Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal, ha esortato Mark Schneider, CEO di Nestlé SA, a riconsiderare la decisione dell’azienda di continuare a fornire alla popolazione russa beni di prima necessità come alimenti per bambini e animali domestici, aumentando così pubblicamente la pressione sulla più grande azienda alimentare del mondo, sebbene quest’ultima abbia sospeso le spedizioni di prodotti ritenuti non essenziali. Il mercato russo per la Nestlé rappresenta circa il 2% del totale del fatturato, ovvero oltre 1,7 miliardi di franchi svizzeri.

“Rifiutando di interrompere le attività commerciali in Russia, la Nestlé consente alla guerra di aggressione russa in Europa di continuare. I danni a lungo termine alla reputazione dell’azienda saranno proporzionali all’entità dei crimini di guerra russi in Ucraina”, ha affermato giovedì via Twitter il ministro degli Affari esteri ucraino Dmytro Kuleba, aggiungendo che “non è mai troppo tardi per cambiare idea”.

La Russia è stata colpita da una serie di sanzioni volte a paralizzare la sua economia in risposta all’invasione dell’Ucraina. Molte aziende, in particolar modo quelle occidentali, hanno sospeso ogni attività in Russia.

La Nestlé ha sospeso gli investimenti di capitali e ha ritirato tutte le attività pubblicitarie, continuando a vendere in Russia i prodotti alimentari considerati “essenziali” alla popolazione locale. In un comunicato, l’azienda ha fatto sapere che oltre ad essere una realtà alimentare è anche datrice di lavoro, e ha dunque una responsabilità nei confronti delle persone e degli oltre 7 mila dipendenti, la maggior parte dei quali sono locali.

“Continueremo a garantire una fornitura affidabile di prodotti alimentari sicuri ed essenziali alla popolazione russa. La nostra gamma di prodotti comprende alimenti per bambini e cereali per la colazione. Abbiamo costantemente mantenuto la rotta anche nei momenti difficili, per servire le persone che ne hanno più bisogno”, si legge nel comunicato della Nestlé.

Alcuni produttori alimentari, come PepsiCO e Unilever, hanno ridotto la loro attività in Russia mantenendo le vendite alimentari cosiddette essenziali. Altri, come l’azienda lattiero-casearia danese Arla Foods e il gruppo alimentare finlandese Fazer Group, hanno deciso di uscire dal mercato russo dopo aver sospeso le proprie esportazioni.

Un membro di spicco di Russia Unita, il partito conservatore al governo fondato da Vladimir Putin, ha proposto di nazionalizzare le fabbriche di proprietà straniera che hanno chiuso le attività con il mercato russo.

In una dichiarazione pubblicata sul sito web di Russia Unita, il segretario del consiglio generale del partito Andrei Turchak ha affermato che la chiusura delle attività è una guerra contro i cittadini russi. “Proponiamo di nazionalizzare gli impianti di produzione delle società che annunciano la loro uscita e la chiusura della produzione in Russia durante l’operazione militare speciale in Ucraina”, ha scritto Turchak che, pur considerandola una misura estrema, ha sottolineato che non si possono tollerare le pugnalate alle spalle e che la gente deve essere protetta.