Il titolo in prima pagina di ieri del Financial Times riportava “La Cina emerge come concorrente del Fondo Monetario Internazionale (FMI) con 33 miliardi di prestiti a nazioni in difficoltà” e continua dicendo che la Cina ha erogato nel decennio 838 miliardi di dollari in particolare per la BRI (Belt and Road Initiative), Via della Seta il che vuol dire eclissare in materia la Banca Mondiale.

Vediamo dove i prestiti si sono concentrati. In primis Pakistan (quasi una colonia cinese), Sri Lanka ed Argentina, secondo Aiddata. Gli altri paesi sostenuti includono Kenya, Venezuela, Ecuador, Angola, Laos, Suriname, Bielorussia, Egitto, Mongolia ed Ucraina. Quale sarebbe la leva che fa preferire l’appoggio cinese a quella della Banca Mondiale? Secondo FT “Pechino ha cercato di mantenere a galla questi paesi senza contropartite”, cioè contrariamente a quello che fa il Fondo Monetario i cinesi non chiedono di mettere le cose in ordine, magari con le Troike e condizioni stringenti. Diciamo meglio, i dati delle negoziazioni sono tenuti segreti a Pechino. Questo non dichiara quindi se ci siano anche condizioni di natura politica che il Fondo non impone. È comunque la conferma di come la Cina si stia muovendo nel mondo,  non sta chiusa a casa sua. Lo dimostra il recente accordo con le isole Salomone e le negoziazioni in corso in altri punti strategici nel Pacifico.

Un’altra conferma ci viene dalle recenti esercitazioni militari in Venezuela, non certamente gradite a Washington che ha nei suoi mantra la dottrina Monroe. Il Sud America è il suo giardino e deve essere indipendente, basti ricordare Cuba 1962 che quasi si concluse con un conflitto nucleare.

Per concludere con una nota un po’ comica, il racconto di una vicenda di due cinesi incriminati.

Si tratta di due personaggi arrestati nel 2020 in Thailandia, estradati negli Usa e settimana scorsa apparsi di fronte alla Corte Distrettuale di New York con l’accusa di riciclaggio di denaro e di corruzione internazionale. Sono passibili di pene fino a 25 anni. I due sono Cary Yan e Gina Zhou. Avrebbero corrotto dirigenti statali nelle isole Marshall indipendenti dagli Usa. Hanno lavorato negli anni scorsi per staccare uno degli atolli, quello di Rongelap per farlo diventare uno Stato semi indipendente. Il che significa pro Cina sotto il loro controllo.

La Presidente Hilda Heine nel 2018 ha scoperto il complotto e lo ha denunciato punendo i corrotti che si erano prestati al gioco. Santevecchi sul Corsera ha titolato “I due cinesi che volevano farsi Re nell’atollo del Pacifico”.

Perché le Marshall sono anche importanti per Pechino? Perché sono uno dei 14 Stati che riconoscono Taiwan, guarda caso.., ma questo non distrarrà l’attenzione cinese sui punti strategici del Pacifico con Kiribati, Vanuatu Tonga e Salomone.

Occhio ai movimenti, non sempre così ovvi e visibili e comprensibili!

V. Volpi