“Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce”
Impazzisce di luce questo dipinto di Ivo Soldini, Nel giallo, proprio come racconta Eugenio Montale nella poesia tratta da Ossi di seppia. Un uomo, al centro. Una figura solida, resistente, imponente. Ma non solitaria. Non potrebbe essere solo quell’uomo. Non ci sarebbe tanta luce, altrimenti. Al suo fianco un’altra figura, dalle linee più morbide, ci ricorda che la robustezza di un uomo non è nulla se al suo fianco non c’è la sensibilità di una donna.
È un dipinto che appartiene agli anni Settanta, periodo in cui maggiormente il luganese Ivo Soldini si dedica alla pittura. Assai vicine alla tendenza neoespressionista, le sue opere pittoriche mettono al centro la figura umana rappresentata con colori molto accesi e pennellata vigorosa. Dal 1975, anno in cui dipinge Nel giallo (poi ripreso nel 2005), parallelamente alla pittura, Soldini si dedica alla scultura. Prima di piccolo e medio formato, poi passa a dimensioni monumentali, tipo di opere su cui si concentra particolarmente la sua attività più recente.
Che sia pittura o scultura, la sua ricerca pone l’uomo al centro, soffermandosi su una indagine introspettiva, psicologica. Le sue Figure inclinate mostrano la precarietà dell’uomo, quelle Verticali resistono, i Gruppi invece interrogano sulla condizione sociale. La profondità dell’analisi psicologica si riflette nella profondità del segno: la forte gestualità in pittura, le incisive striature nelle superfici scultoree e nelle grandi Teste senza volto.
Se le sculture dell’artista ticinese si contraddistinguono per una potentissima espressività, non di meno si può dire del dipinto in oggetto. Qui è il giallo ad esprimere, un colore vitale che diviene chiave di interpretazione dell’opera. Il giallo, colore primario, come il rosso che a tratti infuoca l’uomo raffigurato al centro. Il giallo del sole, dell’oro, del grano maturo, il giallo di un girasole impazzito di luce. Nell’antica Grecia, era proprio il colore dei “pazzi”, che così dovevano vestirsi per essere riconoscibili. In cromoterapia i bagni di luce gialla aumentano la concentrazione e l’apprendimento, regolano il battito cardiaco e la pressione. Nella tradizione Yoga il terzo chakra, corrispondente al sole, è legato alle attività dell’intelletto.
Tradizionalmente, è simbolo di luce, fiamma, collegamento. Nell’iconografia, è Cristo, “luce del mondo”. In alcune culture, è lo Sposalizio. All’alba di ogni nuovo giorno, la luce ci sveglia, ci spinge ad alzarci, a muoverci, ad andare verso l’altro, unirci di un amore fecondo, intellettuale. Così nell’opera di Soldini dove uomo e donna sono spinti l’uno verso l’altro, con una presa di coscienza saggia e vitale. Questa energia è rappresentata da una gestualità potente, fatta di pennellate istintive e spatolate violente. L’uomo al centro, fiero nella sua posizione, prova a resistere alle spinte centrifughe: una verso l’alto, l’altra verso sinistra. La composizione sarebbe stata sbilanciata se non fosse stato per quella figura femminile. Ed è significativo che Soldini scelga non un colore, non un elemento qualunque, ma una donna a ridare equilibrio.
-Lo dicono secoli di filosofia che a lungo ha analizzato la teoria degli opposti. Il bianco e il nero, lo yin e lo yang, il positivo e il negativo. L’uomo e la donna. Affermava Carl Jung che il Sé è costituito da un seme del suo opposto, un archetipo. Nell’uomo si chiama Anima, nella donna Animus. È solo conoscendo, e riconoscendo, l’opposto dentro di noi che possiamo metterci in relazione con l’altro da noi. Una relazione che non generi conflitto ma compensazione, equilibrio. Gli opposti nella psiche e gli opposti nella vita. L’amore è insieme gioia e sofferenza. Non esiste infatti dono che non sia al tempo stesso sacrificio. Offrirsi presuppone sempre la necessità di una rinuncia. “Il vecchio Eraclito, che era veramente un grande saggio, ha scoperto la più portentosa di tutte le leggi psicologiche, cioè la funzione regolatrice dei contrari. L’ha definita enantiodromia, il convergere l’uno verso l’altro, con la qual cosa intendeva che tutto sfocia nel suo contrario” (Jung, La psicologia dei processi inconsci, 1917).
Nataliya Shtey Gilardoni