Morti sospette, quelle dei sette oligarchi russi deceduti da poco prima dell’inizio della guerra. Cinque di loro erano legati in qualche modo al colosso russo Gazprom, gli altri due erano comunque connessi al potere di Mosca. Il primo a perdere la vita in un suicidio alquanto sospetto è stato Leonid Shulman, un  dirigente di alto profilo di Gazpom che prima  della sua morte era stato coinvolto in alcune indagini fiscali relative alla società. Poche settimane dopo è invece deceduto  Alexander Tyulyakov, il responsabile della tesoreria del gigante del gas è stato trovato impiccato nel proprio garage. La morte che ha fatto più scalpore è stata probabilmente quella di Sergey Protosenya, ex presidente dell’azienda gas Novotek. È stato trovato anche lui impiccato nel giardino di casa sua in Spagna, mentre sua moglie e sua figlia 18enne sono state uccise a coltellate e colpi d’ascia mentre  si trovavano in casa. Bollato come un omicidio-suicidio, il tragico caso ha insospettito un po’ tutti, tra cui un altro figlio di Protosenya, Fedor, che per sua fortuna si trovava lontano da casa quando il fatto è accaduto. “Mio padre non è un assassino. Non so cosa sia accaduto quella notte, ma so che mio padre non le ha colpite”, ha commentato il ragazzo. 

La stessa sorte è toccata all’ex vicepresidente Gazprombank Vladislav Avayev, ucciso  assieme a moglie  e figlia  13enne nella sua abitazione di Mosca, e al miliardario Vasily Melnikov, anche lui trovato senza vita insieme alla sua famiglia.  

L’ultima morte, risalente  al 1 maggio è quella Andrei Krukowski, 37enne manager di un resort di proprietà di Gazprom, morto per un incidente, “cadendo da un dirupo” mentre si trovava a Sochi. Dopo una tale serie di tragici eventi,  il dubbio che  qualcosa di più sospetto stia effettivamente accadendo appare più che lecito. Il sospetto che circola sui media internazionali parla di un complotto ai danni dei magnati che non si sono allineati all’idea del presidente  russo per quanto riguarda l’invasione della vicina Ucraina. Potrebbe inoltre rappresentare un segnale preciso ad altre personalità che potrebbero voler esprimere il proprio dissenso.