di Jean Olaniszyn

Avvertenza. Questa storia affascinante è corroborata da numerose prove e testimonianze, ma non tutti gli storici concordano su di essa.

Il DIARIO di Eugenio Wolk (che non conosciamo), sottoposto a un’approfondita analisi, potrebbe rivelarsi decisivo (red).

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Eugenio Wolk, storico personaggio quasi sconosciuto nel Canton Ticino, è stato il comandante del Gruppo Gamma che fece, in base a certe supposizioni, saltare in aria a Sebastopoli la corazzata “Giulio Cesare”, ribattezzata dai russi “Novorossijsk”.

Evgenij Nikolaevič Volkov (1914-1995), naturalizzato italiano con il cognome Wolk (o Volk), ha vissuto gli ultimi anni della sua vita, dal 1961 al 1995, in Svizzera, a Magliaso nel Canton Ticino.

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Sebastopoli, 28 ottobre 1955: un gruppo di sommozzatori italiani protagonisti di un micidiale attacco su cui aleggia ancora oggi l’ombra del mistero.

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Nel 1992, lo storico russo Nikolaj Cherkashin ha ricostruito sulle pagine del settimanale moscovita “Sovershenno Secretno”, gli incredibili retroscena politici, umani, polizieschi ed economici che nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 1955 avrebbero spinto la “Marina italiana” a compiere una delle sue più grandiose operazioni di diversione del dopoguerra, distruggendo con una carica di mezza tonnellata di tritolo la Corazzata Giulio Cesare, passata nelle mani dei russi dopo la Seconda guerra mondiale e ribatezzata “Novorossijsk: la nave lunga quasi 180 metri e larga 28 non è più a propulsione a vapore ma a turbina e raggiunge i 27 nodi, con cannoni a puntamento elettrico (non più idraulico) e monta i radar modello Volley-M. Con circa 1000 uomini di equipaggio, diventa l’orgoglio della marina militare sovietica.

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Sugli autori dell’operazione, lo storico russo non ha dubbi: “fu il principe Junio Valerio Borghese con la sua squadra composta da quattro ufficiali che rispondono ai nomi di Gino Birindelli, Elios Toschi, Luigi Ferraro ed Eugenio Volk”.

Ma per poter iscrivere la vicenda nei libri di storia, Nikolaj Cherkashin chiese (senza successo) all’Italia di aprire gli archivi per confermare con i documenti quello che “tutti i marinai della Flotta di Sebastopoli sanno già”. 

Scrive Cherkashin: “Il principe Valerio Borghese, già comandante della famosa Xa MAS (la flottiglia che fece strage di navi nemiche durante la Seconda guerra mondiale), avrebbe raggiunto le acque territoriali sovietiche nel Mar Nero, con un gruppo di sottomarini ‘tascabili’. Da lì, quattro uomini rana partirono in direzione della baia di Sebastopoli a bordo di due ‘maiali’, i famosi mezzi d’ assalto usati dalla Marina italiana per l’attacco delle navi all’interno dei porti nemici. Una volta giunti nel porto, gli esperti sommozzatori italiani si sarebbero appostati sotto una delle tante navi all’ancora in attesa che la ex “Giulio Cesare” facesse ritorno alla base. A quel punto installarono una bomba ad orologeria sul fondo della nave e fuggirono al largo (secondo un’altra versione, addirittura verso terra, dove li attendeva un rifugio sicuro). Quando l’ordigno esplose, fece saltare una seconda bomba rimasta nascosta per nove anni – senza che gli esperti russi se ne accorgessero (**) – in una saldatura segreta nel ventre della corazzata, facendola colare a picco in pochi minuti e causando la morte di seicento persone.”

(**) Quando la “Giulio Cesare” fu consegnata alla flotta russa del Mar Nero come riparazione dei danni di guerra da parte italiana, il comando sovietico sospettò che la nave potesse essere minata. Le ricerche di un possibile ordigno durarono mesi e le testimonianze dei marinai raccolte dallo storico russo affermano che fu individuata una strana saldatura fatta da poco tempo nella stiva. Ma per deficienze tecnologiche e per la cronica disorganizzazione del sistema burocratico militare le indagini finirono nel nulla.

Nikolaj Cherkashin afferma che ci sono dati di fatto concreti per dimostrare che la “Giulio Cesare” è stata affondata dai “maiali” del Comandante Borghese e aggiunge che l’ Operazione fruttò all’Italia la vendita di ben 60 sottomarini tascabili in tutto il mondo.

Ma fu veramente il principe Junio Valerio Borghese con il suo gruppo di “uomini rana” a piazzare la bomba che fece saltare in aria nel porto di Sebastopoli la nave ammiraglia della flotta russa del Mar Nero?

Molte le teorie, molte le dichiarazioni pro e contro, molte le smentite.

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TOP SECRET – Nel mese di settembre 2021 è stata aperta una cassetta (rimasta chiusa per 66 anni per volontà del suo proprietario) ed è comparso un DIARIO  (avvolto nella bandiera della Marina militare italiana) che descrive dettagliatamente la storia dei preparativi e dell’azione di sabotaggio per l’affondamento a Sebastopoli della “Novorossijsk” (corazzata “Giulio Cesare”), raccontata da uno dei protagonisti della vicenda.

L’intrigo internazionale continua….

Jean Olaniszyn, Losone (Canton Ticino), settembre/ottobre 2021.

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L’argomento è stato trattato in molti articoli di giornali e riviste internazionali e la vicenda raccontata su diversi libri, si citano: 

  • Nikolaj Cherkashin, “Requiem per una corazzata” (Реквием полинкору), ed. Смена, 1988 e “Il mistero della morte della corazzata Novorossiysk”, ed. LitRes, 2021.
  •  Stephen McLaughlin, John Jordan, “The Loss of the Novorossiisk: Accident or Sabotage ”, Conways, London, 2007.
  • Alexandre S. Duplaix e Peter Huchthausen , “Guerre froide et espionnage naval, ed. Nouveau monde, 2011 e 2013.
  • Luca Ribustini, “Il mistero della corazzata russa. Fuoco, fango e sangue”, ed. Pellegrini, 2018.

(Al centro del lavoro di Ribustini c’è in particolare un’intervista del 2013 a Ugo D’Esposito, ex incursore del gruppo Gamma della Decima flottiglia Mas, esperto in codici cifrati, agente dei servizi segreti italiani e tedeschi, in ottimi rapporti con Junio Valerio Borghese e amico fraterno del comandante degli incursori del gruppo Gamma, Eugenio Wolk).

(Secondo quanto pubblicato, i servizi segreti italiani dell’epoca avrebbero agito per conto della NATO al fine di impedire che la corazzata appartenuta alla Regia Marina potesse essere equipaggiata dai russi di missili a testata nucleare ed i servizi avrebbero trovato gli esecutori tra i reduci della Decima Mas. Nell’articolo si  parla di un uomo, un certo Niccolò, superstite di quell’impresa, che avrebbe raccontato ad un ex-ufficiale sovietico, conosciuto casualmente, i particolari dell’attentato).

  • Peter Huchthausen (1939-2008), capitano della marina degli Stati Uniti d’America,  pubblicò un articolo sulla vicenda: “Espionage or Negligence? A Sinking Mystery, Naval History (US Naval Institute), Feb. 1996.

(A seguito della pubblicazione di questo articolo, il figlio del Tenente di Vascello della Marina Militare Italiana, comandante del Gruppo Gamma, Evgenij Nikolaevič Volkov (1914-1995), naturalizzato italiano con il cognome di Wolk, in data 4.6.1996 scrisse una lettera all’autore del testo dicendo che suo padre gli avrebbe confidato, dopo le supposizioni pubblicate sulla stampa italiana nel 1992, che si trattava della “più grossolana ed offensiva cretinata apparsa nella stampa italiana a proposito dell’affondamento dell’ex corazzata italiana Giulio Cesare”. Eugenio Wolk Jr. allegò alla missiva anche una copia delle righe originali di suo padre).

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Nota:

A Magliaso, sul Lago di Lugano, è in vendita per 13 milioni di franchi la lussuosa villa, progettata nel 1977 dal famoso architetto svizzero Schnebli per Eugenio Wolk, Tenente di Vascello della Marina Militare Italiana, comandante dell’unità speciale Gruppo Gamma durante la Seconda Guerra Mondiale.

Eugenio Wolk volle che la sua casa fosse progettata come una barca, nel nome della sua passione per l’acqua: la pianta lunga e stretta a simulare un’imbarcazione ormeggiata sulle rive del lago, spazi aperti alla fluidità degli ambienti e alla trasparenza della luce, giocata tra l’uso del vetrocemento e le ampie pareti invetriate, stilemi nautici precisi, come i tubolari delle ringhiere della scala simili a quelli delle navi e, ancora, terrazzi in legno che sembrano ponti di comando.

Nel 2010 la villa è stata completamente ridisegnata con finiture di design e materiali di prestigio.

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Evgenij Nikolaevič Volkov, nato a Černigov il 1. ottobre 1914, morto a Magliaso (Svizzera, Canton Ticino) il 17 giugno 1995, ufficiale della Marina militare Italiana, sommozzatore, comandante degli incursori subacquei del  famoso  “Gruppo Gamma”.

Figlio di Nikolaj Evgen’evič Volkov (Černigov, 13.3.1893 – Montevideo, 3.12.1959) e di Ekaterina Aleksandrovna Golicyna (Černigov, 3.3.1893- Buenos Aires, 10.9.1971), giunge in Italia nel 1919 con i genitori che si stabiliscono a Roma. Nel 1926 ottiene la cittadinanza italiana con il cognome di Wolk. Nel 1933 entra nella Marina Militare Italiana, dal 1936 è Tenente di Vascello, presta servizio su incrociatori e sommergibili, partecipa alla guerra civile spagnola. Dotato di non comuni qualità fisiche e organizzative, ed anche di un indiscusso ascendente sugli uomini, è destinato dal gennaio 1939 all’Accademia Navale di Livorno, per addestrare i futuri ufficiali; nel 1940 è inviato alla Decima MAS comandata da Junio Valerio Borghese, dove nel 1941 crea la specialità degli incursori subacquei, il Gruppo “Gamma”. Sotto la sua guida, questi incursori subacquei portano a termine con successo diverse operazioni di guerra contro le forze alleate anglo-americane. Finita la guerra, resta in clandestinità per qualche tempo, sfugge ai processi prendendo contatto con le forze alleate (Allies Navies Experimental Station) per le quali accetta insieme al gruppo “Gamma” di lavorare allo sminamento del porto di Venezia e di portare a termine complesse operazioni di recupero del materiale bellico. Nel 1947 si trasferisce con tutta la famiglia in Argentina, dove crea una scuola paramilitare di mezzi subacquei d’assalto che collabora con i servizi segreti americani e argentini. Molti anni dopo l’ufficiale sovietico Nikolaj Čerkašin documenterà molte delle sue azioni nel racconto “Requiem per una nave di linea” e lo accuserà di aver organizzato e partecipato all’attentato per l’affondamento nel porto di Sebastopoli  della corrazzata italiana “Giulio Cesare” (ribattezzata dai russi “Novorossijsk) che era stata ceduta all’Unione Sovietica dopo la guerra. Rientrato in Europa nel 1961, si stabilisce in Svizzera, a Magliaso (Canton Ticino) dove ha vissuto fino alla sua morte nel 1995.

Immagini:

  1. La corazzata italiana “Giulio Cesare”, 1938.
  2. La corazzata italiana ribattezzata “Novorossiysk“, con il vessillo russo, 1950.
  3. Eugenio Wolk (residente dal 1961 in Svizzera, a Magliaso, Canton Ticino).
  4. Bruna Pompei, “Eugenio Wolk ‘Lupo’, Comandante dei Gamma della Xa Mas”, Ed. Ritter, 2008.
  5. Il DIARIO “Sebastopoli 1955”, avvolto nella Bandiera militare italiana, scoperto nel 2021.