Sale a cinque il numero dei giornalisti uccisi in Ucraina, e 35 il numero dei feriti, come dichiarato dalla responsabile per i diritti umani del parlamento ucraino, Lyudmila Denisova.

Dopo l’americano Brent Renault, ucciso a Irpin, nella regione di Kiev, sono morti anche Pierre Zakrzewski, un cameraman di Fox News, la giornalista ucraina Alexandra Kuvshinova, Viktor Dudar, colpito durante i combattimenti vicino a Mykolayiv e il cameraman Yevhen Sakun ucciso in un attacco missilistico a Kiev.

Sono invece rimasti feriti il corrispondente Benjamin Hall e il britannico Ben Hall, che si trovava in un’auto che è stata colpita da una bomba; Benjamin è rimasto gravemente ferito e ha subito l’amputazione di una gamba.

Nelle prime ore del mattino, le navi russe presenti nel mar Nero hanno aperto il fuoco sulle coste di Odessa, la terza città più grande dell’Ucraina e principale porto del paese, dove sono stati lanciati razzi e sono stati sparati colpi di artiglieria.

Allo scattare dell’allarme “attacco aereo” alle 2.57 (ora locale) i civili di Odessa hanno raggiunto i rifugi, altri attacchi sono piombati a Poltava (ore 3), Dnipro (2.56) e Ivano-Frankivsk (2.54) e Leopoli (2.53).

A Kiev sono state registrate, per tutta la notte, forti esplosioni. Mariupol continua ad essere assediata, nonché colpita sia da attacchi delle navi da guerra che da raid aerei.

Le condizioni di resa, che potrebbero porre fine a questa carneficina, consistono nel fatto che l’Ucraina avrebbe dichiarato di accettare di non entrare nella Nato, esigendo, però, di riservarsi il diritto di stringere patti con singoli Paesi. Volodymyr Zelensky procrastina la pace, con nuove pretese; Vladimir Putin gli risponde con una chiusura: “L’Ucraina non mostra di voler seriamente trovare soluzioni mutualmente accettabili” dichiara. E la guerra continua.