Un intrigo, una profezia, un amore proibito che ne impedisce un altrettanto proibito. Romanzo ottocentesco, Romanzo sociale, la Certosa di Parma è questo, e molto altro.

Il giovane Fabrizio, frutto di una relazione adulterina della madre con un generale bonapartista, dopo l’estraniata sua Waterloo, fugge dall’austriacante Lombardia, per raggiungere la zia putativa a Parma, la duchessa Sanseverina, amante del severo ma non temerario Conte Mosca. Quivi si adempirà la profezia rivelatagli dal suo precettore d’infanzia, l’abate Blanès. Imprigionato per un assassinio, nella Cittadella di Parma, (che tanto però somiglia a Castel Sant’Angelo di Roma, e alle sue prigioni) Fabrizio viene liberato grazie a Clelia, la figlia del suo carceriere, amante platonica ricambiata da Fabrizio e grazie alla duchessa Sanseverina, la quale, come una Fedra ottocentesca, è innamorata del nipote. Ma il governo altrettanto severo (ed immaginario) del principe Ranuccio Ernesto IV e gli intrighi di corte renderanno ancora lungo il peregrinare del vitale protagonista, che contro la sua volontà, e per volere quasi morboso della zia, ha intrapreso la carriera ecclesiastica.  E la Certosa? Reale ed estraniato rifugio di un eroe che ha finito la sua eroica vita.

Balzac scrisse che il conte Mosca fosse la parodia del ministro austriaco Metternich.

Forse ho ragion di credere che Ranuccio Ernesto IV sia dunque la parodia di Francesco IV, duca di Modena. D’altra parte, la somiglianza non è solo nel genealogico del nome, ma anche nella personalità ferrea e severa del duca di Modena (storia) e del duca di Parma (fiction letteraria.) Inoltre, risaputo e consolidato, emerge dal romanzo il bonapartismo di Stendhal, ed il suo essere fortemente anti-austriaco. Quindi, potrebbe essere.

Vero è che mille son le congetture che un lettore storicamente attento potrebbe farsi sul romanzo, ed è altrettanto vero che un parmigiano non potrebbe mai leggerlo senza un certo disappunto. Ovvero: quando il romanzo si apre nell’idillica corte del viceré Eugenio, per poi proseguire con Waterloo e successivamente il Congresso di Vienna, il lettore parmigiano si aspetta normalmente che nella sua Parma del XIX secolo, ci sia il buon governo illuminato dell’ancor amatissima e ricordata duchessa Maria Luisa d’Austria. Invece no. Stendhal gioca uno scherzo al suo lettore, tradendolo e piazzando un dispotico ed immaginario principe che porta il nome del famoso duca cinquecentesco, Ranuccio Farnese, ma che è volontariamente trasportato nel suo secolo, l’Ottocento, ad intendere, nella sua velata polemica anti-tirannica, che nulla, dal ‘500, era cambiato.

E poi Fabrizio, che velatamente interpreta un’altra figura del ‘500, questa volta romano, ma comunque farnesiano: il cardinal Alessandro Farnese, che di religioso aveva solo il titolo, e forse l’intrigante fascino. Quello, non mancava, dato che sedusse una nobildonna a Parigi, dalla quale ebbe una figlia, Clelia.

Clelia! la stessa dolce donna angelicata, che nel romanzo di Stendhal, s’innamora di Fabrizio. Lo scrittore francese che tanto amò l’Italia ebbe certo familiarità coi personaggi cinquecenteschi, con i loro nomi e con le loro analogie traslate nel suo ottocento.

Curioso sarebbe conoscere chi sia il personaggio storico che si celi dietro la Sanseverina. Non dovrebbe impossibile saperlo.

La Certosa di Parma è un bel romanzo. E nonostante la costante ironia sociale e la parodia storica, il concetto è quello che è di base a tutti i romanzi intensi, che trasmutino l’ideale nella realtà: gli amori più belli sono quelli che finiscono male (Clelia e Fabrizio), o che non iniziano neppure (Fabrizio e la duchessa Sanseverina). Sia pur per incostanza, ingenuità, o cospirazione per colpa dell’amore stesso (la calcolatrice Sanseverina si attua perché Clelia sposi un altro uomo.) . Nella letteratura, s’intende. E soltanto in essa, forse.

(Lo stesso valga per l’aulico Guerra e Pace, per l’epica greca e i poemi cavallereschi.)

Chantal Fantuzzi

la certosa

Nella locandina l’austriaca Maria Casares interpreta la duchessa Sanseverina, nel film del 1948.

cleliaNella fiction italiana Fabrizio (Rodrigo Giurao Diaz) incontra per la prima volta Clelia, interpretata dall’italiana Alessandra Mastronardi.