Le truppe siriane saranno affiancate dal Wagner, considerato l’esercito privato di Putin, e si scontreranno molto probabilmente col battaglione Azov, l’esercito considerato neonazista, ucraino, colpevole degli eccidi in Donbass e in Donesk, nel 2014, nato nello stesso anno, come milizia volontaria e da allora in lotta contro i separatisti filorussi.

C’è la conferma – arrivata direttamente dal capo del Cremlino, Vladimir Putin – che Mosca attingerà “miliziani da spedire sui fronti dell’Europa orientale” direttamente dalla Siria.

Putin e il ministro della Difesa Sergei Shoigu hanno dichiarato che quindicimila siriani vogliono partire volontari per “aiutare i separatisti dell’Ucraina orientale”, in funzione, chiaramente, antiamericana e antiatlantica.

Sergei Shoigu ha dichiarato che i 16mila miliziani sarebbero pronti a trasferirsi dal Medio Oriente in Donbass, da qui marcerebbero verso l’interno per conquistare l’Ucraina. L’organizzazione della società civile indipendente “Syrians for Truth and Justice” ha diffuso un rapporto che contiene testimonianze dirette sul reclutamento in atto.

Il reclutamento di “mercenari”, d’altra parte, non è nuovo a Russia e Turchia: in passato, i due Paesi mobilitarono truppe volontarie siriane in Libia e in Caucaso; anche l’Iran mobilità in Siria jihadisti sciiti iracheni, afghani, libanesi.

In Iraq, invece, il 3 gennaio 2020, gli USA uccisero il presidente Solemaini; quando gli iracheni protestarono con tanto di bandiere a stelle e strisce incendiate, l’allor presidente Trump dichiarò che il blitz con drone a Baghdad fosse stato legittimo perché Solemaini aveva “ucciso o ferito migliaia di americani” e in risposta alla dichiarazione di vendetta dell’Iraq, il Pentagono inviò altri 3500 militari in Medio Oriente.

Insomma, “l’abitudine” (tanto da parte dei repubblicani, come Trump, che dei democratici, come Biden) di instaurare una polarizzazione tra America e Medio-oriente ha portato l’altra grande potenza da sempre opposta agli USA, la Russia, per l’appunto, ad attingere soldati al pozzo dei nemici dell’America, il Medio-Oriente, per l’appunto.

Alcuni analisti ipotizzano che Putin voglia soltanto spaventare, “gettando benzina sul fuoco della retorica di guerra”, ma la Russia è presente militarmente in Siria dal 2015 ed è alleata a Damasco da un accordo strategico militare, politico e diplomatico. Il nuovo esercito sarebbe sottoposto a un addestramento su piccola scala da parte di ufficiali russi. Anche se potrebbe essere “semplice retorica”, sul canale televisivo del ministero della Difesa russo, scorrono le immagini dei combattenti in festa in attesa di partire per il fronte, mostrano i cartelli con la “Z”, simbolo dell’invasione russa. A Beirut, l’ambasciata russa avrebbe mediato con Hezbollah, per arruolare i miliziani dall’unità d’élite Radwan da mandare in Ucraina. Del resto, pochi giorni fa il numero due del gruppo libanese, Mohammad Raad, aveva criticato la posizione del governo che aveva condannato la Russia per la guerra.

Negli anni scorsi, il Presidente Bashar al Assad mantenne il proprio governo grazie al sostegno di Putin (sarà sul seggio almeno fino alle prossime elezioni del 2028). Ora non è certo se Assad sia disposto a mandare combattenti in aiuto di Putin, ma è vero che Putin potrebbe rivolgersi non all’esercito regolare di Damasco, bensì a un’organizzazione paramilitare creata negli anni scorsi da Rami Makhluf, cugino del presidente Assad, la Bustan.

Dopo che, un anno e mezzo fa, Makhluf fu estromesso dal potere, i suoi miliziani si arruolarono in altre compagini armate, combattendo a fianco del 5/o corpo d’armata siriano, organizzato e finanziato proprio dalla Russia, operativo in diversi teatri della guerra siriana.

Quello cui agognano gli ex appratenti alla Bustan è senz’altro lo stipendio che, secondo alcune voci potrebbe arrivare, da parte del Cremlino, a mille dollari al mese, per un impegno continuativo in Ucraina di sette mesi, oppure a 400 dollari al mese, senza l’impegno di rimanere a lungo al fronte. Le cifre proposte dagli uomini della Wagner ai siriani, risultano comunque enormi rispetto al costo della vita in Siria, dove uno stipendio medio è di circa 24 dollari.

Gli elenchi con i nomi dei miliziani sarebbero, secondo la “Syrians for Truth and Justice”, ancora  in fase di compilazione. Tra i miliziani ci sarebbero anche alcuni ricercati, accusati di essersi schierati con l’opposizione di Assad: a loro la Russia garantirebbe l’amnistia. Dopo 11 anni di guerra, tutti costoro avrebbero una certa esperienza militare.

Le truppe straniere saranno affiancate dal Wagner, considerato l’esercito privato di Putin, e si scontreranno molto probabilmente col battaglione Azov, l’esercito considerato neonazista, ucraino, colpevole degli eccidi in Donbass e in Donesk, nel 2014, nato nello stesso anno, come milizia volontaria e da allora in lotta contro i separatisti filorussi.