L’Arabia Saudita ha annunciato sabato di aver applicato la pena di morte nei confronti di 81 uomini per una serie di reati legati al terrorismo, superando il numero totale di esecuzioni nel regno nell’intero anno.

I giustiziati comprendevano 73 cittadini sauditi, di prevalenza del gruppo di minoranza sciita, sette cittadini yemeniti e un cittadino siriano.

Tutti “ritenuti colpevoli di aver commesso molteplici reati atroci che hanno causato la morte di un gran numero di civili e forze dell’ordine”, ha affermato l’agenzia di stampa saudita citando una dichiarazione del ministero dell’Interno. “I crimini includono alche la promessa di fedeltà alle organizzazioni terroristiche straniere come l’ISIS, al-Qaeda e Houthi, con presenza nelle zone di conflitto”.

Avevano pianificato attacchi a siti economici vitali, o avevano preso di mira o ucciso membri delle forze di sicurezza, introducendo anche armi di contrabbando nel paese.

È stata la più grande esecuzione di massa registrata nella storia del regno saudita. Nel gennaio 2016 furono decapitati 47 persone, incluso un importante leader sciita dell’opposizione che aveva organizzato manifestazioni contro il regno saudita. Il ricco paese del Golfo ha uno dei tassi di esecuzione della pena capitale più alti al mondo, anche se durante la pandemia da coronavirus il numero era diminuito.

Le esecuzioni sono state anticipate dall’agenzia di stampa statale senza specificare come e dove sono avvenute. Agli accusati è stato concesso il diritto ad un avvocato difensore per garantire i loro pieni diritti ai sensi della legge saudita durante il processo giudiziario.

I critici del re Salman e di suo figlio, il principe ereditario Mohammed bin Salman, e vari gruppi per la difesa dei diritti umani hanno affermato che la pena capitale era ingiusta. “Il mondo dovrebbe sapere ormai che quando il principe ereditario promette una riforma, è inevitabile che seguirà uno spargimento di sangue”, ha affermato Soraya Bauwens, vicedirettrice di Reprieve, un’organizzazione senza scopo di lucro di avvocati e investigatori internazionali con sede a Londra.

Secondo gli Stati Uniti inoltre, il principe ereditario Mohammed bin Salman avrebbe ordinato nel 2018 l’uccisione del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, e ucciso centinaia di civili yemeniti in attacchi aerei.

Il principe ereditario subisce forti critiche per le sue leggi restrittive sull’espressione politica e religiosa e sull’applicazione della pena di morte, anche quando gli imputati sono minorenni. Ma Riyadh nega le accuse di violazioni dei diritti umani, affermando che continuerà ad assumere una posizione rigorosa e incrollabile contro il terrorismo e le ideologie estremiste che minacciano la stabilità del mondo intero, proteggendo la sua sicurezza nazionale secondo le proprie leggi.

Le esecuzioni di sabato hanno superato perfino il bilancio di una esecuzione di massa avvenuta nel gennaio 1980 per i 63 militanti condannati per aver sequestrato la Grande Moschea della Mecca nel 1979, il peggior attacco di sempre contro il regno e il luogo più sacro dell’Islam.

Manifestanti sciiti sono scesi in piazza nel regno del Bahrain per manifestare contro quest’ultima esecuzione saudita.