Una mostra come scrigno
di Cristina T. Chiochia 

Idee e visioni , in Italia in questi giorni di voto elettorale. Ma può il futuro delle città essere compreso e scomposto prima che diventi presente o, addirittura futuro? Molti conoscono la Fondazione Ragghianti di Lucca  grazie agli intenti di Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, che avevano lo scopo primario di «offrire alla città e al comprensorio della Toscana nord-occidentale, oltre che a qualunque interessato italiano o straniero, uno strumento di studio dell’arte, nella storia e nel presente» e per il libro di Carlo Ludovico Ragghianti “L’uomo cosciente. Arte e conoscenza nella paleostoria”, pubblicato nel 1981 dall’editore Calderini di Bologna.

Sant’Elia – Progetto di una nuova stazione di Milano – 1914

E che proprio in questi giorni, viene celebrato con un convegno internazionale: “L’uomo cosciente e l’arte delle origini: con e dopo Carlo Ludovico Ragghianti”. A colui che parlò del concetto di “patrimonio culturale”, viene quindi dedicato in questo caso l’attuale convegno, a cura di Tommaso Casini, Annamaria Ducci e Fabio Martini, con la collaborazione di Valentina Bartalesi in programma dal 30 settembre al 2 ottobre 2021 nelle sedi di Firenze (Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria, 30 settembre) e di Lucca (Fondazione Ragghianti, 1 e 2 ottobre). Inoltre, informa il comunciato stampa, “al convegno è collegata una mostra virtuale dal titolo “Paolo Graziosi e Carlo Ludovico Ragghianti. Riflessioni, dialoghi ed eredità sull’arte delle origini”, visibile dal 30 settembre sui siti internet delle due istituzioni”.

Avedon – Ritratti psichedelici, Ringo Starr, 1967

Ma anche una mostra, che ne esalta l’idea di strumento di studio, presso proprio la Fondazione di  Lucca e visitabile sino al 24 ottobre c.m. e che rappresenta anche una grande opportunità per gli appassionati dell’arte che amano leggere, studiare, appassionarsi all’idea di una ripartenza e, chissà, di scenari futuri sempre più palpabili. Una mostra  interessante,insomma che racconta il novecento sino al primo ventennio del duemila attraverso una visione. E questa visione parla di futuro a tutti, non solo agli italiani.

Una sorta di “scrigno” che attiva i processi fondamentali dell’arte, che diventa visione di  “come essere e diventare” una città e quale possa poi essere la sua rappresentazione. Una mostra quella inaugurata questa estate , precisamente il 9 luglio,  sulla trasmissione della conoscenza che promuove e rappresenta arti, cinema, musica e design ben oltre i 500 pezzi esposti, ponendo domande, a cui risponde offrendo spunti e lettura. Dieci le sezioni tra cui  la sesta sugli anni del boom e la settima sulla rivoluzione della cibernetica, sino all’immaginare il futuro e fornire nuove prospettive. Una collezione unica, quella dell’architetto Italo Rota che in questo modo non affascina solo passivamente il visitatore, ma lo rende protagonista e che, come recita il comunicato stampa , “è tra i più noti progettisti del nostro tempo”. Un posto privilegiato la sede della fondazione a Lucca, essa stessa scrigno, che si offre come cornice perfetta alla mostra. Tra suoni e visioni essendo un centro studio. Proietta. Dice qualcosa di nuovo. Tra metodologia e racconto.

Thea von Harbou – Metropolis, 1926

Tutto parte da una domanda: come è cambiato il nostro concetto di città? In una Italia in continuo cambiamento, ricostruire attraverso le arti visive, grazie all’evoluzione della società l’impatto “città-pianeta” non è cosa da poco. Idee e visioni attraverso le metropoli. Si inizia con il futurismo, di cui abbiamo già avuto modo di parlare in un precedente articolo. Fino ad interrogarsi su cosa sia il “futuro”. La cultura del novecento si mette in mostra cercando di offrire l’idea di “città” come produzione culturale.

La mostra, che  è realizzata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, la sponsorizzazione di Banco BPM e la sponsorizzazione tecnica di SAIB come recita il comunicato stampa : “ha l’intento di creare un racconto del Novecento e del primo ventennio del Duemila attraverso la visione della città e, come ha raccontato lo stesso Italo Rota: “La mia collezione è stata raccolta secondo una ricerca incrociata con il mio lavoro e si basa su interessi precisi che vanno alla radice dei problemi e sono scavi nel sapere del XX secolo. Dopo quarant’anni di collezionismo e lavoro intrecciati si tratta di un archivio di beni comuni rispetto al tema città, che nell’insieme servono per immaginare il futuro.

Per il visitatore la mostra è un invito a riflettere sul modo in cui vivremo: il presente di oggi è fatto dai lavori del passato. Uno slogan potrebbe essere: «Se tutto questo vi ha interessato, nulla sarà più come prima». La mostra è imperniata sulla relazione tra umani quando si riuniscono in alta concentrazione, il 70% dell’umanità vive in città, è la storia della migrazione verso punti precisi del pianeta”.

Una mostra come scrigno. Pianetacittà appunto. Ai posteri l’ardua sentenza.

Hoffmann – Giocattolo in blocchi di legno dipinto – 1920