Può l’odio essere studiato nella sua multiforme essenza? È quanto avvenuto al corso di formazione filosofica “Pensare la vita”, diretto da Ferruccio Andolfi e dedicato- nella sua dodicesima edizione al tema “L’odio e i suoi antidoti”.

Scrive il direttore Andolfi che, se la natura umana sia di per sé buona o malvagia è una domanda che non può avere risposta. Come, infatti, la presenza nel mondo di persone buone avvalorerebbe la tesi della bontà insita nella natura umana, è altrettanto vero che “è altrettanto incontestabile” la realtà”dei peggiori orrori” commessi anche (e soprattutto) nella storia più recente. Prosegue Andolfi: “percorsi di vita che per ragioni psicologiche personali o per la gravità degli eventi, privati e pubblici, a cui si è stati esposti” restano refrattari alla fiducia che “l’umanità diventi migliore”, rappresentando, anzi, “quote di infelicità dolorosa e forse non redimibile, e un ostacolo al diffondersi della fiducia. Il massimo impegno dovrebbe essere impiegato da parte delle persone fiduciose per sostenere chi si trova schiacciato da tali forme di infelicità.”

Per questo, l’odio, la monotematica da cui si sono diramate plurime e baluginanti strade di riflessioni filosofiche, antropologiche e sociologiche, è parsa quest’anno quantomai attuale e, allo stesso tempo, purtroppo sempiterna.

Se, infatti, l’odio è atemporale, avendo attraversato tutte le epoche storiche ed avendone tinto di sangue tutti gli stipiti – dalle guerre civili dell’antichità ai totalitarismi novecenteschi -, atemporali sono anche i suoi antidoti, dall’antimilitarismo al pacifismo, dalla concezione di “guerra giusta” alla legittimità di “odiare gli odiatori” o, meglio, combatterli.

Nell’Invidia e l’odio Plutarco scriveva – appurando una sagace distinzione – che l’odio, talvolta, può essere inteso come “giusto” se provato nei confronti di persone malvagie. Allo stesso modo, Silvano Allasia, ha parlato di “Usi virtuosi e viziosi dell’odio ai tempi degli haters e dei crimini d’odio”, titolo del penultimo incontro della rassegna.

Nella Summa Theologiae, San Tommaso sanciva il concetto di guerra giusta e/o legittima, mentre Francisco De Vitoria si premuniva di regolare lo ius in bello, ovvero le regole che permettevano ad una guerra di svolgersi in modo legittimo, leale e proporzionale: su questi temi ha riflettuto Marco Geuna, nel terzultimo incontro dal titolo Limitare la guerra? Una storia di tentativi e di fallimenti, nel quale ha individuato, da un lato, l’ipocrisia della “guerra umanitaria”, finalizzata a considerare legittimi conflitti armati volti – nominalmente –  a migliorare le condizioni di popolazioni oppresse dai loro governanti – senza però curarsi a priori del regime da istituire a posteriori, dall’altro lato il calpestio delle convenzioni di lealtà belliche, avvenuto, ad esempio, attraverso l’uso di armi chimiche e gas tossici, tanto dai tedeschi a Caporetto, quanto dagli italiani in Etiopia.

La rassegna di incontri filosofici, promossa dall’Associazione culturale La Ginestra e patrocinata dall’Università di Parma ha così scandito – ogni lunedì, dalle ore 18, presso Palazzo del Governatore in Piazza Garibaldi – una serie di pensieri sull’odio.

Dalla fine della calura estiva agli albori dei primi freddi invernali, ovvero dal 10 ottobre al 5 dicembre, la rassegna ha permesso agli uditori di comprendere e meditare sull’odio – che in quest’epoca regna sovrano nei discorsi (basti pensare agli haters che circolano quotidianamente in rete) tanto quanto nelle azioni.

Inaugurata lunedì 10 ottobre presso il Cinema Astra, con una lezione di Fulvia De Luise, dal titolo La hybris degli antichi – Sopraffazione politica e negazione dell’altro, la rassegna, proseguita presso Palazzo del Governatore con il sostegno del Comune di Parma e con il patrocinio di numerosi enti locali e regionali, è proseguita riscuotendo un successo partecipativo di un pubblico sempre maggiore – al punto da occupare l’intera sala del Palazzo.

Se, da un lato, può risultare sorprendente come da un’iniziativa monotematica, possa svilupparsi una pluralità direzionale meditativa, dall’altro sono proprio queste molteplici strade di pensiero a permettere all’uditorio di riflettere sulla gravosa importanza del rancore in un’epoca – la nostra – che, grazie alle scoperte scientifiche e ai progressi sociali, dovrebbe, almeno antropologicamente, aver accantonato guerre e battaglie; ma il condizionale è d’obbligo: perché proprio quando l’apparenza porta al palesarsi del progresso, la repressione è dietro l’angolo. Volenti o nolenti, l’odio sembra essere alla base delle dispute sociali e non solo. Proseguita infatti con Prima viene l’odio…, lezione tenuta da Simona Argentieri e moderata dal Direttore Ferruccio Andolfi, la rassegna ha indagato l’evoluzione antropologica dell’odio, con una lezione dal titolo Dall’età dei diritti all’età dell’odio, tenuta da Emanuele Russo, per poi interrogarsi se l’odio – così onnipresente ai nostri giorni, nelle reti dei social network, così come sugli spalti della politica –  fosse prerogativa anche degli antichi, attraverso gli incontri Compassione nel mondo antico?, e Odio, compassione e natura umana, tenuti rispettivamente da Linda Napolitano Valditara e dal Direttore Ferruccio Andolfi assieme ad Alberto Siclari. “ho sopportato quello che al mondo nessun altro mortale, / di portare la mano alla bocca dell’uccisore di mio figlio” dice infatti nell’Iliade, Canto XXIV, Priamo ad Achille, supplicando l’assassino di Ettore di restituirgli il corpo martoriato del proprio figlio, come ha ricordato Linda Napolitano Valditara dimostrando come già Omero individuasse in un gesto straziante, “nell’umiltà indifesa di Priamo”, la più alta forma di humanitas prerogativa dell’uomo e come successivamente Platone indicasse nel motivo della ridiscesa del filosofo alla caverna, nel celebre mito allegorico ed epesegetico, la compassione per il genere umano ancora “incatenato” all’oscurità del sapere e dei sentimenti; allo stesso modo, come Aristotele avesse indagato i moti dell’animo umano, spaziando dall’indagine semantica dalla pietà all’ira, dalla mitezza al rancore.

Infine, ha concluso la rassegna l’indagine, moderata da Maria Candida Ghidini, su uno degli antidoti all’odio, la memoria, per l’appunto, emersa grazie all’intervento di Sergej Bondarenko e Nikita Lomakin, due storici dell’associazione Memorial Internazionale. L’incontro, dal titolo “L’ultima parola contro l’odio”, ha voluto essere non solo ma anche una preziosa testimonianza nella società russa, poiché l’associazione – che si occupa di trascrivere l’ultima parola offerta dai tribunali della Federazione Russa ai condannati, fondata in Russia da Andrej Sacharov nel 1989 (e poi chiusa) ma attiva anche altrove, è stata recentemente insignita del Premio Nobel per la Pace 2022.

Il corso è stato un’occasione per professori, studenti o profani di accostarsi alla filosofia con spirito critico e sguardo contemporaneo, perché attraverso la fondazione nel passato è parso possibile riaccendere una fiammella per il presente e per il futuro. Il corso “Pensare la vita” ha infatti sempre cercato di mantenere un rapporto con le problematiche urgenti del momento storico, scegliendo di dedicare la propria monotematica annuale, quest’anno, all’odio, contrastato con pacifismo, compassione, perdono e, talvolta, la guerra giusta. Un tema dalle molte e complesse sfaccettature che, sviscerato, può far germogliare riflessioni ancestrali e moderne al contempo, nonché pensieri: proprio il pensiero, alla fine, risulta essere il più forte scudo, eretto con dignità, di contro alla follia distruttiva e autodistruttiva della degenerazione del rancore.