Nel 2014 un giornalista italiano di 31 anni, Andrea Rocchelli, fu ucciso in Ucraina in un attacco deliberato delle forze armate ucraine, assieme al collega William Roguelon, che rimase gravemente ferito.

Ad Andrea Rocchelli si deve il merito di aver documentato le cause profonde dell’attuale conflitto Russia-Ucraina. Fu lui, ad esempio, a scattare la foto a tanti bambini nascosti sotto al bunker perché sopra c’erano i colpi di mortaio dei nazisti ucraini del battaglione Azov assimilati ad esercito regolare dal governo ucraino. Una realtà, quella documentata da Andrea Rocchelli, al prezzo della sua stessa vita, troppo spesso, oggi, taciuta.

Andrea seguiva iniziative di pace in diversi contesti, in Ucraina collaborava con la ong Soleterre e, per raccogliere fondi, aveva realizzato reportage, documentando la tragica realtà dei bambini malati oncologici della casa-famiglia gestita da Soleterre a Kiev.

Andrea Rocchelli infatti documentò anche, nel Donbass, la drammatica condizione degli abitanti di Sloviansk “colpevoli solo di voler vivere in pace mentre intorno a loro si scatenava una spietata guerra fratricida”, come dichiarano oggi i genitori del giovane, papà Rino Rocchelli e mamma Elisa Signori, che pur condannando “convintamente l’invasione russa in corso” e dicendosi solidali con la popolazione che la subisce”, ricordano però come il governo Zelenskj “ha proseguito nella linea scelta del precedente, negando la dinamica dei fatti ricostruita dalla magistratura italiana, mentendo e soprattutto costruendo false verità”.

Andrea Rocchelli si recò nel Donbass insieme al giornalista Andrej Mironov e al fotoreporter francese William Roguelon. Il 24 maggio del 2014, i tre giornalisti stavano documentando le condizioni dei civili che si trovavano tra il fuoco dell’esercito ucraino e le postazioni dell’artiglieria separatista filorussa.

Mentre, inermi, sostavano in prossimità di binari abbandonati, i tre uomini furono ripetutamente colpiti da armi da fuoco provenienti dalla collina occupata dalle postazioni ucraine del battaglione Azov.

Andrea Rocchelli e Andrej Mironov rimasero uccisi e William Roguelon rimase gravemente ferito insieme all’autista locale, mentre un civile di passaggio ne uscì fortunatamente illeso.

Nel maggio 2016 furono rinvenute le ultime foto scattate da Andrea Rocchelli che documentano la durata del bombardamento, la conformazione del luogo ove si trovavano le vittime e il loro abbigliamento di civili inermi.

Il tribunale italiano riconobbe che il tiro di mortaio fosse proveniente dalla parte ucraina e non fosse accidentale, ma il governo ucraino ha sempre negato.

Il 12 luglio 2019 la Corte d’Assise di Pavia ha condannato Vitaliy Markiv a 24 anni di reclusione per concorso di colpa per l’omicidio di Andy e Andrej e giudicato lo stato ucraino responsabile delle loro morti.

Il 3 novembre 2020 l’imputato è stato scagionato nel processo d’appello per insufficienza di prove a causa di un vizio di forma del processo di primo grado.

L’11 febbraio 2022, su RaiNews24, è andata in onda un’inchiesta – trasmessa da Spotlight, e anticipata da un articolo del settimanale l’espresso del 31 gennaio – condotta da tre giornalisti indipendenti, Valerio Cataldi Giuseppe Borello e Andrea Sceresini, che documentava come un disertore dell’esercito ucraino, scappato all’estero, accusando il proprio superiore, il comandante Michail Zabrodskij, dichiarava la responsabilità di questi nella morte di Rocchelli.

Oggi il comandante Zabrodskij fa il Deputato in Ucraina e cura i rapporti con l’Italia.

Nel frattempo, Rino Rocchelli ed Elisa Signori, genitori del giovane ucciso, dichiarano: “contiamo molto che l’amicizia italo-ucraina, dichiarata a parole e confermata anche nei fatti, induca l’Italia a pretendere che l’Ucraina assuma le sue responsabilità e si faccia giustizia su questo caso. Il nostro impegno è duplice: da un lato, cercare ogni possibile strada giudiziaria e politica per ottenere giustizia nei confronti dei responsabili del duplice assassinio, dall’altro valorizzare e diffondere, come in parte abbiamo cercato di fare sinora, con mostre e libri lo straordinario archivio fotografico che Andrea ci ha lasciato”.