All’occasione di avvenimenti, scandali che scuotono l’opinione pubblica è opportuno lasciar passare qualche tempo per evitare giudizi affrettati figli di reazioni emotive e di informazioni incomplete. Con le mani nella marmellata sono stati trovati alcuni parlamentari e assistenti del Parlamento europeo appartenenti alla sinistra. Una pacchia per gli avversari politici e, diciamocelo, con lo spocchioso ritornello della (presunta) superiorità morale i movimenti di sinistra se la sono cercata. Anche il sospetto di un mondo nella sinistra che simpatizza per movimenti palestinesi e meno preoccupato per l’immigrazione islamica, mi sembra esagerato. Ora abbandoniamo pregiudizi, cecità e fantasie ideologiche come pure le meschinità e i colpi bassi tra avversari politici per dire subito che la genia dei farabutti è una delle diverse del genere umano e si annida nella società indipendentemente da colori e scelte politiche.

Eva Kaili – al centro del Qatargate

Nel  Qatargate il vero scandalo, al di là di giudizi  non lusinghieri su persone e associazioni (ONG), riguarda il Parlamento europeo e ne mette in evidenza la fragilità istituzionale, la dubbia utilità funzionale e l’assoluta assenza di controllo democratico. La fragilità discende da un’elezione caratterizzata da assenteismi preoccupanti (oltre il 70% in qualche Paese) che testimoniano il disinteresse dei cittadini, il fatto che le campagne elettorali nei singoli Stati sono una specie di grandi manovre perle elezioni nazionali e non trattano temi europei. Ne esce un Parlamento senza avere radici popolari dove si costituiscono famiglie politiche abbastanza confuse. Dal punto di vista funzionale e dell’autorevolezza purtroppo tra gli eletti abbondano i premiati per fine carriera o perché non rieletti o che non hanno trovato spazio nei consessi dei propri Paesi. Incarico ben remunerato con 9.386,29 curo al mese.

Che tra gli elettivi sia chi nutre risentimenti e cerca di riscattarsi e mettersi in vista (o farsi una posizione economica tipo Panzeri) è inevitabile. Il numero dei parlamentarle di 705, non certo pochi con relativi problemi perla snellezza delle procedure. Ma il numero inganna se si dimenticano gli assistenti che sembrerebbero essere addirittura più numerosi degli eletti. Qualche dubbio sulla necessità di tali assistenti, visto che gli eletti sono sostanzialmente politici di professione, è lecito, le conferme talvolta macroscopiche. Esempio: una deputata comasca di Forza Italia per non staccarsi dalla madre l’ha nominata sua assistente parlamentare con gli emolumenti di competenza.

Non è certo l’unico caso di abuso per queste funzioni e relative prebende. Ma come mai il mal costume è diffuso? Per mancanza di controllo democratico, quello che in modo più o meno efficiente esiste nelle singole nazioni grazie anche alla funzione dei media. La classe dei politici di professione – come tutte le organizzazioni corporative – disponendo di potere è portata a concedersi privilegi, frutto anche di una sopravalutazione autoreferenziale delle proprie attività. Un pericolo per ogni democrazia rappresentativa e che crea una frattura tra l’élite politica e il Paese reale. A vero dire qualche tentativo di sorveglianza c’è stato.

L’autore dell’articolo – Tito Tettamanti

Anni fa un deputato socialista austriaco indignato aveva portato l e prove fotografiche della diffusa abitudine dei parlamentari al venerdì mattina di firmare il registro delle presenze e poi, senza neppure entrare in aula, dirigersi all’aeroporto per rientrare in Patria. Conseguenza: è stato espulso dalla frazione socialista.

Che a Bruxelles i controlli non siano troppo graditi, e ciò vale per ogni forma di potere che non ama venir criticato e men che meno venir preso in fallo, non deve per nulla stupire. Sintomatico quanto è successo nei primi anni del 2000. Tra le numerose autorità europee vi è la <<Corte dei revisori», il cui compito è la sorveglianza dell’uso corretto dei mezzi (sono miliardi) a disposizione dell’UE. Per 14 anni la Corte si è rifiutata di firmare il rapporto di revisione che doveva attestare ta le correttezza, tanto era il disordine amministrativo contabile.

In una simile circostanza qualsiasi società privata sarebbe fallita. La Commissione, resasi conto dell’insostenibilità della situazione, ha nominato una capo contabile per mettere ordine. Appena nominata cominciarono le raccomandazioni all’interessata di non esagerare con il rigore, seguite da pressioni che le consigliavano di non fare la fanatica e talvolta chiudere un occhio, finché l’incaricata si è dimessa non ritenendo di poter eseguire con professionalità e indipendenza il suo mandato. Si trattava della signora Marta Andreasen che al proposito ha scritto un libro. Dove ci sono tanti soldi, pochi controlli e talvolta scontri di potere- attualmente pare che la presidente della Commissione europea Ursula vonderLeyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel non si rivolgano la parola – vi è terreno fertile perla comizione. Il danno reputazione per il Parlamento europeo e indirettamente anche per le altre istituzioni dell’UE è stato pesante.

Il costosissimo stadio del Qatar (ad altissimo danno ambientale)

Auguriamoci che il Qatargate stimoli a migliorare democratici controlli su Parlamento e parlamentari, unitamente ai più o meno necessari assistenti. Se così fosse, come pensavano i latini, gli scandali possono avere una loro utilità.