Perché votare No a questo investimento sballato

di Paolo Camillo Minotti

Si sta avvicinando la votazione sul famigerato (e malconcepito) “Polo sportivo e degli eventi” luganese; anzi molti hanno già votato in virtù del voto anticipato. Da un po’ di tempo non mi ricordavo una campagna pre-votazione condotta con tale intolleranza, e intendo riferirmi naturalmente ai fautori del PSE. E anche con tale sproporzione di mezzi tra le due parti, come ha giustamente annotato il signor Danilo Baratti in un testo recentemente pubblicato sul “Corriere”. Come sempre quando ci sono interessi economici lobbistici in gioco (che in questo caso vengono camuffati sotto amenità come la “promozione dello sport” e la “modernità”) il confronto si fa duro. A nessuno sarà sfuggita la ingombrante presenza nel dibattito di personaggi come Renzetti, che probabilmente sarebbe uno dei pochi beneficiari reali del Polo sportivo (assieme al Credito Svizzero), perché ormai anche lo scemo del villaggio ha capito che le controverse “torri” sull’area dell’attuale stadio sarà lui a costruirle. Si sono distribuiti risotto e luganighette ed entrata gratuita ai partecipanti a manifestazioni allo stadio, evidentemente con l’intento di far votare sì: come faceva il senatore Lauro nella Napoli degli anni ’50, come si fa in certe repubbliche delle banane sud-americane. In breve, una cosa vergognosa e umiliante! Gli improperi e il dileggio poi nei confronti degli oppositori sono moneta corrente; sul “Mattino” per es. Lorenzo Quadri e Andrea Censi hanno superato il limite dell’accettabile in un Paese maturo, dove si presume esista ancora la libertà di contestare una decisione delle autorità e dove una discussione sulla modalità di apparecchiare un’infrastruttura dovrebbe poter essere condotta civilmente e senza dar luogo a una “escalation” delle invettive. Dopo tutto non ci sono in gioco i destini della Patria: potrei capire tali toni hargneux se ci trovassimo a discutere di adesione all’UE, o di altri temi fondamentali per l’identità o gli interessi della Svizzera o del Ticino. Sostenere poi che dall’accettazione del Polo sportivo dipenda “l’avvenire del Cantone Ticino”, fa scappare da ridere, perché significa avere una visione alquanto ristretta del futuro della nostra comunità (come se esso dipendesse solo dalla quantità di costruzioni edili e dalla velocità con cui le gru le tirano su!). Mi dispiace dover dire questo, perché considero Quadri e Censi degli amici, e li ho anche votati in occasione di elezioni cantonali e federali.

Un dileggio domenicale martellante

Faccio solo due esempi, non potendo certo elencare tutto quanto scritto nelle ultime settimane nel “Mattino”: 1) Nel penultimo numero del settimanale Quadri scrive “ La votazione del 28 novembre sarà determinante per il futuro della Città ed anche del Cantone. Davvero i luganesi vorranno consegnarlo a manovratori ottantenni incapaci di rassegnarsi alla perdita del potere……”. A parte il fatto che Fulvio Pelli (che era il bersaglio principale di quel numero del settimanale) non ha ancora 80 anni, ma ammettendo anche che li avesse: questo sarebbe forse un requisito negativo tale da inficiare le sue argomentazioni e da sconsigliare ai cittadini di prenderle sul serio? Ritengo che tale modo di “argomentare” contro i propri antagonisti sia profondamente disdicevole (e anche un pochettino presuntuoso). Vi furono nella storia delle società in cui gli anziani venivano rispettati e si chiedevano loro consigli, per il capitale di esperienza che avevano accumulato in una vita; adesso invece sono sbeffeggiati e li si considera alla stregua di “rimbambiti”. Amichevolmente consiglierei a Quadri più prudenza e rispetto, perché la cinquantina l’ha ormai raggiunta anche lui e fra pochi anni potrebbe avere la sgradita sorpresa di farsi trattare da nuove leve arrembanti con la stessa moneta con cui egli oggi tratta Pelli e Martino Rossi. Inoltre, spiace dover dire una cosa indelicata (come lo sono sempre i confronti personali): ma quando si attacca occorrerebbe avere il buon senso e l’intelligenza di capire chi si attacca, e di farlo in modo appropriato al medesimo . Per intenderci: Fulvio Pelli non è un Adriano Venuti qualsiasi. Voglio dire: Pelli, Adriano Cavadini, Martino Rossi, Benedetto Antonini possono anche stare antipatici, ma hanno una caratura per cui non si possono trattare alla stregua di personaggi – diciamo così – di levatura secondaria: hanno dietro di sé un curriculum e una competenza di tutto rispetto. Insomma hanno dato qualcosa al Paese. Li si può anche chiamare sprezzantemente “sapientoni”, ma il fatto è che ne sanno effettivamente molto di più di certi loro successori nella politica e nell’Amministrazione pubblica. Si può anche dissentire da loro, ma la critica dovrebbe cercare di mettersi al loro stesso livello. Con questo non vogliamo dire che Venuti lo si possa dileggiare, mentre è proibito dileggiare Pelli; ma chi dileggia Venuti ha l’attenuante che quest’ultimo è il primo a disprezzare e a mettere alla berlina l’avversario (per cui al massimo viene ripagato con la propria moneta).

2) Il secondo punto su cui voglio soffermarmi è la ridicola enfatizzazione dell’argomento (forse incautamente utilizzato in un’opposizione dall’avv. Fulvio Pelli) secondo cui quest’ultimo si opporrebbe al PSE per interessi privati, vale a dire per evitare che la costruzione delle palazzine di Cornaredo provochi dello sfitto nelle sue case in centro città. A parte che, quand’anche Pelli si opponesse pure per motivi di interesse privato, questo nulla toglierebbe al fatto che le sue obiezioni al progetto municipale possano essere (e sono) fondate; non sarebbe certo il primo caso nella storia nel quale interesse privato e interesse ben compreso della comunità (locale, nazionale e persino internazionale) possono non solo essere conciliabili, ma addirittura combinarsi perfettamente!

Chi fa bene i conti propri, li sa fare anche per la comunità

Vorrei citare un esempio di rilevanza storica internazionale, per cercare di sollevarsi un po’ dalla meschinità da “villaggio gallico” cantonticinese. Nell’estate 1914, dopo che Gavrilo Princip aveva sparato all’erede al trono austroungarico, l’Europa visse 5 settimane convulse nelle quali poco a poco si scivolò nella guerra generalizzata a livello continentale, anzi mondiale. In tutti i Paesi vi erano delle personalità ragionevoli che tentarono, purtroppo senza successo, di cercare una soluzione pacifica di compromesso al conflitto scoppiato nei Balcani. Fra questi ce ne fu uno, che secondo la leggenda era molto influente, ma non sufficientemente per trattenere dei politici scervellati dal lasciarsi coinvolgere in una azzardata spirale di guerra: il banchiere Rothschild di Londra. Come spiega bene Christopher Clark nel suo libro “I sonnambuli”, Rothschild fece del suo meglio per evitare la corsa verso l’abisso, con pressioni sull’editore del “Times” per moderarne i toni aggressivi antitedeschi, con colloqui con ministri e diplomatici inglesi con cui era in relazione, prendendo contatto con i suoi parenti Rothschild e i suoi partner d’affari in Francia, Austria e Germania. Ma non ci fu nulla da fare. La follia guerrafondaia fu irresistibile.

L’analogia con Pelli dove sta? Anche Rothschild non si opponeva alla guerra esclusivamente per spirito umanitario e sollecitudine per il bene pubblico; la sua banca aveva grandi interessi in tutti gli Stati europei (da entrambe le parti che stavano armandosi l’una contro l’altra) e la guerra avrebbe quindi nuociuto ai suoi affari. Ma chi oserebbe dire perciò ch’egli aveva torto? E che egli a ragion veduta non difese, assieme ai suoi interessi economici immediati, anche l’interesse ben compreso del Regno Unito e anzi di tutti i popoli europei? Come banchiere di grande esperienza, Rothschild sapeva infatti che una guerra generalizzata e prolungata era, oltre che veleno per gli affari (salvo quelli dei fabbricanti d’armi!), anche un danno per tutte le nazioni, nessuna delle quali poteva sperare – anche uscendone vincitrice – di ricavarne dei vantaggi che oltrepassassero i costi e i danni umani, sociali ed economici.

Il PSE, un colossale spreco di denaro pubblico

Analogamente, per quanto riguarda il PSE, chissenefrega se per caso Fulvio Pelli vi si oppone anche per ragioni di interesse privato; l’importante è che gli argomenti di interesse pubblico che egli adduce siano fondati. E lo sono, eccome che lo sono. Basta aver fatto le elementari e sapere fare due conti per capire che da un punto di vista finanziario questo progetto è un cattivo investimento, uno spreco inaudito, un esempio da manuale di cattiva gestione pubblica, un atto da apprendisti incapaci (da “boia malpratici” come diceva il mio povero prozio Gino). Ci si fa anticipare dai privati i soldi per edificare lo stadio a un tasso del 3 percento quando oggi i tassi sul mercato dei capitali sono quasi tre volte più bassi! E d’altra parte si concede il diritto di superficie ai privati per costruire i loro palazzi a condizioni di favore. Insomma: si strapagano i lavori commissionati e si concedono sotto prezzo i beni della città.

Inoltre, accessoriamente, così facendo si arrecano due danni alla comunità luganese: 

  1. In primo luogo si lasciano costruire palazzine a Cornaredo invece di lasciare quest’area interamente a disposizione dello sport, relegando le attività sportive autentiche (per le vere attività sportive dei giovani) in quel “buco” lugubre che è la zona del Maglio;
  2. secondariamente si lasciano costruire delle palazzine che non sono necessarie, dato che a Lugano e nel Ticino c’è già un tasso di sfitto di più del 3 percento (ritmo crescente). Insomma si cementifica il territorio in modo avventato, solo per permettere a palazzinari di dubbia fama di far proliferare nel nostro già martoriato territorio ulteriori squallidi edifici tipo periferia da Paesi dell’Est europeo ante-1989 (e al Credito Svizzero di lucrarci in modo orbo)!

La “schizofrenia” dei politici

E adesso veniamo alla ciliegina finale, cioè alla contraddizione plateale cui si assiste seguendo i discorsi dei politici luganesi e ticinesi. Negli scorsi mesi si è discusso lungamente sul tema del controllo della spesa pubblica: prima sul tema del referendum finanziario obbligatorio (proposta UDC di sottoporre a votazione popolare obbligatoria le decisioni di spesa al di sopra di un certo ammontare, proposta sottoposta recentemente ai cittadini e che purtroppo è stata respinta) e più recentemente sul tema dell’obbligo di rientrare a medio termine dai deficit ricorrenti (proposta che invece è stata approvata a maggioranza dal Gran Consiglio, con il voto favorevole di PLR-Lega-UDC e con la dura opposizione della Sinistra).

A Bellinzona i partiti si sono accapigliati sul fatto se occorra o no fare economie sulla spesa pubblica; a Lugano per contro sono quasi tutti d’accordo (con l’eccezione dei Verdi) per sprecare allegramente i soldi della Città (ma anche quelli del Cantone perché il Polo sportivo riceverà sussidi cantonali), dando via libera alla costruzione di una infrastruttura con un pesante sovra-prezzo, come l’edilizia pubblica nel Meridione d’Italia che costa il doppio perché include anche il “pizzo” dovuto alla mafia. Tutti cadono in vistosa contraddizione concettuale fino al limite della schizofrenia: sia la Sinistra, i cui alti lai contro “i tagli allo Stato sociale” sono ben noti e che perciò a rigor di logica dovrebbe essere più rigorosa perlomento nel controllare la spesa nelle opere edili; sia il centro-destra, che a livello cantonale si è stracciato le vesti per il rigore della spesa pubblica e pontifica (giustamente) sulla necessità di essere responsabili nel gestire le finanze pubbliche per non lasciare debiti alle generazioni future, ma che a Lugano con il PSE sostiene a spada tratta uno  spreco colossale del denaro pubblico. La cosa un po’ comica è vedere per l’occasione un’ammucchiata inverosimile: sullo stesso carro vi sono la Lega e Raoul Ghisletta, ovvero chi critica i “fuchi statali” e il sindacalista titolato dei medesimi “fuchi”; certi liberali progressisti, che disprezzano di regola il “populismo” e sono usi a dare lezioni di “razionalità”, accomunati per l’occasione nello stesso tifo “sportivo” con il solitamente snobbato “Mattino”. O diciamo pure solo nello stesso tifo, lasciamo via l’aggettivo “sportivo” che c’entra relativamente poco con il PSE. I fautori del progetto tifano in verità per Renzetti e per il Credito Svizzero!

Di fronte a questa avventatezza e “allegria” nella spesa di stile sudamericano, di fronte a questa demagogia pseudosportiva, occorre ricordare chiaramente che un Paese serio e una classe politica seria dovrebbero applicare criteri rigorosi nella spesa pubblica IN TUTTI SETTORI (nella socialità, nell’ Amministrazione pubblica, ma anche nella scuola, nelle opere pubbliche, ecc.). Non c’è nessun settore, quand’anche di importanza prioritaria, dove si possa spendere in modo esagerato e non commisurato alle risorse disponibili, che non sono infinite. Chi “stra-spende” in un settore, inevitabilmente farà mancare o sarà costretto a ritardare investimenti da un’altra parte (oppure, in alternativa, manderà alla malora le finanze pubbliche lasciando in eredità debiti alle prossime generazioni).

Infine, promemoria, terminiamo dicendo: politici luganesi, svegliatevi a concretizzare piuttosto quei progetti che potrebbero essere da traino all’economia e rilanciare Lugano: in primis il Polo congressuale. Progetti cioè che non causino solo un esborso secco, ma che abbiano anche una ricaduta duratura per l’economia e quindi pure per l’erario luganesi.