di Vittorio Volpi

Fumio Kishida ha un record per il quale passerà alla storia, in mancanza d’altro. Con la sua nomina è diventato il 100mo Primo Ministro del dopoguerra di un paese dove i Premier durano poco, tranne qualche eccezione come Shinzo Abe (o in Italia).

Se vogliamo azzardare qualche previsione non dovrebbe durare molto, ma tante sono le incognite politiche del Sol Levante che non si sa mai…

Kishida ha 63 anni, la famiglia è originaria di Hiroshima dove alcuni parenti sono morti per la bomba atomica ed ovviamente è contrario alle proliferazioni nucleari, mentre è favorevole all’uso pacifico del nucleare se utilizzato per l’energia elettrica.

In famiglia ha cominciato da piccolo a mangiare pane e politica perché padre e nonno sono stati parlamentari. Non ha il pedigree di Abe (eccezionale), ma  non c’è male. Anche lui in fondo ha fatto poco altro oltre alla politica in vita sua. È membro della Casa dei Rappresentanti dal 1993 e Ministro degli Esteri dal 2012 al 2017. Sempre legato al carro di Abe e del Partito Liberale Democratico (PLD) che, quasi ininterrottamente, ha guidato il paese nel dopoguerra.

Proprio la scorsa settimana, vincendo, ha battuto il suo avversario dato per favorito, Taro Kono. Ha vinto la corsa per la Presidenza del PLD che essendo il partito in maggioranza dà automaticamente la presidenza del Consiglio dei Ministri. La sua vittoria è stata un po’ una sorpresa perché Taro Kono è una figura più popolare e propositiva che avrebbe potuto portare nel panorama politico giapponese più gioventù ed idee. Fortunatamente per lui, con l’appoggio dei vecchi elefanti del partito, che per il momento vogliono la conservazione, questa volta non ha perso, come successo l’anno precedente con l’uscente Yoshihida Suga.

Dalla formazione del nuovo gabinetto è visibile che i nuovi  ministri sono tutti collegati ad Abe e Suga. A Taro Kono hanno affidato un ministero di scarso peso. I capi-partito non volevano correre rischi perché il mese prossimo avranno luogo le elezioni generali e l’anno seguente seguirà un altro test elettorale importante.

Kishida è l’uomo che si adatta alle necessità, è considerato una colomba, ma appartiene al Nippon Kaigi, club ultra conservatore e nazionalista. È cosciente che il rapporto con la Cina è importante, ma delicato perché nel business Pechino è, per il Giappone, il partner commerciale numero uno.

Sulla Cina – tema politico di grande rilievo – sostiene che “ci sono mosse (cinesi) che sembrerebbero voler cambiare lo status quo con la forza. È importante per noi essere in grado di dire ciò che va detto alla Cina”.

Salvo sorprese, per ora Kishida si concentrerà su pandemia e recupero dell’economia con pacchetti di stimoli importanti. Nei suoi temi fissi c’è quello di migliorare la distribuzione dei redditi.

Il resto si vedrà. Il contorno del Giappone è molto mosso. I continui sorvoli cinesi delle zone cuscinetto con le aree territoriali di Taiwan sono pessimi sintomi perché per molti politici giapponesi un attacco militaresco a Taiwan corrisponderebbe ad un attacco al Giappone.
Il lancio di missili ipersonici del Maresciallo Kim, nei giorni scorsi,  non sono tranquillizzanti. Ciò detto però, va ricordato che  Kishida non è un pivello ed oltre a conoscere bene i dossiers, può contare sull’appoggio di Abe che, come eravamo certi, ha ancora la mano forte sul potere del partito.

Nota curiosa: nel nuovo gabinetto ci sono 3 ministri donne su 20, non certo un grande sforzo.

Insomma ed in conclusione, non c’è nulla di cui preoccuparsi per il momento. Come si dice: il cambiamento è andato “come una lettera alla posta”.