Innanzitutto un commento sulle sanzioni antirusse nel rapporto Russia-Cina. Guido Santevecchi (CdS) ha pubblicato un articolo dal titolo interessante Pechino fa il pieno di petrolio russo dandoci la notizia che a maggio le importazioni di petrolio russo in Cina sono salite del 55% arrivando a quasi 2 milioni di barili al giorno. Ad aprile erano 1.5 milioni. L’aumento dipenderebbe dalla ripresa dell’economia cinese dopo il lockdown per fermare il Covid (politica zero-Covid). Il greggio viaggia con gli oleodotti siberiani, altri in costruzione, e via nave. La Cina usufruirebbe di prezzi scontati e ridurrebbe nel frattempo le importazioni dall’Arabia Saudita. Domanda: non è quindi palese che la “grande amicizia” fra Putin e Xi funzioni? E che le sanzioni occidentali siano meno pressanti quando pezzi da 90 come la Cina se ne impippano degli embarghi? La Cina a maggio ha portato nelle casse russe 7.4 miliardi di dollari, non noccioline.

Bene, ma veniamo al punto centrale a riprova che negli Usa non domini il pensiero unico come in qualche paese europeo. Molto interessante a tal proposito l’intervista di Luigi Ippolilto (CdS) con un cervello fine come Niall Ferguson, lo storico britannico autore del libro Il grande declino. Uno dei più brillanti sulla scena internazionale.

In sostanza Ferguson sostiene che la strategia di Biden di prolungare la guerra per far cadere Putin sia sbagliata e che vada rivista. Non solo, aggiunge “Se gli Usa non si impegnano per la pace, sarà impossibile”.Vediamo perché. Ci sarebbero due ragioni per pensare che la fine della guerra sia vicina ed un motivo per pensare di no. Partiamo dalla prima positiva: i russi hanno un problema, la misera performance delle loro forze e le pesanti perdite subite. La seconda ragione positiva è che Zelensky continua a segnalare la volontà di trovare un accordo basato sulla neutralità dell’Ucraina. Il punto negativo è che più passa il tempo e meno i russi saranno disposti ad accettare un ritiro totale.

Il vero problema per Ferguson è che l’amministrazione Biden si sia imbarcata in una strategia cinica, tesa a prolungare la guerra e nella convinzione che porterà ad un cambio di regime in Russia grazie alle sanzioni.Dice Ferguson “Trovo però che questa strategia sia straordinariamente rischiosa e pensata male con la conseguenza di non avere l’Amministrazione Biden coinvolta nella ricerca di una strada diplomatica. Mi sembra che le chances di scommettere sulla caduta di Putin per il futuro dell’Ucraina siano pessime perché l’Ucraina potrebbe essere distrutta a tal punto da non essere più una nazione, magari con 10 milioni di profughi. Inoltre se si minaccia Putin con un cambio di regime le probabilità che ricorra a misure disperate per evitare la sconfitta aumentano. Lui non è Saddam o Gheddafi, ha un arsenale nucleare più vasto di chiunque altro al mondo. Putin deve essere portato al tavolo dei negoziati e sfruttare il fatto che sia in difficoltà, non incoraggiandolo a prendere misure disperate”.

Lo storico ritiene che “l’Ucraina al momento abbia ottenuto una vittoria morale perché non sono stati sconfitti, ma se si aspetta ancora, l’equilibrio potrebbe spostarsi in favore della Russia con la possibilità di renderli più aggressivi nelle loro richieste territoriali”. Allo stesso tempo si augura che “non avvengano soluzioni tipo Germania e Corea con separazioni e divisioni stabili. Meglio una specie di Israele in Europa dell’Est, non membro della Nato, ma sostenuto dall’Occidente sufficientemente da scoraggiare future aggressioni”. In conclusione scrive Niall Ferguson “Occorre un’America dedicata alla pace, volitiva e propositiva, non antagonista della Russia perché la storia ci dice, oltre alle due guerre mondiali nell’Unificazione delle due Germanie, che per far finire la guerra in Bosnia l’impegno degli Stati Uniti fu fondamentale”.

Insomma, Biden deve cambiare rapidamente strategia altrimenti, tenuto conto della mollezza dell’Ue, rischiamo grosso.

V.Volpi