2022

Attrae il titolo di un réportage del Financial Times “migliaia fuggono dal Myanmar a causa dei bombardamenti del regime” sulla popolazione inerme.

Ci sono anche scritti importanti sui media che ci raccontano del seguito del colpo di Stato del 1.febbraio 2020 con il quale i militari hanno ripreso il potere dopo aver  governato il Myanmar dalla sua indipendenza raggiunta nel 1948.

Non è stato un colpo di Stato indolore e non sarà senza conseguenze perché nei 10 anni precedenti il paese, pur nella sua povertà, ha assaporato la libertà sotto il governo presieduto dall’eroina Aung San Suu Kyi grazie a un minimo di modernità che l’innovazione tecnologica, il commercio estero e la possibilità di viaggiare hanno introdotto nonostante l’occhio vigile del Tatmadaw (l’esercito militare). Per  intenderci, mentre durante la dittatura pochi avevano un cellulare oggi è di diffusione maggioritaria. Lo sviluppo democratico del paese sotto la guida di Aung però ha avuto troppo successo. Il suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia ha stravinto  le ultime elezioni ottenendo un quorum tale da poter modificare la Costituzione e questo è diventato troppo pericoloso per il Tatmadaw perché Aung avrebbe potuto togliere loro i privilegi riservati. Ad esempio un quarto dei seggi in Parlamento ed alcuni dicasteri (Interno e Difesa): vantaggi chiave per detenere il potere.

L’iconica Aung San Suu Kyi

I militari hanno sempre avuto il potere economico, il controllo dell’economia: povera, ma pur sempre di un paese con più di 50 milioni di abitanti con un esercito di 300 mila militari che, si sa, sono di mano pesante. 

Come scrive Paolo Salom del CdS “in dodici mesi i  militari hanno demolito tutte le infrastrutture civili che si erano solidificate nella breve stagione della libertà: scuole, sanità, burocrazia non funzionano più sotto il rigido controllo della legge marziale”. Aung (premio Nobel per la pace, la Signora di ferro, 77 anni) ed il suo governo sono agli arresti e la lady è già stata condannata sulla base di false accuse. Di conseguenza il paese è nel caos, i servizi essenziali non funzionano ed i birmani non si sono rassegnati all’inevitabile. La repressione ha fatto più di 1000 vittime ed altri 5000 arresti oltre a molti cittadini che si sono rifugiati nella clandestinità. Offensive militari si segnalano nei territori Karen e Kayan, molti profughi sono ammassati verso i confini con la Tailandia dove 3 milioni di birmani lavorano con incarichi di basso livello. La situazione si è incancrenita e difficilmente cambierà.

Thant Myint-U, uno storico, in un saggio illuminante su Foreign Affairs scrive:”con l’incipiente rivoluzione in Myanmar cosa nascerà dopo il collasso?” Perché sebbene ci siano buone intenzioni  occidentali verso il Myanmar anche nei paesi vicini, nessuno in pratica vuole/può aiutare. L’esercito è bene armato (armi russe e cinesi), ben pagato e senza scrupoli per proteggere i privilegi che ha consolidato, ma un ritorno al passato con una dittatura stabile sembra ormai fuori portata. Scrive infatti Thant Myint-U “il colpo di Stato ha scatenato un’energia rivoluzionaria che sarà quasi impossibile contenere”.

Il destino del Myanmar è una storia triste da secoli. Sfruttato durante il periodo coloniale britannico dal ’48 del secolo scorso ha conquistato l’indipendenza. Sebbene i militari in realtà non abbiano mai smesso di combattere mantenendo il potere. Prima contro gli inglesi poi i giapponesi e successivamente dagli anni ’50 i nazionalisti cinesi ed in seguito le forze comuniste negli anni ’60, oltre che ad essere anche impegnati a contrastare le ribellioni interne.

Il paese è nato peraltro male. Ha dato fra le varie etnie il posto d’onore ai birmani buddisti e la loro cultura considerando come “paria” altre etnie, ad esempio quegli 800 mila Rohingya oggetto di discriminazioni ed addirittura di genocidio. Oggi molti di loro, centinaia di migliaia, vivono in campi profughi nel Bangladesh. Insomma, reduci dal colonialismo inglese il paese non ha avuto la  pace ed ora viaggia veloce verso un’implosione economica e, purtroppo, cosa più grave, sociale.

Cosa emergerà dal collasso? È la domanda che per ora non ha risposta.

V.Volpi