“La verità è che non c’è una verità sul cambiamento climatico”

immagine Wiki commons (da Pixabay, Kenueone)

La meteorologia è una scienza affascinante e relativamente giovane. Prevedere il comportamento delle leggi fisiche che governano la natura, è una delle più grandi sfide dell’umanità, perché ancora oggi, malgrado la tecnologica, non si è riusciti a prevedere, eventi meteorologici con largo anticipo. Il fatto che si è spesso impreparati, davanti ad eventi inaspettati, ne è la dimostrazione. I modelli matematici si sono evoluti, grazie alla statistica, alla capillarità delle misurazioni e all’ausilio dei satelliti, che osservano in tempo reale, i movimenti dei fronti perturbati. Ma le previsioni del tempo a una settimana, rimangono a tutt’oggi, inattendibili. Diventano affidabili, a soli tre giorni dall’evento.

Il perché, è abbastanza intuitivo. I modelli, si basano sull’esperienza del passato e tracciano, rispetto alla media delle probabilità, la possibile evoluzione. La loro inaffidabilità nel lungo termine è dovuta dall’insieme di variabili, che ogni volta, rendono diversi, gli  eventi del passato, da quelli del futuro. Da un campo di alta pressione spostato più ad est o a ovest, all’orografia del territorio, fino ad arrivare, ai contrasti termici, che rendono più o meno significativo, un avvenimento. Quante volte, le previsioni stagionali emesse dal NOAA, (National Oceanic and Atmospheric Administration), l’agenzia federale statunitense, che si occupa di oceanografia e meteorologia a livello globale, si sono rivelate inesatte? Molte. Non certo per incompetenza, piuttosto, per la natura caotica del sistema atmosferico.

Al di là dell’imprevedibilità, la questione meteorologica, è tornata prepotentemente alla ribalta, con il dibattito sul riscaldamento climatico globale. E’ ormai acclarato, che la temperatura sia aumentata, dalle prime misurazioni di fine Ottocento, e le conseguenze, sono davanti ai nostri occhi, inutile negarlo. Ma come si può affermare, che la temperatura possa ulteriormente aumentare, se non riusciamo ancora a prevedere il tempo che farà tra una settimana? Possiamo fare una previsione, ma non possiamo darla per certa, per verità assoluta. Eppure, l’evoluzione del global warming e dei suoi catastrofici effetti, vengono dati per certi, senza possibilità di dubbio. Un recente studio, apparso su Nature, esamina ad esempio, un’altra variante fondamentale del clima sul pianeta, l’attività del sole. Oltre all’influenza degli oceani, come risulta da questa ricerca, del GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research, di Kiel.

Secondo i dati ufficiali, sappiamo quale sia il nostro contributo alle emissioni di gas serra e sappiamo anche quali siano i Paesi maggiormente coinvolti (Cina per un 27% e Usa per un 15%), stando alle statistiche di Our World in Data. Sappiamo inoltre, quali siano le cento aziende che contribuirebbero al 70%, delle emissioni globali, secondo il CDP Carbon Majors Report del 2017. Dunque, se tutto è già chiaro, perché ci si muove così lentamente? Quanto impiegherebbero i Paesi in via di sviluppo, a riconvertire le proprie economie, prima che la temperatura arrivi a un punto di non ritorno? Qualcosa non quadra.

La verità è che non c’è una verità sul cambiamento climatico. Il dibattito è stato estremizzato tra sostenitori e oppositori del global warming, senza che vi sia stato un reale confronto scientifico. Dietro questa guerra, che ha inquinato una ragionevole discussione, si muovono dinamiche politiche ed economiche.  L’esempio più calzante, ce lo danno gli Stati Uniti, dove i negazionisti del riscaldamento globale, trovano il supporto della destra conservatrice e delle lobbies petrolifere e  viceversa. Si, viceversa, perché dietro all’attuale transizione verde, si mescolano vecchie ideologie di sinistra (ormai radical chic), nuovi interessi economici (vedi elettrico-eolico-solare) e finanza.

Un rinnovamento economico globale, travestito da nuova ecologia, che con la stessa logica del profitto, vede mutare il proprio modello di business, traendo vantaggio dai sinceri (ma ingenui) appelli di Greta, per oliare il consenso, verso la transizione energetica. Nulla di nuovo sotto il sole.  A tal proposito, vale forse la pena, per alcuni aspetti, dare un’occhiata a una video-conferenza TED, tenuta dal documentarista francese, Guillaume Pitron, dal titolo: Métaux rares: la face cachée de la transition énergétique, sull’estrazione delle materie prime, necessarie alla produzione di cellulari, di pale eloliche e di pannelli solari.

Anche la finanza, fa la sua parte. Un’analisi di Simon Wilde, research fellow presso la London Imperial College Business School, dal titolo: Green finance? Why global banks are pledging billions to fight climate change, “Finanza verde? Perché le banche mondiali impegnano miliardi per combattere il cambiamento climatico”, conferma il crescente afflusso di denaro pubblico e privato, verso il finanziamento dell’economia sostenibile. Dati e modalità, confermate anche dal sito del World Economic Forum, in un recente articolo del presidente della Banca Europea degli Investimenti, Werner Hoyer, dal titolo: Without private finance, there will be no green transition. Here is what needs to happen.

Insomma, una rivoluzione contro i potenti, sponsorizzata dagli stessi potenti. Cara Greta, non andare a scuola, non è una buona idea. Studio, curiosità e spirito critico, sono i nostri unici antidoti, contro il dominio del pensiero unico.

Friedrich Magnani