di Tito Tettamanti

La politica potrebbe anche venir raffigurata come una lunghissima catena i cui numerosissimi anelli sono le decisioni che continuamente vengono prese. Alcune di poca importanza, di routine, altre che possono incidere sul nostro futuro e, sfortunatamente, non sempre azzeccate anche perché risultato dello scontro di divergenti interessi. Detto questo, trovo per la trasparenza della democrazia, pericolosa la tattica di vendere delle sostanziali decisioni per non decisioni o il contrario, decisioni di fatto mascherate dal continuo rinvio spesso perché paralizzati da interessi contrastanti. Concretamente con simili stratagemmi si arriva ad una decisione definitiva ma non confessata.

E. Coli, primo batterio geneticamente modificato – Wiki commons (Rocky Mountain Lab.)

Un caso da manuale, a mio giudizio, è quello relativo alla coltivazione di OGM (organismi geneticamente modificati). Alfine di evitare malintesi preciso che non ho nulla contro tale coltivazione e conseguente consumo dei prodotti ma non è di questo che voglio parlare bensì di una procedura del Consiglio federale tipica del decidere non decidendo e del mascherare decisioni con rinvii.

Risaliamo al 1998: con il 67% di no viene respinta un’iniziativa che proponeva di vietare modificazioni genetiche tanto nell’agricoltura quanto nella medicina.

Il tema viene ripreso nel 2005 con l’approvazione da parte del 56% dei votanti (contro il parere del Consiglio federale e del Parlamento) di un’iniziativa che chiedeva una moratoria di cinque anni sempre sul medesimo oggetto. Gli iniziativisti postulavano che prima di permettere coltivazioni che non si sapeva se potessero presentare rischi ecologici le capacità scientifiche svizzere ne appurassero la pericolosità o meno. Ciò che venne fatto con un programma nazionale di ricerca (NFP 59). Nel 2010 il mandato dei cinque anni per lo studio venne prolungato di ulteriori tre anni, vale a dire sino al 2013. Nel 2012 il rapporto viene consegnato e sentenzia che dal punto di vista scientifico il divieto di interventi genetici in atto non ha ragione d’essere. In altre parole si deve concludere dagli esami scientifici condotti per lo studio che culture modificate geneticamente non presentano pericoli né per gli umani, né per l’ambiente.

L’agricoltura ne può fare uso.

Nonostante l’inequivocabile risposta della scienza il Parlamento svizzero decide di prolungare la moratoria fino al 2017. Singolare che la decisione del Parlamento venga presa senza aspettare di conoscere il risultato della ricerca commissionata e costata, leggo, 12 milioni di franchi.

Ma anche dopo aver conosciuto il risultato dello studio scientifico richiesto, e contrariamente alle conclusioni dello stesso, il Parlamento decide un’ulteriore proroga sino alla fine di quest’anno (2021). Domanda lecita: perché spendere milioni in studi di esperti per poi non tenerne conto?

Senza dimenticare che, come scrive il giornalista Alex Reichmuth sul Nebelspalter in un articolo dedicato all’argomento, risulterebbe da un’inchiesta diretta dal Professor Heinz Bonfadelli di Zurigo che il 71% delle svizzere e degli svizzeri sarebbe per la libera scelta nel campo del commercio di alimenti geneticamente modificabili.

Ma la catena dei rinvii, nonostante il parere della ricerca commissionata, non ha mai termine. Un’ulteriore proposta per la continuazione della moratoria per altri quattro anni è stata formulata in luglio dal Consiglio federale. Con un’incredibile motivazione il nostro Governo, presentando il messaggio sulla (ulteriore e ripetuta) moratoria, afferma di sostenere la ricerca e lo sviluppo di nuove tecniche di ingegneria genetica. Alcuni attori vedono nelle tecniche in esame un potenziale per introdurre innovazioni nei settori della farmacologia, della medicina, dell’industria e dell’agricoltura.

Altri, tuttavia, esprimono preoccupazioni, segnatamente per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti e dell’ambiente. Si è scoperta l’acqua calda e si dimentica che i contrasti sulle due visioni esistono da prima delle moratorie. Necessari quindici anni e tre moratorie per giungere a questa lapalissiana conclusione?

Ora i casi sono due: o il Consiglio federale e la nostra burocrazia nonostante studi costosi e pluriennali non hanno capito nulla (ciò che non è il caso) oppure hanno trovato la scappatoia. Essendo le scienze in questi campi come in altri in costante evoluzione, saremo obbligati con questo atteggiamento pretestuoso a perpetuare le moratorie per stare al passo con l’evoluzione delle possibili ricerche in materia senza mai prendere una decisione. La verità politica, mascherata dal decidere di non decidere, è un’altra. Nelle stanze del potere, che non sono solo quelle politiche, sono ben rappresentati gli oppositori alle tecniche genetiche con i loro motivi che non sono qui in discussione.

La politica in questo caso ha ceduto ai gruppi di pressione che si battono contro le coltivazioni e i prodotti geneticamente modificati, ma non lo vuole confessare anche perché non è detto che gli oppositori rappresentino la maggioranza dei cittadini e delle cittadine consumatori/ trici. Con la tecnica delle infinite moratorie (per studio?) dà ragione sostanzialmente agli anti-modifiche genetiche e stabilisce praticamente il divieto senza però ammetterlo. Caso da manuale: con una decisione di non decidere si prende in effetti un’importante decisione.

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata.