A Napoli, il 14 dicembre 2012, si è tenuta la VII giornata di studi INU ( Istituto Nazionale Urbanistica) dal titolo La città sobria. Questo allettante titolo vorrebbe essere il manifesto per l’urbanistica del futuro e, a guisa delle sirene che incantano i marinai, attrae chi non si è saldamente legato all’albero maestro. La città sobria incorpora tutte le (presunte) qualità ecofriendly ed high tech della smart city, unendole però ad una visione filosofica più socializzante. A prima vista questo concetto è bello come il volto e il busto di una sirena che emerge dai flutti: l’analisi profonda, però, ne mette in luce il viscido corpo da squalo.
Servono casette mono/bifamiliari e non alveari di cemento. No a periferie sovraffollate e valli vuote!
Il Partito Socialista vuole impegnarsi per rendere Lugano una “Città sobria”, ossia promuovendo uno sviluppo verticale più green e a misura d’uomo. I casermoni popolari di periferia, che piacciono tanto alla sinistra, sebbene vengano rallegrati da piste ciclabili, orticelli urbani, ateliers e spazi condivisi, a lungo termine, sono estremamente svantaggiosi: ciò che serve al Ticino non è una Cornaredo di palazzoni in cui stipare la gente, bensì una Lugano non eccessivamente popolosa al fine di garantire una diffusione omogenea della popolazione su tutto il territorio del cantone, comprese le valli.
Giuliano Bignasca era stato lungimirante: già decenni addietro si era reso conto dell’importanza di introdurre il BAU STOP, ossia il divieto di costruire nuovi edifici per preservare il verde, arginare la piaga degli alloggi sfitti e migliorare la qualità di vita di tutti. Le famiglie svizzere vogliono casette con giardino: le ammucchiate di cemento alte 15 piani lasciamole ai nostalgici della Russia Sovietica….
La città sobria, concetto che può adattarsi alle grandi metropoli mondiali, in cui per decine e decine di chilometri pianeggianti vi sono ammassati edifici, non ha motivo di esistere in una realtà piccola e geograficamente irregolare come il Canton Ticino.
Lugano non è Hanoi, capitale del Vietnam con 7 milioni e mezzo di abitanti: tra il centro città e le pendici boscose del Monte Bré vi è una distanza, per fortuna, di soli dieci minuti a piedi. Non vi è quindi la necessità di, come vorrebbe la candidata per il Municipio di Lugano Cristina Zanini, diminuire la distanza tra le singole abitazioni. Anzi! I piani regolatori dovrebbero quanto più possibile limitare le costruzioni in altezza, al fine di non aumentare il numero di appartamenti sfitti.
Sul territorio del luganese vi sono già troppe case senza inquilini: abbattere dei casermoni popolari per costruirvi delle graziose villette mono o bifamiliari con ampio giardino consentirebbe di rivalutare gli immobili già esistenti e di aumentare la qualità di vita d’insieme. Ovviamente chi si arricchisce costruendo edifici residenziali non ha il minimo interesse a perdere denaro avendo meno inquilini che pagano l’affitto…ma la qualità di vita e la bellezza dell’intero cantone ce ne guadagnerebbe.
“Città Sobria” socialista vs Neourbanesimo di Léon Krier
Lugano, dopo la perdita del segreto bancario, ha cessato di essere una città attrattiva per questioni finanziarie e, come evidenziano le statistiche, è già in atto il suo depopolamento: inutile quindi costruire ancora nuovi edifici.
Siccome il settore terziario è in perdita, e il covid ne ha aggravato il tracollo, la società per forza di cose dovrà ritrovare la sua forza in quello primario e quello secondario. In futuro, quindi – complice la crisi economica- potrebbe esserci una migrazione dei cittadini disoccupati verso le campagne. La città, quindi, può cominciare a ragionare maggiormente in termini di qualità e non solo di quantità numerica dei contribuenti.
Il concetto di Città Sobria è pericoloso perché rende gradevole, con l’uso istituzionalizzato del guerrilla gardening e degli spazi comunitari, ciò che in realtà rischia, molto facilmente, di cascare nel mediocre. O, peggio ancora, nella legittimazione estetica della costruzione di casermoni popolari in stile sovietico, rabberciati però dalla presenza di fiorellini, biciclette e ateliers condivisi. Inoltre la città sobria vuole limitare gli spostamenti incentivando la vicinanza tra abitazioni: ciò significa legittimare la costruzione verticale, piaga che dagli anni ’60 ha già abbastanza imbruttito Lugano. Una svizzera con 10milioni di abitanti stipati in appartamenti perderebbe sicuramente la sua qualità di vita. Per un futuro migliore bisogna puntare alla qualità:
– preservare le case mono o bifamiliari che già ci sono
-mettere dei chiari limiti all’edificazione in altezza
-evitare l’imperialismo dell’edificazione privata
– ristrutturare i rustici rendendoli case d’abitazione primaria
– mantenere bassa la densità della popolazione in periferia (non vogliamo slums e suburre come il bronx)
–mantenere coerenza e separazione edile per le diverse funzioni: case per vivere, centri welness per rilassarsi, centri commerciali per fare la spesa…no ai giganti in vetro e cemento con tutto incluso!
La zona che si estende da Molino Nuovo sino a Cornaredo è ghiotta per tanti imprenditori, che vi vorrebbero costruire edifici residenziali altissimi per lucrare quanto più possibile su ogni singolo millimetro quadrato. Rendere la periferia di Lugano un’ammucchiata di appartamenti non è però un bene per la collettività, perché si andrebbe ad aumentare eccessivamente la densità demografica in una singola area a discapito della stessa e che di ciò che vi è attorno. Dove l’indice di densità della popolazione è troppo alto si vanno a creare, inevitabilmente, degli squilibri sociali e antropologici: si sa che le periferie piene di casermoni popolari attirano criminalità. Inoltre la presenza di troppi edifici residenziali attorno a Lugano danneggerebbe le valli: una giovane coppia di 25 anni, anziché vivere pagando un affitto di 1000 franchi al mese stando in una bella villetta con 4 stanze e giardino in Capriasca, si sentirebbe motivata a spendere la stessa cifra per andare in un triste monolocale scrostato vicino allo stadio con vista su kebabberia.
È questa la Svizzera che vogliamo? Lugano deve diventare come New York?
I Verdi e i Rossi dovranno arginare i danni degli eccessi edilizi piantando fiorellini tra i grattacieli del Bronx di Molino Nuovo?
Il Neourbanesimo è la teoria dell’architetto Léon Krier, secondo cui è importante mantenere un’armonia d’insieme nelle città. Il suo libro L’Armonia architettonica degli insediamenti è ricco di spiegazioni e di illustrazioni molto chiare che spiegano come evitare di rendere le città tristi termitai con palazzoni di vetro e cemento. Per un’urbanistica buona e sana serve equilibrio tra edifici pubblici e privati: grattacieli multifunzionali e colossi supermoderni alti 45 metri non sono utili a nessuno, se non a chi si incassa gli affitti arricchendosi ancora di più.
Inoltre il neourbanesimo parla anche dell’importanza filosofica di mantenere chiara e ben distinta la funzione degli edifici, in modo da non creare inutile caos. Le case private, ad esempio, servono per accogliere le persone e farle vivere quanto più serenamente possibile. Un edificio che mischia troppe funzioni disorienta. Ha senso, quindi, edificare meravigliosi castelli in cristallo dove vi sono appartamenti per super-ricchi, piscine, negozi, bar e centri wellness? Lugano non è Dubai, che sorge nel deserto: la famiglia ricca non cerca il palazzone di vetro con piscina e sala concerti integrata, bensì la bella villa monofamiliare in collina, a 20 minuti dal centro in auto, dove può godere di silenzio e discrezione.
Restiamo umani: Introduciamo il Bau-stop (limite edilizio), cerchiamo di costruire villette per famiglie e promuoviamo una densità di popolazione omogenea in tutto il cantone, senza valli vuote e periferie strapiene.
Liliane Tami, candidata UDC al municipio di Capriasca