Esplode l’isteria. Oltre la realtà fattuale, dopo la vittoria di Giorgia Meloni, sono subito comparsi quegli articoli di quel genere che, diciamocelo, se avesse vinto ancora una volta la sinistra, non sarebbero apparsi mai. Per intenderci, stiamo parlando di quelle riflessioni moraliste, più da blog o da diario personale, che del taglio giornalistico hanno assai poco.

Addirittura Linkiesta intitola: “Allacciamoci le cinture, lei è Giorgia, donna, post fascista, prossima premier”. Clemente, insomma.

In molti, lanciano l’allarme: la prima dona premier, dicono, è una post-fascista. Una calda e una fredda, insomma, una buona e una cattiva: l’Italia ha, per la prima volta nella storia, un premier donna. Sì, ma è fascista. Ma ne siamo proprio sicuri?

Per esempio, l’Huffpost intitola “Cara Giorgia, ero già orgogliosa di essere italiana” e continua “Mi ha colpito, come a tanti, che stanotte, nel tuo discorso da sacrosanta vincitrice, hai menzionato “persone che non ci sono più ma meritavano di vedere questa nottata”. Mi auguro che non fossero certi cari estinti che mi sono venuti in mente”. Ora, chiunque abbia un minimo di coscienza politica, sa bene che, nella militanza, e molte persone si sentono unite nel seguire il proprio ideale, giusto o sbagliato che sia (ma esiste forse un ideale “giusto” o “sbagliato”? E chi siamo noi, per giudicarlo?). Pertanto, con ogni probabilità, Giorgia Meloni si riferiva ai militanti di FdI morti anzitempo (prematuramente o no). È usuale, quando in un partito muore qualche militante storico, che al momento della vittoria, il capolista dedichi la vincita all’estinto. E, con tutta onestà, piaccia o non piaccia la Meloni (ma non sarebbe meglio aspettare di vedere cosa farà, prima di giudicare?), non penso proprio che si riferisse a Benito Mussolini.

Tuttavia, prepariamoci agli articoli di critica; eh no, non stiamo parlando di Kant, bensì di quei monologhi vagamente culturali (che apparvero già appena fu eletto Donald Trump, prima di ogni qualsiasi sua azione) e che non giudicano l’operato degli eletti, bensì la loro persona. E così via, a qualsiasi, infondata e ridicola critica (dal fondotinta arancione di The Donald, al come beveva l’acqua dal bicchiere – con due mani, anziché una, orrore! n.d.r.): esattamente lo stesso capiterà a Giorgia Meloni. Cosa che, con Biden non era accaduto mai (poco importa i suoi intrallazzi poco onesti con suo figlio Hunter e l’Ucraina) e nemmeno con Conte o con Di Maio (poco importa la totale assenza di cultura).

Così, al di là dei fatti, sinistri articoli giudicano la persona anziché i provvedimenti, l’aspetto anziché le azioni, il pensiero, ancor prima che questo diventi azione.

Al contrario, elogiano persino i sospiri di vincitori che, pur non avendo ancora mosso un dito, hanno il pregio di pensarla come loro.