Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che le armi fornite dall’Occidente stanno “facendo la differenza” contribuendo all’esercito di Kiev contro l’avanzata russa in Donbass (Paese da tempo conteso e a maggioranza russa). Il capo delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, ha poi che i soldati di Kiev riescono a mantenere le posizioni in Donbass grazie agli Himars — i sistemi missilistici a lunga gittata — forniti dagli Stati Uniti.  

Nel frattempo, l’Ue prepara un taglio obbligatorio dei consumi di gas in caso di emergenza sulle forniture di gas. Domani sarà presentata la nuova bozza del piano Ue per la riduzione della domanda del gas, la quale, tuttavia, ha eliminato, come riporta l’Ansa, l’obbligo per gli edifici pubblici di limitare il riscaldamento a 19 gradi e i condizionatori a 25. Peccato, un’occasione persa per il clima, per il quale potrebbero combattere in prima linea anche gli europei, senz’arma alcuna, visto che la stessa ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha dichiarato che «non possiamo rimandare la crisi del clima, perché non possiamo rimandarne le conseguenze», ma la colpa viene attribuita non agli eccessivi condizionatori e impianti di riscaldamento, quanto a Putin, che «con il suo attacco brutale all’Ucraina non ha tenuto in mente l’accelerazione dell’uscita dalla crisi climatica e la sua guerra agisce da booster sulla svolta climatica». Innegabili, le dichiarazioni della ministra, che conclude: «quella del clima non è un’altra crisi, ma una meta-crisi sovraordinata rispetto a tutte le altre, che non si lascia fermare dalle frontiere».

Se, da un lato, Putin ha contribuito alla crisi climatica con la guerra con Zelensky, dall’altra sembra “rimediare” (ironico, s’intenda) nell’obbligare l’Europa a “risparmiare” sul gas. Eloquente, a tal proposito, la sintesi di Andrea Nicastro: «Putin chiude i tubi del gas e prepara un inverno choc per l’Europa. Lo zar sa che razionamenti e freddo potrebbero dividere il fronte di sostegno all’Ucraina, quindi stop alle forniture prima che i Paesi dell’Unione abbiano costruito una vera alternativa alla sua energia. Draghi in Algeria, la presidente della Commissione Ue Von der Leyen in Azerbaigian, il presidente francese Macron negli Emirati, tutti cercano fornitori alternativi. Putin ha mesi, non anni per sfruttare il suo vantaggio. Se vuole far male deve colpire subito, tagliare il gas quest’anno, adesso, in modo che i depositi non si riempiano e le scorte bastino solo sino a gennaio. E con la mossa di Gazprom lo sta facendo».

Si guarda al Vicino Oriente, dove tra quattro mesi, a  Sharm el Sheikh, si terrà un vertice egiziano sul clima. «Dovranno esserci fatti non parole» ha aggiunto la ministra «La Germania punta a tutto gas verso la neutralità climatica», che il paese vuole raggiungere nel 2040, ha ricordato. «Noi non ci discosteremo di un centimetro dai nostri obiettivi climatici».

Anche Mario Draghi è volato nel Vicino Oriente, questa volta ad Algeri, per un motivo diverso ma correlato, con sei ministri per sancire 15 accordi con un Paese vicino ormai fondamentale per l’indipendenza energetica dalla Russia. «In questi mesi l’Algeria è diventato il primo fornitore di gas del nostro Paese», ha sottolineato il premier, che sarà tale per quanto? Mercoledì, in Senato Italico, si voterà per la fiducia.