Francesco Pontelli, economista – Il Patto Sociale – 17 luglio 2022

La sostanziale parità tra euro e dollaro sta scatenando commenti molto spesso favorevoli legati alla conseguente svalutazione  dei nostri prodotti favorendone la loro esportazione.

L’illusione parte dal convincimento che una semplice maggiore capacità di esportazione (espressione della diminuzione del valore commerciale e non certo di una maggiore capacità produttiva) di un sistema economico possa di per sé rappresentare la soluzione alle problematiche dello stesso.

Questa linea strategica di sviluppo economico rappresenta il consueto errore che portò alla crisi finanziaria del 1992 alla quale fece seguito un prelievo forzoso del 6×1000 sui conti correnti dei cittadini italiani.

La similitudine con quel periodo, che decretò la fine della prima repubblica, nasce proprio da questa illusione la quale, oggi come allora, viene utilizzata dalla classe politica e dirigente Italiana per non mettere mano alla spesa pubblica e continuare la sua crescita inarrestabile così come dello stesso debito.

La discesa dell’euro, invece,  esprime sostanzialmente la  sfiducia, e quindi una sostanziale decrescita degli investimenti e una flessione della domanda di valuta europea del mondo finanziario nei confronti dei paesi dell’Unione europea ed in particolare verso i paesi  maggiormente industrializzati e dipendenti dal gas russo come Germania ed  Italia.

La crescita del dollaro, poi, si  avvale anche di una politica monetaria della Fed più restrittiva, quindi con tassi di interesse in crescita, il che determina una maggiore remunerazione del capitale rispetto allo scenario europeo.

Una scelta del massimo organo finanziario statunitense sostanzialmente determinato dalla diversa tipologia di inflazione la  quale, nel mercato statunitense, rappresenta le classica inflazione da domanda  e quindi l’espressione di un’economia in crescita.

Viceversa, nel caso europeo e nello specifico dell’Unione Europea, l’inflazione rappresenta una origine esogena, cioè viene importata attraverso l’escalation dei costi delle materie prime, in particolare energetiche.

Tornando, quindi, alla parità tra dollaro ed euro non risulta difficile immaginare uno scenario futuro inflattivo a doppia cifra legato alla totale assenza di una politica fiscale finalizzata ad abbassare le aliquote percentuali calcolate sul  valore nominale dei beni di consumo in costante crescita abbinata ad una continua crescita della spesa pubblica, espressione della assoluta irresponsabilità della classe politica e governativa.

Paradossalmente solo una recessione economica potrà  impedire il raggiungimento della doppia cifra inflattiva determinata dalla diminuzione sostanziale della domanda.

A questo si aggiunga l’ultima illusione legata alla percezione di una maggiore competitività del nostro Paese all’interno del mercato del turismo che lascia inalterati tutti i nodi che ne hanno in questi ultimi anni impedito la crescita della nostra economia.

In questo contesto andrebbe ricordato infatti come l’unica  dimostrazione della crescita complessiva di uno stato e della propria economia venga rappresentata dall’apprezzamento della valuta nella quale l’economia stessa viene rappresentata  e non certo  dalla sua svalutazione. La parità, quindi, tra le due valute, lasciando sostanzialmente inalterati i meccanismi di spesa così come la politica fiscale e le strategie macroeconomiche governative, determinerà semplicemente  un marginale aumento dell’export e solo se verranno affrontati i temi fiscali legati alle politiche energetiche una ricaduta positiva per l’intero sistema economico italiano.