Berna, foto Ticinolive

“Non mi sentirete mai dire “Switzerland First”. Secondo il consigliere federale ticinese Ignazio Cassis la Confederazione non deve perseguire i suoi interessi a scapito di altri Paesi. 

Alcuni bollano queste frasi semplicemente come infelici, altri pensano si tratti di un vero e proprio tradimento, altri ancora si tacciono per l’imbarazzo. Forse esistono anche degli svizzeri che le condividono. Forse. Non certo io che mi chiedo quali interessi dovrebbe perseguire la Confederazione, il Consiglio federale, il Parlamento, gli ambasciatori svizzeri nel mondo che fanno capo al Dipartimento diretto dallo stesso Cassis, se non quelli delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese? Quelli degli altri forse?

Le affermazioni del nostro ministro degli Esteri creano scalpore e mostrano la remissività di servizievoli élites che badano esclusivamente al politicamente corretto. In politica però le buone maniere da educati primi della classe non pagano sempre. In politica non si può piacere a tutti grazie ad atteggiamenti accondiscendenti e comprensivi. In politica girare impettiti in giacca e cravatta come dei maggiordomi non accresce la nostra credibilità. Perché queste attitudini e questi comportamenti sfociano spesso e volentieri in sudditanza e arrendevolezza, non certo in un’illuminata strategia diplomatica per difendere i nostri interessi.

E allora ben venga un sano e orgoglioso “Prima la Svizzera e prima gli svizzeri”. Francamente è il minimo che mi aspetto da Palazzo federale ed è ciò che a differenza del Consigliere federale liberale ticinese non temo di dire e di fare. E questo non da oggi.

Marco Chiesa, vicepresidente UDC svizzera

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LA NOSTRA PERSONALE OPINIONE. È chiaro che, muovendosi con accortezza, si potrebbero trovare dei ragionamenti atti a rendere più o meno accettabile la frase di Cassis, obiettivamente assai infelice (senza pensare a tradimenti). Ma le reazioni sono state immediate e violente (la verifica è troppo facile). La gente (molti, non stiamo a dire tutti) è furiosa e spaventata, e i due stati d’animo convivono in essa agevolmente.

Al consigliere federale chiederemmo: “Non hai tu il dovere di batterti in primis (“first”) per coloro ai quali hai domandato il voto e che ti hanno – senza unanimità ma nel rispetto di procedure democratiche – messo al governo?” “Non vengono prima (per te) degli aborigeni dell’Isola di Pasqua?”

I liberali radicali ticinesi, dietro Pelli e Caprara, hanno voluto l’elezione di Cassis – mentre la sinistra brigava per Laura Sadis, fallendo miseramente -, l’hanno ottenuta e l’hanno considerata un successo. Ma gli sviluppi sono stati meno positivi di quanto si potesse sperare (fermo restando che i politici sono sempre bersagliati da critiche).

Spiegarsi, approfondire, correggere il tiro? Cassis lo può fare? Oppure il partito, impegnato in un duro confronto elettorale?