Un’interpretazione di una tipica canzone folk anglosassone infiamma ancora una volta sotto il periodo delle festività la questione sulla legittimità dei territori contesi che ambiscono al riconoscimento quale Stato di Palestina.

È capitato a tutti durante le festività di avere quel parente che pungola la tavolata tra un bicchiere di rosso ed il caffè con qualche considerazione, freddura, battuta la quale riesce a mettere a dura prova lo spirito natalizio. Il pragmatismo da panettone ci impone un «potresti evitare» così come una risata forzata, ma il pensiero sarebbe un invito ad andare a fare in …Chinonsò.

Come un Shahīd sulla Croce Rossa, Eman Askar, influencer egiziana ha raggiunto fama internazionale sparando per la rete un video in cui si presta ad una bellissima interpretazione di una canzone folk anglosassone. Peccato però che il tema sia sempre la solita fandonia, ovvero che i palestinesi son stati derubati della loro terra dagli ebrei brutti e cattivi.

E se lo spirito di Chanukkah non ha permeato la Askar e gli altri 1200 combattenti dello Stato Islamico presenti in Egitto che combattono per creare un califfato nel Sinai (ovvero i militanti di Wilayat Sinai), certamente ha posto la questione a tanti giovani su quanto sia pertinente il discorso da lei promosso. Analizziamo quindi quanto cantato:

C’era una volta una landa chiamata Palestina…

…Dove ebrei mussulmani e cristiani vivevano tutti assieme – la prima strofa. Qualcosa già non torna. Controbattiamo: C’è adesso uno stato chiamato Israele, dove ebrei, mussulmani e cristiani vivono tutti assieme. Oppure una volta c’era la Giudea, dove maccabei, protocristiani e romani se le davano di santa ragione, per citarne alcuni. 

Potremmo da maliziosi che siamo rincarare la dose spostando le lancette ancora un pochino più indietro palando di una landa chiamata Pangea dove tirannosauri, ratti e pterodattili diventarono un giorno una minestra chiamata petrolio.

Se invece andassimo a definire la Palestina come territorio tra Mediterraneo e fiume Giordano, l’entità statale è l’Impero Ottomano che rapportato al suo successore sarebbe l’attuale Turchia (dal 1300 al 1922, anno della sua dissoluzione).  Non ci sogniamo di chiamarla Turchia Orientale, ma seguendo il discorso logico di cosa c’era prima la capitale di quel fazzoletto dovrebbe essere paradossalmente dalle parti di Ankara. In ogni caso spostando le lancette in dietro non si troverà mai uno stato indipendente e riconosciuto chiamato Palestina. Continuiamo l’analisi.

Da li poi divenne un protettorato del Regno Unito.  Anche qui, la Askar se la canta sull’apporto illegittimo della corona britannica. A titolo di paragone, se considerassimo chi ha mandato su un territorio come illegittimo a prescindere dovremmo bacchettare Napoleone per averci tolto Lavena, Marchirolo ed anche la Valtellina.  Con l’unica differenza che che non stiamo parlando di un deserto transitato (e per la maggiore disabitato) da popoli nomadi, ma regioni alpine vitali per i commerci.

1948 – gli ebrei fanno la guerra per rubare la casa ai palestinesi

Qui compare la solita mappa divisa in quattro scenari dove si mostra come Israele abbia eroso la Palestina, sempre canticchiandosela come un boyscout. Salto ovvietà già espresse ed arrivo al sodo:

 La mappa del 1948 è quella della divisione in due stati proposta dalla Società delle Nazioni/Nazioni Unite, che è stata accettata da Israele ma respinta e combattuta dalle popolazioni beduine. Guerra per la cronaca persa da questi ultimi. Ovvero, volevano l’ennesimo regno/califfato invece che una confederazione tra i due stati ed hanno deciso di combattere per uno stato islamico (suona storia recente?). Perdendo.

Per tornare a guardare a casa nostra, filologicamente è come se campassimo ragioni su Milano perché, sebbene le abbiamo prese nella battaglia di Marignano contro i francesi e con essa abbiamo perso il dominio sulla città, in fin dei conti era Svizzera ed i francesi vincitori  non c’entrano un fico secco con  Milano quindi dovrebbe tornare ad essere Svizzera.  Una motivazione forse legittima dal profilo «nazionalistico», ma che onestamente ..un po’ stride.

Da questo punto in poi partono accuse sulla dignità umana e sull’essere dalla parte «giusta» della storia. La storia non è ne giusta ne sbagliata, è storia, e va compresa in quanto tale.  È anche erroneo, o quantomeno discutibile analizzare a posteriori una situazione storica (come dovremmo analizzare i quattro mori di Livorno? La diaspora di Locarno?) con il metro attuale.

Quindi qual’è la parte giusta dove stare?

 Se di giustizia e di diritti si parla, se si ambisce ad un Medio Oriente dove la donna non sia una bestia e la scienza, la cultura e le arti siano al servizio dell’uomo e non del profeta, se il vero miracolo sia far fiorire un deserto da una goccia d’acqua e non bruciare la spazzatura per strada alzando l’indice alle stelle, la scelta è una ed intona l’Hatikvah.

Maurizio P. Taiana

La canzone è ben fatta comunque: