Dal 4 al 24 aprile la gallerista Michela Negrini presenta le opere NFT dell’indiano Avinash Veeraraghavan fuibili attraverso gli oculus, ossia gli “occhiali” per la realtà aumentata. Esibizione mozzafiato e potente, sia per l’innovativo metodo di fruizione per le opere dell’artista in cui modernità e tradizione induista si fondono.
Della gallerista Michela Negrini hanno già parlato i più svariati giornali d’arte internazionali perché nel suo spazio espositivo, in via Dufur 1 a Lugano, sono state esposte creazioni di autori prestigiosi ma non sempre facili.
Muoversi sul crinale del limite, del sacro e del profano, tra ciò che è lecito e ciò che è proibito: le mutandine costruite con le pagine di carta del celebre romanzo Lolita dell’artista Peter Wüthrich, incastonate in una preziosa cornice di vetro all’ingresso della galleria, ci fanno intuire l’amore per ciò che è potente e pregnante di significato della Negrini. Nella sua galleria sono già state esposte le opere di personalità importanti come l’artista CANAN ( Istantbul, 1970), il brasiliano Geraldo de Barros (1923 – 1998) e molti altri.
Ma la sua attuale esposizione è quella, per la sua potenza estetica e morale, che più di qualsiasi altra destinata è a lasciare il segno sul suolo del Canton Ticino: la prima mostra di opere NFT [not fungible token] esposte mediante realtà aumentata del cantone.
L’esposizione dal titolo Stories for a city, con le opere dell’indiano Avinash Veeraraghavan
visibili ED ESPERIBILI VIRTUALMENTE grazie agli Oculus, gli occhiali per la realtà aumentata, è il travolgente ariete che sfonda il portone che unisce il nostro mondo materiale con quello del metaverso.
In termini filosofici questa mostra è in grado di spiazzarci e meravigliarci, sia per l’oggetto presentato…che per il medium con cui esso viene reso fruibile.
Le creazioni dell’artista indiano Avinash Veeraraghavan, che nei suoi collage unisce elementi religiosi induisti, critica sociale e amore sia per le tradizioni della propria amata terra che per le sperimentazioni artistiche, ci vengono date in modo tridimensionale e totalizzane grazie agli Oculus [gli occhiali per la realtà aumentata]. Le opere si animano e, mentre grazie a questo prodigio dell’informatica ci ritroviamo immersi in una splendida ambientazione onirica in cui mare e figure geometriche si alternano, ne veniamo completamente avviluppati.
Questa modalità post-estetica di fruizione dell’opera d’arte, in cui la possibilità di sentire l’opera d’arte [digitale] è ontologicamente legata al medium tecnologico e inscindibile da esso, è possente perché, a guisa d’uno psicopompo, par portare l’umanità verso al mondo ultraterreno del metaverso.
La realtà aumentata, associata al mondo dell’arte, è un prodigio della scienza capace però di toccare e destabilizzare le corde più profonde dell’anima : dopo al logos che s’è fatto carne qui si ha la sensazione che la carne inizi a farsi pixel, nel superbo e inquietante mondo digitale dato dal visore per la realtà aumentata.
Michela Negrini, grazie alla collaborazione con Metabloc.ch e BadByte per ciò che riguarda la realizzazione della bellissima scenografia virtuale 3D e la parte tecnologica, in cui si viene immersi mediante gli oculus, ha realizzato un’esposizione di grande potenza ed è stata, nella svizzera Italiana, la prima ad avere colto le possibilità del mondo digitale applicato all’arte sia in termini finanziari che di piacere dei sensi.
Liliane Tami