L’Iran ha accettato di tornare a Vienna, entro la fine di novembre, sul tavolo dei negoziati per il nucleare dopo averli interrotti a giugno quando il nuovo presidente iraniano Ebrahim Raisi ha preso il potere.

Gli Stati Uniti avevano partecipato indirettamente al primo giro di discussioni a Vienna che miravano a riportare l’equilibrio tra Washington e Teheran, dopo il rifiuto del governo iraniano di parlare direttamente con gli americani.

La notizia è stata annunciata dal vice ministro degli Esteri iraniano e capo negoziatore per i colloqui Ali Bagheri, segnalando così la possibilità del rilancio di un processo che mira a ripristinare l’accordo nucleare del 2015 con le potenze mondiali, rimasto fermo nell’incertezza.

Bagheri, che ha incontrato a Bruxelles il vice segretario generale dell’Unione europea per gli affari politici, Enrique Mora, affermando di aver avuto un dialogo molto serio e costruttivo sugli elementi essenziali per il successo dei negoziati, ha confermato che la data esatta dei negoziati sarà annunciata la prossima settimana.

Per mesi il governo iraniano ha detto che sarebbe tornato al tavolo dei negoziati, ma ha rifiutato di fissare una data, alimentando un crescente pessimismo e allarme sulla possibilità del ripristino dell’accordo.

Il nuovo presidente iraniano Raisi è stato messo sotto pressione dai suoi alleati, in particolar modo dalla Russia, per tornare a quei colloqui a lungo ritardati dalla sua linea dura come religioso intransigente. Il nuovo regime iraniano non può perdere però i benefici del ritorno all’accordo dopo aver aperto alcune delle questioni negoziate nel primo round.

L’inviato speciale degli Stati Uniti per l’Iran, Robert Malley, ha fatto sapere questo lunedì che gli sforzi per rilanciare il patto erano arrivati oramai ad una fase “critica” e che le ragioni di Teheran per evitare questi colloqui si stavano esaurendo. Il programma nucleare iraniano sta avanzando ben oltre i limiti fissati dall’accordo. “C’è una profonda e crescente preoccupazione nell’Amministrazione Biden per il rifiuto dell’Iran di impegnarsi ad una data per riprendere i negoziati di Vienna”, aveva dichiarato Malley.

Le potenze occidentali hanno sempre esortato l’Iran a tornare al dialogo anche dopo la reintroduzione delle dure sanzioni adottate dall’ex presidente Trump. Quest’ultimo aveva ritirato nel 2018 gli Stati Uniti dall’accordo in base al quale l’Iran aveva accettato di limitare le sue attività nucleari e di sottoporsi al monitoraggio internazionale in cambio della revoca delle sanzioni economiche statunitensi.

La reintroduzione delle sanzioni ha devastato l’economia iraniana, soprattutto per la diminuzione di esportazione di petrolio, e l’Iran ha riavviato il suo programma di arricchimento dell’uranio.

“Il ritorno degli Stati Uniti all’accordo non ci interessa. L’importante è che l’esito dei colloqui sia favorevole all’Iran”, ha tenuto a precisare il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian durante una conferenza stampa televisiva.

La Casa Bianca ha fatto sapere che la decisione di rinnovare i colloqui spetta esclusivamente ai poteri dell’Unione europea, aggiungendo che potrebbero essere prese in considerazione “alternative” se Teheran non dovesse tenere fede agli impegni. Il segretario stampa Jen Psaki, ha affermato che i funzionari dell’amministrazione Biden erano a conoscenza delle dichiarazioni di Bagheri, ma sono in attesa di una conferma da parte dei funzionari europei che l’Iran sia davvero pronto a riprendere il dialogo senza riflettere atteggiamenti intransigenti del nuovo presidente Raisi.