Credo che a ognuno di noi sia capitato di chiedersi, cosa si intenda in senso ampio con la definizione “gender”.

2019

La teoria del gender è un neologismo nato in ambito cattolico negli anni novanta del XX secolo per riferirsi in modo critico agli studi di genere. Coloro che fanno uso di questa espressione sostengono che gli studi di genere nasconderebbero in fondo un progetto predefinito, mirante alla distruzione della famiglia e di un eventuale “ordine naturale”, su cui fondare la società.

Questa presunta “teoria”, di volta in volta presentata come filosofia progressista, teoria sociologica o ideologia tendenzialmente di sinistra, affermerebbe che non esiste alcuna differenza tra uomini e donne e che il proprio sesso si può scegliere e variare ogni volta che si vuole. Si mescolano così concetti propri della teoria “queer” (il genere come costrutto sociale), della sociologia costruzionista (i ruoli sociali), del femminismo (l’uguaglianza tra uomo e donna), e degli studi sul transessualismo (la differenza tra identità di genere e sesso biologico), finendo per creare un sistema unitario che, in realtà, non è propugnato o difeso da nessuno degli ambiti di ricerca appena citati.

Negli ambienti accademici, il riferimento ad una “teoria” strutturata in questo modo, quando non addirittura ad una “ideologia gender”, è generalmente considerato un tipico argomento di comodo.
Ma quanti “gender” ci sono?

Tempo fa, facebook, il più grande condominio del mondo, ha annunciato di voler concedere ai suoi iscritti la possibilità di definire i propri gusti sessuali tra 56 !!!tipi di gender. Uomo e donna sono categorie démodé. Viviamo nell’era della complicazione sessuale. Ce n’è per tutti i gusti e pure per tutti i disgusti. Dai pangender (pansessuali) ai transessuali, declinati in tutte le salse possibili, dai classici bisessuali agli angelici neutrois, che sarebbero dei senza sesso. E poi ci sono gli indecisi, i genderfluid, quelli che a seconda dei giorni sono un po’ di qua e un po’ di là. Ma basta fare una ricognizione in rete per scoprire che le categorie dei gender non sono 56, ma sono infinite. Una selva di neologismi costruiti in modo sartoriale per i più svariati gusti sessuali. Anche LGBT, che sembra un virus ma in realtà è la sigla sotto la quale vengono difesi i diritti arcobaleno, non va già più bene. In Canada hanno elaborato LGBTTIQQ2SA, che non è un codice fiscale, ma un acronimo per rappresentare la comunità di “lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, transgender, intersex, queer, questioning, two-spirited e alleati”, qualunque cosa questa sfilza di parole incomprensibili voglia dire, tutto in nome del “gender”.

Mi si conceda una sonora risata. Non si ha di meglio da fare? Mi viene il dubbio che tutto ciò sia solo il frutto di una galoppante fantasia sessuale. Tra altro, per chi se lo fosse scordato, i generi sono due, uomo e donna, benché gli orientamenti o disorientamenti sessuali possano essere molteplici.

In una società dominata dall’efficienza, dai grandi capitali, dalle infinite possibilità di spostamento, dalla precarietà, le “concessioni di fantasie sessuali” mi sembrano un pretesto per giustificare la spersonalizzazione delle pedine vaganti sulla scacchiera del mercato di lavoro globalizzato, che anni fa si potevano ancora definire individui con una propria identità. Al mondialismo non servono strutture socialmente stabili come la famiglia, lo Stato sovrano, le comunità di cittadini ancora pensanti. Alla globalizzazione servono numeri, uomini-merce da utilizzare secondo gli scopi dei signori apolidi del potere economico.

Concludo con una riflessione del filosofo Diego Fusaro,  con cui concordo:

“In luogo dei popoli radicati e con memoria storica, con identità culturale e con memoria dei conflitti di classe e delle conquiste sociali, avremo una massa di schiavi post-identitari e senza coscienza di classe, umiliati e disposti a tutto.”Lasciamoli credere che siano liberi, concedendo loro piaceri futili e “pieni di vuoto.

Candida Mammoliti, candidata al Gran Consiglio sulla lista “Più Donne”