Come sappiamo stiamo vivendo un problema gravissimo nelle industrie internazionali per la scarsità di chips, semiconduttori. Ciò è causa di paralisi nella produzione di molto prodotti, auto, gadgets elettronici, elettrodomestici, etc. Sicuramente ritardi che sono danni per le imprese relative alle loro consegne e per i consumatori. Ho sotto gli occhi il caso di un amico che doveva ricevere la sua nuova auto lo scorso settembre e che alla fine è stata consegnata solo venerdì scorso, a fine gennaio con quattro mesi di ritardo.

Foto di Hui-Chun Chen da Pixabay

Se andiamo ad osservare a proposito di chips, semiconduttori, il 60% è prodotto a Taiwan, la “provincia ribelle” cinese che di questi tempi è uno dei punti più delicati del pianeta e contenzioso fra Cina e Stati Uniti.

Taiwan è una vibrante economia democratica che ha raggiunto una posizione rilevante nel consesso delle economie mondiali, occupando il 21mo posto in termini di PIL. Per semplificare, produce ad esempio il 60% dei pregiati semiconduttori del mondo. Significa che se si fermassero le sue fabbriche sarebbe una paralisi mondiale. Blocco delle produzioni, crisi economica ed industriale. Basti pensare che il suo colosso TMSC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) è un gigante che fattura 50 miliardi di dollari ed impiega 56 mila dipendenti.

Ora, come sappiamo, gli americani si accordarono con Pechino negli anni ’70 sul concetto di una sola Cina (ma che diritti avevano a Washington di decidere il futuro di Taipei?). Pechino, visto l’ottimo boccone, ma anche per chiudere i conti con il passato, ora vuole Taiwan integrata con la Repubblica Popolare Cinese. La prova di ciò è nelle innumerevoli dichiarazioni del leader Xi Jinping. Taiwan ed il partito al potere con lelezioni democratiche non ci sente e potrebbe scaturirne un’operazione di forza con gravi conseguenze se gli Usa (e alleati) dovessero intervenire.

Da Pechino sparano a zero su chiunque prenda le difese di Taiwan come “altra Cina”, un paese terzo. È interessante il caso della Lituania caduta nel mirino di Pechino, rea di aver accettato di far aprire una specie di rappresentanza diplomatica a Vilnius  con espresso riferimento a Taiwan, anziché a profilo più basso come Taipei o altro.

La concessione lituana è a seguito di un impegno di TMSC a costruire nel paese una fabbrica di semiconduttori, guarda caso… Draconiana la reazione di Pechino. Come sanzione e rappresaglia, blocco non solo a tutti i prodotti lituani, ma anche a quelli di tutte le imprese di altri paesi che utilizzano componentistiche lituane. Si scrive che ad esempio la Continental pneumatici ha deciso di non usare più parti provenienti dalla Lituania.

Caveat: la Lituania è un membro UE e quindi l’Unione ha deciso di difendere giustamente un suo membro elevando una protesta anche con il WTO, l’Organizzazione del Commercio Mondiale.

Questa interessante diatriba politica, economica che fine avrà? Molto probabilmente i taiwanesi dovranno creare nuove fabbriche in paesi più robusti nel difendersi e lasciar perdere la Lituania.

Hanno già investito sia negli Usa che in Giappone. Paesi che sanno difendersi e la UE invece è grande di geografia, ma non di forza.

A Pechino sanno invece usare la forza e difendere i loro interessi che sono essenzialmente prendersi Taiwan, prima o poi, costi quel che costi.

V.Volpi