di Vittorio Volpi

La Cina è un paese Stato-Partito (comunista) e può prendere decisioni che da noi sarebbero impossibile da applicare, anche se molti di noi lo vorrebbero. Ve le immaginate le manifestazioni no-vax a Pechino o a Shanghai, magari rumorose o violente come quelle che abbiamo visto nei giorni scorsi? Ovviamente impossibili. Basti ricordare i metodi duri a Wuhan e dintorni senza guardare in faccia nessuno, chiusi in casa, quarantene per tutti e poi vaccinazioni a tappeto.

immagine Pixabay (Rafael Javier)

Nei giorni scorsi Pechino ha adottato misure per i video games che da noi sarebbero controverse e farebbero infiammare le piazze.

Pechino ha deciso che sotto i 18 anni sarà proibito giocare ai video games durante la settimana. Unica eccezione durante il fine settimana per un massimo di 3h al giorno. Uno schiaffo in faccia per le gigantesche imprese dei giochi che subiranno un duro colpo economico che impatterà gravemente sui loro ricavi.

La decisione è stata presa dalla NPPA, il watchdog che supervisiona il settore dei giochi televisivi e non. Ulteriore concessione per il venerdì dalle 20.00 alle 21.00. La motivazione fornita dell’importante provvedimento è “per prevenire la dipendenza dai giochi online e per proteggere una crescita sana dei minori”. Intuibile la reazione negativa dei mercati azionari. Aziende come NTS e Tencent in discesa sui mercati domestici e su Hong Kong.

Nei mesi recenti le autorità hanno messo nel mirino, si pensava, solo aziende del settore tecnologico, in forte ascesa, ma nel radar è entrato anche il settore dell’educazione privata. Gli analisti ritengono che il danno sulle borse sarà limitato, diversa la reazione dai mercati, la mossa mette in discussione il capitalismo alla cinese. Ci si domanda che razza di mercato sia quello dove le autorità hanno carta bianca per intervenire a loro piacimento. Se a Pechino o Shanghai tutti capiscono, gli investitori istituzionali in Occidente criticano l’affidabilità del mercato azionario cinese e delle loro imprese.

Peraltro la NPPA in una conferenza stampa ha chiarito che la decisione è stata invocata dalle famiglie dei ragazzi. Molti genitori hanno detto che la dipendenza ai giochi online ha danneggiato seriamente gli studi e la salute sia fisica che mentale dei figli creando problemi sociali e sofferenze per le famiglie. Non solo queste spiegazioni caratterizzano la decisione statale. Tra le righe emerge dell’altro. Un giornale posseduto da Xinhua ha pubblicato una lunga analisi del fenomeno dove ha usato espressioni dure come “oppio spirituale” e “droghe elettroniche” per descrivere in modo chiaro gli effetti negativi sui bambini ed adolescenti.

Alcuni giornali sono stati un po’ più moderati, in fondo le regole dovrebbero essere diversificate. Diverso è quando si parla di un bambino di 7 anni o di un adolescente di 17… ma ora il dado è tratto e si dovrà obbedire.