Come sappiamo il 1.febbraio dell’anno scorso i militari del Myanmar (ex Birmania) hanno messo in atto un colpo di Stato per eliminare il governo del paese. Il verbo eliminare è voluto perché il governo, democraticamente eletto, dopo il test delle elezioni aveva vinto con numeri quasi da plebiscito. Il governo avrebbe potuto togliere i privilegi di cui i militari hanno goduto dal dopoguerra oltre al diritto ad un numero chiuso di posti in Parlamento, 3 dicasteri importanti, ma soprattutto i  privilegi economici perché  la struttura economica concede al Tatmadaw (le Forze Armate Nazionali) ampie zone di controllo dei business più redditizi del paese. Prebende vitali per i generali ed il loro seguito.

Un anno fa le elezioni, ancora una volta vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia (LND), hanno fatto traboccare il vaso facendo capire ai militari che il tempo era contro di loro e bisognava intervenire subito. La Lega Nazionale Democratica era, si può dire era, rappresentata in primis da una figura carismatica e rispettata in tutto il mondo per aver sofferto personalmente della sua libertà per la maggior parte della sua vita fra prigione ed arresti domiciliari. Sacrificio per la lotta della libertà del Myanmar. Con il colpo di Stato sia Aung San Suu Kyi che i capi del LND sono scomparsi dalla circolazione. Il popolo si è rivoltato e possiamo dire che il Myanmar è in un vero e proprio stato di guerra civile con le forze armate nazionali impegnate a combattere le milizie etniche rafforzate da migliaia di cittadini insorti contro i militari. Le vittime fra i civili si contano a migliaia e molti sono in prigione accusati di sovversione.

Le cose stanno peggiorando ed è evidente la brutalità e la cattiveria del Tatmadaw. Nelle scorse settimane sono stati giustiziati quattro attivisti per gravi atti di terrorismo e violenza nella prigione di Insein dopo un processo farsa. Non si eseguivano pene capitali dal 1988 ed è certo che altre seguiranno, atteso che presumibilmente la rivolta civile continuerà.

Incredibile le misure adottate per cattiveria contro Aung San Suu Kyi che oggi ha 77 anni, accampando scuse prefabbricate. Al momento ha già accumulato condanne per 15 anni e quindi la vedremo morire in carcere come è successo ad altri premi Nobel prima di lei. Più sconvolgente è che non ci siano state mobilitazioni, anche a livello mondiale per un simile oltraggio al pudore, alla libertà.

C’è gente che dimostra per ogni sciocchezza, ma non ce n’è uno che manifesti per un’eroina, una campionessa della libertà. Le Nazioni Unite sollecitano “una risposta forte”. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Thomas H. Andrews, sollecita: “questa azione perversa deve segnare un punto di svolta per la comunità internazionale. Cosa deve fare d’altro la giunta prima che la comunità internazionale si decida ad agire con determinazione?”.

“Le uccisioni diffuse sistematiche dei manifestanti, gli attacchi indiscriminati contro interi villaggi ed ora, l’esecuzione di leader dell’opposizione richiedono una risposta immediata e risoluta da parte degli stati membri dell’ONU (scrive Paolo Salom), ma da noi poco si legge di una delle tragedie più gravi dei nostri tempi”.

Forse all’indifferenza sfugge che il Myanmar non è su Marte, ma qui tra noi…

V.Volpi