di Cristina T. Chiochia (2021)

L’atmosfera e la luce che “rimbalza”. La luce che incornicia l’aria. Ecco come alcuni passano la vita ad osservare ciò che altri hanno visto. Altri invece ad immaginarlo e volerlo testimoniare attraverso le proprie impressioni. Inizia la stagione autunnale delle mostre a Milano con un vero approfondimento , come recita il comunicato stampa, sul tema della riflessione della luce e dei suoi “mutamenti” nell’opera del padre dell’Impressionismo.

Il 18 settembre si è inaugurata a Palazzo Reale a Milano, una mostra, visitabile sino al 30 Gennaio 2022, intitolata semplicemente “Monet” e legata non solo al genio artistico di questo pittore ma anche ad un museo, che si evince dal sottotitolo, quello Musée Marmottan di Parigi, che ha preso anche l’appellativo di “Monet”, proprio perché ha generosamente acquisito parte delle opere dell’artista, direttamente da un lascito del figlio dell’artista. Un un vero percorso cronologico, nelle splendide sale del  Palazzo Reale di Milano in Italia, si ripercorre l’arte di questo pittore reso celebre dalla sua arte, arrivando addirittura a tele cosi private che non vennero mai vendute e che erano custodite nella sua casa di Giverny.

Al fine quasi di dare la dimensione del Musée Marmottan Monet a Parigi, la mostra ne celebra  la storia fino alla donazione del 1966 del figlio di Monet, Michel che  segnerà la svolta anche del nome. In questa mostra la possibilità di andare oltre l’immagine stereotipata del pittore, disegnata, dipinta o fotografata  tante volte ed in tante mostra, ma conoscerlo per quello che davvero ha reso celebre il suo lavoro: la luce. Con un percorso davvero molto ben fatto e a tratti tra il didattico e il divulgativo, ecco che la luce diventa la vera protagonista, sotto tutte le sue sfaccettature, dalla più fioca alla più luminosa. Un percorso espositivo inedito, , come recita il comunicato stampa “dove ad accogliere il pubblico ci saranno 53 opere di Monet tra cui le sue Ninfee (1916-1919), Il Parlamento, Riflessi sul Tamigi (1905) e Le rose (1925-1926), la sua ultima e magica opera: un prestito straordinario non solo perché riunisce alcune delle punte di diamante della produzione artistica di Monet, ma anche per l’enorme difficoltà di questo periodo nel far viaggiare le opere da un paese all’altro”.

E poi. Eccola. La luce dell’aria aperta. Con paesaggi pieni di luce e colori. La luce di Monet in mostra quindi come dinamica del paesaggio. Dove, nel susseguirsi delle sale, diventa protagonista come mezzo espressivo e come efficacia pittorica quasi più dell’uso del colore. Come nel famoso dipinto “Sulla spiaggia di Trouville” (del 1870) o “Passeggiata ad Argenteuil” (del1875) fino ad arrivare al ponte di “Charing Cross” (del 1899‐1901). Validi esempi di come alcuni passano la vita ad osservare ciò che altri hanno visto. Altri invece ad immaginarlo e volerlo testimoniare ai posteri. Opere dove la luce diventa cosi profondamente reale da diventare veicolo emotivo per intensità ed espressione. Impressioni vere, dunque. Impressioni luminose fissate sulla tela e lasciate esprimersi con l’uso sapiente del colore.

 
7 sezioni curate da Marianne Mathieu , celebre storica dell’arte e direttrice scientifica del Musée Marmottan Monet di Parigi , per una esposizione che introduce dice il comunicato “alla scoperta di opere chiave dell’Impressionismo e della produzione artistica di Monet sul tema della riflessione della luce e dei suoi mutamenti nell’opera stessa dell’artista, l’alfa e l’omega del suo approccio artistico”. La luce quindi. Luce fioca, luce accecante. Luce come dinamica e passaggio tra stagioni, forme, movimenti ed impressioni appunto. Un Claude Monet maturo e forse, un po’ stanco, prigioniero della sua cataratta che nelle ultime sale della mostra invece, si addentra nel colore e nella intensità della natura in modo del tutto nuovo.

Tele di un Monet inedito quasi, perché intime seppur molto grandi perché personali. Paesaggi, verde e le celebri ninfee: che si proiettano come luci ed ombre nelle grandi tele esposte nella sala più bella della mostra e che fa da incipit ai dipinti dei salici piangenti, al ponte giapponese e all’evanescente natura delle rose, ritratta nella sua ultima opera e presente a fine percorso. Una mostra oltre la mostra insomma, che presenta l’umanità di un grande pittore fino alla sua “adultità” espressiva. 

Promossa dal Comune di Milano-Cultura in collaborazione con Arthemisia, una mostra che rientra appieno nel progetto museologico ed espositivo di questi anni di “Musei del mondo a Palazzo Reale” nato grazie alla sensibilità dell’assessorato alla Cultura di Milano, con l’intento di far conoscere  il mondo attraverso le sue collezioni  più belle, tra la storia dei musei internazionali più celebri e le opere degli artisti più famosi. Intento in questa mostra, davvero pienamente riuscito.