Un talento che ha innovato ogni forma d’arte sperimentata, “uno dei principali generatori di idee creative e aura spirituale generale dell’epoca”, seguendo la definizione di Olga Sviblova. Al generatore di arte, Aleksandr Rodchenko, è dedicata la monografica che verrà inaugurata il 26 febbraio al Lac da Olga Sviblova, curatrice della mostra in collaborazione con Guido Comis, curatore del Museo d’arte della Svizzera italiana.
Direttrice del Museo delle Arti multimediali di Mosca, ex Casa della fotografia da lei stessa fondata nel 1996, Sviblova è stata anche responsabile del Padiglione russo all’Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia. Considerata la zarina della cultura russa, ha partecipato a più di 2.500 progetti nel campo della fotografia e dell’arte contemporanea, in Russia e anche all’estero. Esperta delle avanguardie, ha curato oltre 500 mostre di artisti russi.
Per l’esposizione di Lugano, ha selezionato 316 opere tra fotografie, manifesti, poster e dipinti. Rodchenko infatti era noto per il suo slogan “Il nostro dovere è quello di sperimentare”. E lui non si risparmiò mai in nessuna forma di sperimentazione, portando il pensiero concettuale nella fotografia e il costruttivismo nell’arte. Seguendo un percorso di forte indipendenza intellettuale.
“L’arte è a servizio della gente, ma la gente è guidata chissà dove. Voglio portare la gente all’arte, non usare l’arte per portare da qualche parte. Sono nato troppo presto o troppo tardi? L’arte deve essere separata dalla politica…”. Così scriveva nel suo diario il 12 febbraio 1943.
Fu tra i fondatori del Lef, il Fronte di sinistra delle Arti, organizzazione nata con lo scopo di innovare le arti nel periodo della nascita dello Stato socialista. Tanta creatività era professata nella rivista omonima, diretta da Majakovskij, le cui copertine erano affidate proprio a Rodchenko, maestro del fotocollage. Mentre gli artisti dell’epoca si adeguavano al realismo socialista, Rodchenko e gli altri avanguardisti offrivano all’arte innumerevoli vie di cambiamento.
Fu creativo al punto da essere isolato e censurato dal regime eppure, quando si dedicò alla fotografia di propaganda, persino in quel caso seppe innovare, come mostrano gli scatti del Canale Mar Bianco-Mar Baltico dove l’intento celebrativo del progetto si trasformò nella testimonianza di un’impresa discutibile. Contrasti, linee diagonali, prospettive insolite, sono la firma di tutte le sue opere che grazie a questa mostra ci porgeranno nuovi punti di vista. Della sua energia creativa e del suo rapporto con il potere, così conclude Olga Sviblova nel catalogo della mostra: “Negli ultimi anni della sua vita, tradito da amici e allievi, privato del diritto di lavorare e guadagnarsi da vivere o partecipare alle mostre, espulso dall’Unione degli Artisti, e in pessime condizioni di salute, Alexander Rodchenko è stato comunque un uomo molto fortunato. Aveva una famiglia: la sua amica e compagna Varvara Stepanova, la figlia Varvara Rodchenko e il marito Nikolai Lavrentiev, suo nipote Alexander Lavrentiev e la sua famiglia, un nucleo piccolo ma molto affiatato, carico di energia creativa. Se non fosse stato per questa famiglia, il primo museo fotografico russo, la Casa della Fotografia di Mosca, non sarebbe mai esistito. Nella casa di Rodchenko, insieme alla sua famiglia, abbiamo scoperto e studiato la storia della fotografia russa, che sarebbe impensabile senza Alexander Mikhailovich Rodchenko”.
Fondazione IAC