l Consiglio federale per bocca del consigliere Guy Parmelin ha invitato qualche settimana fa aziende e privati a prepararsi alle gravi conseguenze di una penuria energetica prevedibile per il 2025. C’è da rimanere esterrefatti. Ma come, lo stesso Consiglio federale con una legge del 2018 (tre e non trent’anni fa) aveva formulato la «strategia energetica 2050» che non faceva presagire nulla di tutto ciò. Per la correttezza non possiamo dare la colpa solo al Consiglio federale.

Al Consiglio nazionale 120 deputati hanno sostenuto la proposta. E vediamo di non accollare le responsabilità esclusivamente a sinistra e verdi coerenti con il loro pensiero. La legge è passata grazie all’appoggio totale del PPD (oggi Alleanza del Centro) e di gran parte dei deputati liberali. Al Consiglio di Stato ha raccolto 35 sì contro 6 no. Ma anche l’Economiesuisse si è guardata bene dallo schierarsi e non ha finanziato il referendum.

La campagna per il sì in votazione popolare, combattuta con estrema determinazione e irruente retorica dalla capa del Dipartimento Doris Leuthard, permette di chiedersi se il Governo nelle votazioni non tende a influenzare sproporzionatamente i votanti, talvolta con argomenti che nel tempo si rivelano azzardati se non erronei.

Quali i pesanti errori della legge che vengono oggi constatati? Primo è quello di confondere desideri con realtà. La valutazione di allora dell’incremento della necessità di forza elettrica si è rivelata (volutamente?) errata. L’aumento entro il 2050 sarà almeno di un terzo ed è dovuto all’incremento della popolazione, della elettrificazione del traffico e delle economie domestiche e delle richieste originate dal maggior fabbisogno delle aziende. Basare una legge su premesse errate o sognando una decrescita felice (?) è molto pericoloso.

Secondo errore il divieto di costruire centrali nucleari. La prevenzione e l’ostilità sono ancorate ancora alle lotte politiche dei tempi della guerra fredda, gli amici della Russia non volevano il nucleare in Europa. Si dimentica un fatto importante: l’energia nucleare, con quella elettrica, ha il grosso pregio di non essere inquinante. Dall’altro lato si parte dall’errato presupposto che i progressi della scienza, che si realizzano sempre più spesso, non possano esistere per il nucleare. Tant’è vero che oggi è possibile la costruzione di piccole centrali (i «modular nuclear reactors »), già in programma ad esempio per l’Inghilterra, sostenute anche da Macron che le prevede per la Francia. James Lovelock, considerato con il suo libro «Gaia» (1979) uno dei padri nobili dei movimenti ecologici, con una delle sue successive pubblicazioni, «The Revenge of Gaia» (2006), sdogana il nucleare considerandolo la fonte di energia atta a soddisfare le nostre necessità evitando di influenzare il clima e la composizione atmosferica.

Le fonti eoliche e fotovoltaiche di energia danno un utile contributo e sono senz’altro un’opportunità da sviluppare, anche per la loro continua rinnovabilità, ma pensare che possano sostituire totalmente l’energia nucleare è pura illusione. Tra l’altro dipendono dal vento e dal sole e la meteorologia fa quello che le pare e non ci garantisce (a differenza del nucleare) la produzione. Nel primo trimestre di quest’anno in Germania per mancanza di vento le pale eoliche hanno prodotto circa un terzo di energia in meno. Il problema per il fotovoltaico è che il sole, specie nell’inverno quando vi è maggior necessità di energia, appare quando vuole. Un complemento lo potrebbero dare, come recentemente proposto, numerose piccole centrali a gas.

Un ulteriore aiuto potrebbe venire dalle centrali idroelettriche esistenti sia con innalzamenti o con altri accorgimenti; ovviamente ciò sarà possibile se si semplificheranno le montagne di ostacoli, approvazioni, ricorsi che ritardano le procedure di anni.

Vi sono poi i rosiconi, quelle anime in pena da quando il Consiglio federale non ha concluso l’A.I. (Accordo istituzionale) con l’UE e che a qualsiasi dettaglio di qualsiasi tema discusso aggiungono sempre che tutto sarebbe più bello e più facile se avessimo firmato l’accordo.

Contano sulla generosità (si fa per dire) di Bruxelles che ci dovrebbe aiutare (perché?) a risolvere i problemi di casa nostra. Dovremo importare energia, ma proprio per questo maggiore sarà la nostra autonomia, maggiore la nostra forza contrattuale per un equilibrato accordo economico a livello europeo sul tema.

Sbagliare è grave, ma succede, molto più grave e imperdonabile è per contro non riconoscere gli errori e non far nulla per rimediarvi. Non dobbiamo purtroppo farci illusioni, il cammino sarà in salita perché la dogmatica Simonetta Sommaruga, prima interessata nella sua veste di capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (DATEC), ha già fatto sapere che di energia nucleare non ne vuol sapere, enfatizzando la possibilità delle energie rinnovabili delle quali riconosciamo l’utilità ma sappiamo anche i limiti. Lo strabismo ideologico, dell’uno o dell’altro occhio, è fonte inesauribile di costosi errori di giudizio.

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata