Per screditare il suo avversario politico alle presidenziali 2020, Trump voleva indagare sul fatto che Hunter Biden, figlio dell’attuale Presidente degli Stati Uniti, ex tossico dipendente e magnate, avesse degli affari su gas e petrolio in Ucraina.

Esattamente undici anni da, dal marzo 2011, Joe Biden iniziò a portare avanti la politica di avvicinamento dell’Ucraina alla Nato, per togliere potere politico ed economico alla Russia, pochi anni dopo, nel 2014, volò a Kiev per bloccare l’avanzata di Putin dalla Crimea.

Otto anni dopo, Putin annunciando l’operazione militare in Ucraina ha detto: “Non rifaremo lo stesso errore una seconda volta” riferendosi proprio allo smacco degli USA.

Sempre nel 2014, Hunter Biden fu congedato dai riservisti della Marina perché trovato positivo alla cocaina; così papà Joe lo assunse per una consulenza alla Burisma Holdings, la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina (attiva sia su gas che petrolio).

Altamente corruttibile e di poca trasparenza, l’azienda ucraina assunte Hunter con uno stipendio di 50mila dollari al mese.

Contemporaneamente, Joe Biden proseguiva la politica americana volta a far riprendere il possesso da parte dell’Ucraina di quelle zone del Donbass ora divenute Repubbliche riconosciute dalla Russia.

La zona di Donespt è infatti ritenuta ricca di giacimenti di gas non ancora esplorati, sulle quali la Burisma Holdings, ha da tempo messo gli occhi (e le mani).

Nel novembre 2017 Donald Trump sale alla Casa Bianca grazie anche al supporto della Cambridge Analytica e degli hacker russi, i quali, su ordine di Putin, secondo quanto dichiarato dalla Cia, avrebbero danneggiato l’avversaria Hillary Clinton.

Insomma, già dall’elezione del 2017 e dalla vittoria di Trump, emerse una parte di America “amica” della Russia (quella Repubblicana, di Trump) e una parte, invece, fortemente sostenitrice, per interessi dell’Ucraina, quella di Joe Biden.

Infine, durante la campagna elettorale del 2020 Donald Trump tentò di essere riconfermato, anche dimostrando, attraverso l’”Ucrainagate”, ovvero chiedendo al presidente Volodymyr Zelensky di aprire un’inchiesta nei confronti del figlio di Biden e di indagare sui rapporti di Hunter con la Burisma Holdings.

Trump telefonò a  Zelensky e gli disse che gli aiuti americani economici e militari all’Ucraina erano legati all’apertura di questa inchiesta. Zelensky rifiutò, gli aiuti furono bloccati, la guerra non scoppiò.

L’arma impiegata da Trump gli si rivoltò contro e quella telefonata portò il tycoon all’impeachment, da cui, di fatto, fu poi assolto.

Già allora Zelensky si dimostrò un brillante attore nel ruolo della vittima, pressata da Trump.

Nel dicembre 2020, Zelensky saluta l’elezione di Joe Biden a nuovo presidente degli Stati Uniti, esultando e al New York Times dichiara: “Joe Biden conosce l’Ucraina meglio del precedente presidente e aiuterà davvero a risolvere la guerra nel Donbass e a porre fine all’occupazione del nostro territorio”.

Fonti: Tgcom24; editorialedomani.it