoleone. Se non fosse stato ucciso, probabilmente tale alleanza avrebbe portato – dopo la fondazione dell’impero francese nel 1805 – a un matrimonio di Napoleone con una principessa russa. Piani in tal senso Napoleone li fece più tardi pure con lo Zar Alessandro I, figlio e successore di Paolo, al momento in cui nel 1807 la Russia firmò la pace con la Francia. Ma Alessandro a differenza del padre non era affidabile: acconsentì a firmare la pace con Napoleone solo perché vi fu costretto dalle ripetute sconfitte sui campi di battaglia dell’Europa centro-orientale, e per il resto fu un temporeggiatore che rinviò i pressanti progetti di alleanza dinastica del Bonaparte e continuò a trescare segretamente con gli Inglesi. Forse non aveva altra scelta in quanto, nel caso avesse voluto sinceramente accordarsi con Napoleone, avrebbe arrischiato di fare la stessa fine di suo padre. Finché Napoleone alla fine si spazientì del doppiogioco dello Zar e il “compromesso dinastico” lo fece, anziché con la Russia, con l’Austria, sposando Maria Luisa d’Asburgo. E infine commise l’errore fatale della sua vita (la conquista della Russia).…che lo portò alla rovina.