Intervista a Simona Bellini

Abbiamo visitato alcuni giorni fa alla galleria “il Torchio” di Balerna la mostra “Nature silenziose” di Simona Bellini e Luca Ferrario (fotografo d’arte).

La bella mostra è aperta sino a domenica 3 ottobre, ogni giorno 14-18 o su appuntamento 079 601 69 18. Gli artisti saranno presenti nel weekend.

Un’intervista di Francesco De Maria.

Nature Silenziose Bellini Ferrario Torchio
Simona Bellini e Luca Ferrario

Francesco De Maria Incominciamo dalla mostra. Tra la sua arte e quella di Luca Ferrario c’è un particolare legame? Il titolo “Nature silenziose” l’avete scelto insieme?

Simona Bellini Il legame che accomuna il nostro lavoro credo stia nell’attenzione ai dettagli, nella cura del lavoro e nella ripetizione dei piccoli gesti. Siamo entrambi ancora legati ad un concetto di forma, di equilibrio, di spazi vuoti e pieni, di geometrie e anche di estetica. Per quanto riguarda il titolo dell’esposizione, con Luca inizialmente abbiamo discusso diversi titoli. Ricordo il primissimo titolo che era “Nell’ombra”, pensando ai neri profondi delle sue fotografie e ai grigi che ne emergono. Ma poi nel mentre io lavoravo alle mie ceramiche e nel mentre si delineava l’idea di creare un’ambientazione legata ai giardini zen, luogo di pace, silenzio e riflessione, Luca ha pensato all’importanza di usare la parola silenzio che a me è piaciuta molto. Silenzio di cui in questo periodo globalmente caotico sento personalmente sempre di più il bisogno. Tutto quello che rappresentiamo nell’esposizione è natura, e lo spazio cosi allestito riporta al silenzio e quindi “Nature silenziose” ci è sembrato il titolo più azzeccato.

Mi parli dell’arte e della tecnica della ceramica. Mi descriva, passo dopo passo, come avviene la creazione di un’opera.

Innanzitutto ci vuole l’idea, l’ispirazione o forse meglio l’intenzione, il desiderio di voler raccontare qualcosa. A volte è anche la materia che suggerisce il percorso e il lavoro si trasforma quasi magicamente tra le mani. La lavorazione dell’argilla fresca è molto piacevole. L’argilla è un materiale morbido, facilmente malleabile, piacevole da avere tra le dita. È anche un conduttore di elettricità e ha davvero proprietà calmanti.

La ceramica è un mondo tutto suo, pieno di alchimia e di cose da imparare. Credo non basti una vita intera per sperimentare tutto…Da un lato la sua lavorazione si puo dire quasi invariata rispetto ai lontani tempi del Neolitico. Certo oggi abbiamo forni più performanti, abbiamo l’elettricità, ma per certe tecniche la ceramica si cuoce ancora in buchi nella terra e con la legna, proprio come si faceva migliaia di anni fa. Il mondo cambia e diventa sempre più veloce, ma la lavorazione della ceramica resta legata ai ritmi naturali dell’esistenza stessa. Il procedimento è lento. La ceramica non è un’arte immediata. Per arrivare al prodotto finito a volte ci vogliono diversi passaggi. Bisogna realizzare il pezzo, lo si può levigare prima che sia secco, poi bisogna dargli il tempo di asciugare con calma, senza stressare l’argilla per evitare fessure e/o rotture. Dopo di che avviene la prima cottura, detta cottura biscotto a circa 940°C, poi l’applicazione degli smalti, che io in realtà utilizzo poco previlegiando gli ossidi puri o i fumi, e infine la seconda cottura alla temperatura massima che l’argilla utilizzata può sopportare.  Per alcuni lavori presenti in questa esposizione ho dovuto fare addirittura tre cotture prima di arrivare al lavoro finito, in quanto ho voluto applicare l’oro 24 k in alcune zone di certe opere e questo ha comportato un’ulteriore cottura. Bisogna quindi avere pazienza nella lavorazione della ceramica, non bisogna certo avere fretta. Sembra quasi utopico ai nostri tempi. Per me diventa un modo di stare al mondo, diventa tempo sospeso, diventa meditazione. Lavorare l’argilla per me è essere nel mio centro, nel mio luogo di pace.

Simona Bellini con Arminio Sciolli, direttore del centro culturale “il Rivellino Leonardo da Vinci”

Con quali altri materiali lavora?

Per opere di dimensioni più importanti ho usato spesso la Jesmonite, una resina acrilica atossica che mi permette di lavorare sculture di più grandi dimensioni senza la problematica della cottura che la ceramica invece comporta. La ceramica resta comunque il mio materiale privilegiato, è terra, e la sento dentro, fa parte della natura e alla natura mi riporta.

Quanto tempo ha impiegato per realizzare le opere in mostra?

Ho iniziato a lavorare alle opere presenti all’esposizione all’inizio del 2020 fino a fine estate 2021, quindi ho impiegato circa un anno e mezzo per realizzare tutti i pezzi. Ovviamente ne ho realizzati anche altri che hanno fatto parte del percorso di ricerca sia formale che texturale del momento per arrivare ai risultati esposti qui.                                  

Lei è figlia d’arte. Quanto ha influenzato questo fatto la sua arte?

Da mio padre Paolo Bellini ho imparato molto, in particolare la costanza e la disciplina nel lavorare. Sono nata in un ambiente creativo e credo che questo mi abbia condizionata fin dall’inizio. Mi sono ritrovata dell’argilla in mano già da piccolissima e ho sempre amato lavorare con le mani. Oggi condivido una parte di atelier con lui a Tremona, in uno spazioso ex caseificio circondato dal verde, dove le nostre opere dialogano, si guardano, nelle loro grandi diversità formali. Ho sempre lavorato ad un mio linguaggio formale-poetico distinto dal suo, dovevo farlo, non potevo certo essere una sua copia o un suo prolungamento. E questa cosa è avvenuta in modo fluido, senza sforzo, perché malgrado abbiamo un forte legame affettivo e condividiamo lo stesso pensiero su molte cose, siamo due persone molto diverse e ci esprimiamo artisticamente in modi molto distinti tra loro.

Quanto è importante per un artista appoggiarsi a una galleria?

Immagino che per lavorare ad un certo livello possa essere molto importante avere una galleria a cui appoggiarsi e che ti promuova regolarmente. Ma anche in questi contesti bisogna trovare il giusto equilibrio, non bisogna farsi sopraffare poi dalle esigenze e richieste della galleria perché magari questo può andare poi a compromettere il lavoro di ricerca dell’artista. Io comunque non ho una galleria che mi rappresenti, ma è certamente un’esperienza che mi piacerebbe fare. Ammetto che dedico poco tempo per andare a promuovere il mio lavoro nelle gallerie, in quanto prediligo dedicare il mio tempo al lavoro in atelier, soprattutto perché già divido il mio tempo tra il lavoro in atelier e quello di insegnante al TASIS. Ho esposto e espongo regolarmente in svariate gallerie, spazi pubblici patrocinati da Dicasteri cultura di diversi comuni e spazi privati. Ho esposto in passato anche all’estero, in particolare in Italia e negli Stati Uniti in California, grazie alla mia decennale collaborazione con il Cal Poly di San Luis Obispo in California.

Quindi lei è anche una docente, insegna al TASIS, The American School In Switzerland a Montagnola. Mi descriva questa parte della sua vita professionale.

Il TASIS è una scuola internazionale che ospita circa 800 ragazzi di ben 57 nazionalità diverse. Nel campus la lingua ufficiale è l’inglese e le lezioni sono tenute in inglese. C’è poi anche una sezione italiana per permettere ai ragazzi di apprendere la lingua del territorio in cui vivono. Molti studenti vivono quindi a scuola e noi docenti diventiamo qualcosa di più che non solo persone che insegnano loro delle nozioni, diventiamo parte delle loro vite quotidiane e spesso condividiamo le loro emozioni, sofferenze e problematiche di crescita che gli aiutiamo ad affrontare. Io insegno Arte visiva e credo che questo sia un momento speciale e privilegiato per i ragazzi, oggi molto coinvolti nel mondo digitale e tecnologico. Nella mia materia si riappropriano dell’utilizzo delle loro mani e vengono sollecitati ad usare la loro creatività. Quello dell’insegnante è un lavoro impegnativo, che richiede molta energia e che dev’essere fatto con piacere e passione, altrimenti non ha nessun senso di essere. I ragazzi sono svegli e ricettivi, sentono subito se stai bene con loro e questo li porta a lavorare con maggior impegno. Sentono la tua passione verso la materia e da questa passione vengono influenzati e nutriti. I ragazzi sono come spugne, si impregnano di ciò che gli passiamo, ed è una responsabilità grande dedicargli del tempo di qualità con dei valori veri sia per quanto riguarda il lavoro che la vita stessa. Meritano, in quanto giovani, di ricevere il meglio dai loro insegnanti con i quali passano molto tempo delle loro giornate. Per me unire insegnamento e lavoro in atelier è un “challenge” che oggi posso dire mi ha aiutato molto sia ad ottimizzare i tempi sia a trovare i giusti equilibri. Quando poi sono in atelier nella mia calma e nel mio silenzio, forse lo apprezzo ancora di più, visto che a scuola c’è molta energia e movimento attorno a me e alle mie lezioni.

Quali sono i suoi rapporti con il Rivellino e con Arminio Sciolli?

Arminio e Paolo Sciolli, e già da prima il loro padre, sono cari amici di famiglia. Sono persone squisite alle quali sono prima di tutto legata affettivamente. Sono molto attenti e impegnati nella piazza culturale sia in Ticino che all’estero. Da tempo parliamo di una mia esposizione al Rivellino, e la prossima primavera presenterò alcuni lavori recenti da loro. Inoltre hanno appena concluso l’esposizione realizzata con gli artisti della Lituania, e stanno lavorando alla realizzazione di una mostra di artisti ticinesi in Lituania dove sarò presente anch’io.

Come si vive, da artista della ceramica nel Ticino?

La ceramica ancora non è molto valorizzata qui da noi in Ticino, malgrado a livello internazionale la “Contemporary ceramic” sta crescendo sempre di più. Qui ho l’impressione che ancora sia considerato un materiale di secondo livello, ma sono fiduciosa che anche da noi le cose cambieranno. È un materiale fantastico, dalle mille possibilità e risorse. Essere artista in Ticino non è facilissimo e penso sia necessario esporre anche fuori dal nostro territorio per ampliare le proprie prospettive di lavoro.

Negli ultimi anni ho avuto il privilegio di collaborare con L’Ente Regionale per lo Sviluppo del Mendrisiotto e Basso Ceresio per l’ideazione del progetto di Riqualifica e Valorizzazione delle Antiche Fornaci di Riva San Vitale. Un progetto che ha visto ampi consensi sia a livello Comunale che Cantonale e che spero possa prendere vita nei prossimi anni proprio per diventare un importante centro di lavoro, incontro e scambio per il mondo della ceramica contemporanea, in cui si vengano a creare collaborazioni anche con gli altri cantoni svizzeri e con l’estero.

Esclusiva di Ticinolive