Clinica Sant’Anna. “Un terzo dei Ticinesi è nato qui”
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Già lo scorso autunno ci eravamo ripromessi un’intervista, che però non si è fatta subito. La direttrice della Clinica Sant’Anna è una persona estremamente occupata, e anch’io (nel mio piccolo) non scherzo. Anzi, per la verità faccio sin troppo.
La medicina – il sapere, le tecniche, le innovazioni, le strutture, i soldi (per forza, anche loro) – è un tema fondamentale nella società umana. Il peso della medicina nel discorso e nel contenzioso politico è grande. Tutti i partiti hanno – meglio: dicono di avere – la loro ricetta.
È stato molto interessante parlare di medicina con Michela Pfyffer. Senza dimenticare la politica perché . non dimentichiamolo – desidera essere eletta!
Un’intervista di Francesco De Maria, del febbraio 2019.
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Francesco De Maria Come mai ha deciso di candidarsi per il Gran Consiglio?
Michela Pfyffer Essendo attiva ormai da più di dieci anni in ambito sanitario, ho avuto molteplici occasioni di interfacciarmi con i politici e mi sono resa conto di quanto le mie competenze potessero essere utili al mondo della politica. Mi sono quindi messa a disposizione del partito che meglio rappresenta i valori che difendo: la libertà, la coesione e il progresso.
Come ha organizzato la sua campagna? Ha composto un suo staff? Che cosa pensa dei portali e dei social in funzione elettorale?
La mia campagna è iniziata dal momento in cui sono diventata “candidata alla candidatura“ ovvero un anno fa e ho effettivamente la fortuna di essere sostenuta da un ottimo gruppo di lavoro: 5 persone, che rappresentano tutte le fasce d’età e che mettono le loro competenza a disposizione della mia candidatura. La nostra decisione è stata sì, di essere presenti sul web, con un sito e delle pagine sui social, ma solo ed esclusivamente con dei contenuti che permettano agli elettori di conoscere meglio le mie idee. Pubblico regolarmente degli articoli sul mio blog , dei video sul mio sito e ho lanciato Michintervista , un programma settimanale in cui, ogni mercoledì, intervisto un cittadino ticinese. Quello che non faccio, semplicemente perché non mi rappresenta, è andare a caccia di selfies da postare. Credo che la comunicazione digitale sia interessante e importante ma credo altrettanto che non potrà mai sostituirsi ai rapporti e alle relazioni umane. Perciò, partecipo volentieri a incontri, dibattiti e comizi… ma senza esagerare! Non voglio stravolgere il mio modo di essere in tempo di campagna elettorale … voglio che gli elettori mi conoscano per quella che sono e che sarò anche dopo il 7 aprile… comunque vada … solo cosi, la fiducia di chi vorrà concedermela, sarà ben riposta.
Anche lei pensa che il PLR abbia troppo poche donne in lista?
Molto francamente sono più interessata alle competenze di ognuno che alle questioni di genere. Sono fermamente convinta, però, che le donne abbiano le stesse competenze degli uomini e che una complementarità di visioni sia fondamentale a livello decisionale. In teoria, non ci sarebbe nessun motivo per avere una differenza di rappresentanza, se non una questione culturale che, lo spero, sparirà con l’evoluzione della società. Non solo il PLR, ma la politica in generale ha bisogno di più competenze, e sono quelle, più che il mio “essere donna” che voglio portare in Gran Consiglio.
Lei dirige una clinica importante. Ci parli del suo lavoro, delle sue soddisfazioni e delle sue difficoltà.
Il mio lavoro è fatto innanzitutto di rapporti umani, con i pazienti sia nei momenti più felici della loro vita sia nei momenti più difficili, con le loro famiglie, con il personale che le cura e con i medici, che da noi lavorano quali liberi professionisti. Le più grandi soddisfazioni le abbiamo, parlo al plurale perché è sempre un lavoro di squadra, quando ci rendiamo conto di aver generato delle emozioni positive, sia con un piccolo e semplice gesto, sia in una situazione molto complessa e difficile. Le difficoltà provengono appunto del fatto che abbiamo costantemente a che fare con le emozioni, ma l’empatia ci aiuta tantissimo a far fronte.
Una domanda obbligata: i costi della salute. Sono un problema insolubile? L’iniziativa del PPD (in corso) può essere una soluzione? Se no, perché?
Non credo ai problemi insolubili. L’aumento dei costi è un problema che va risolto, ma lo sottolineo, è un problema complesso e per affrontarlo ci vogliono solide competenze da un lato e una grande determinazione – e non solo in periodo elettorale – dall’altro. L’iniziativa del PPD può rappresentare un primo passo, ma le idee esposte (la revisione del prezzo dei farmaci, il passaggio all’ambulatoriale e la cartella informatizzata) non sono nuove. A mio modo di vedere la premessa essenziale per contenere i costi della salute è che tutti gli attori siano responsabilizzati e che – insieme – facciano lo stesso sforzo anziché puntare il dito una volta su uno e una volta sull’altro. Assicuratori, aziende farmaceutiche, laboratori, venditori di apparecchiature mediche, medici, strutture sanitarie, stato, politica e anche i pazienti, devono collaborare per creare delle condizioni eque per una sanità di qualità e sostenibile. Con questo, sono sicura che le soluzioni si troveranno, in particolare in un Cantone come il nostro dove il premio LAMal è del 10% superiore alla media Svizzera.
Nel 1994 abbiamo avuto la Lamal. Sono passati 25 anni. Vorrei pregarla di valutare i risultati ottenuti da questa legge. Per quanti anni ancora si potrà continuare con la Lamal (prima che il sistema esploda… provocazione mia)?
Come dice lei, sono passati 25 anni e piuttosto che di fare un bilancio sui vantaggi e gli svantaggi della LAMal, vorrei ricordare che, malgrado le difficoltà che conosciamo, molti altri Paesi ci invidiano per la qualità del nostro sistema sanitario. Il mondo cambia, i prossimi 25 anni saranno ben diversi da quelli passati, e dobbiamo adattarci continuamente a questi cambiamenti. La LAMal e, a maggior ragione, la nostra Legge Cantonale di applicazione della LAMal (LCAMal), dovranno probabilmente evolvere per adattarsi al nuovo contesto. L’unico principio che vorrei rimasee immutato, per me essenziale, è quello che mette sullo stesso piano la qualità e l’economicità delle cure.
La “battaglia del Cardiocentro” è in corso, il prof. Moccetti ha lanciato il suo “piano B” (l’iniziativa). Chi ha più ragione? Chi vincerà?
Le battaglie purtroppo hanno un costo e non vorrei che a pagarlo fossero i pazienti. Gli unici a vincere devono essere loro.
Quali prospettive sussistono in ordine allo sviluppo di alti studi in medicina nel nostro Cantone?
Credo che il nuovo Master in medicina dell’USI sia un primo passo che ci permetterà di capire quali sono, ragionevolmente ma anche con ambizione, i passi successivi. Il nostro cantone avrà bisogno di più medici, in particolare dei medici di famiglia ed è chiaro che sarebbe ideale, come per altre competenze in ambito medico, poterli formare noi. Quello che si sta facendo va secondo me nella direzione giusta.
Quanto è importante per un ospedale privato il rapporto con la politica?
Esattamente come per un ospedale pubblico, quando si è sulla lista ospedaliera cantonale come la clinica che dirigo. Lo stato decide, tramite la pianificazione, quali sono le specializzazioni che possiamo offrire e quali no e in che misura. L’iniziativa popolare del 2016 per la modifica della LEOC è stata ampiamente dibattuta a livello politico e il no ha avuto un forte impatto non solo sui progetti dell’EOC ma anche sulla Clinica Sant’Anna con la quale si stava per costruire un’unica maternità – anziché due – a Lugano. Era un modello di partenariato pubblico-privato futuristico che sarebbe appunto andato nel senso del continuo miglioramento della qualità e dell’economicità delle cure. La complementarità della sanità pubblica e privata è a mio parere una realtà e continuare ad ignorarla è anacronistico. Solo con una visione globale del sistema sanitario, che sostituisce “la politica dei principi “ a quella “delle opportunità”, si potranno fare le giuste scelte.
La Clinica che lei dirige (nella quale anch’io sono nato) con quali modalità gestisce la sua comunicazione? E come si difende dagli attacchi della stampa? (ne ha subiti)
Come detto prima, la comunicazione è innanzitutto un’attitudine, una disponibilità e un’apertura ai rapporti interpersonali. Apriamo la porta a eventi organizzati da esterni come recentemente il Teddy Bear che mette a confronto i bambini delle scuole con gli studenti in medicina in una struttura che ha visto nascere oltre a lei circa un terzo della popolazione ticinese. Organizziamo eventi, conferenze pubbliche o mediche e comunichiamo anche sui social per informare il pubblico di quello che accade da noi e quale è la nostra offerta. La stampa gioca il suo ruolo e cerchiamo di rispondere sempre alle domande che ci vengono poste in modo oggettivo per dare al pubblico l’informazione giusta e veritiera. Effettivamente la clinica ha subito attacchi negli ultimi anni, come tante altre strutture sanitarie, nel nostro cantone e al di là. Le critiche costruttive, da parte di tutti, quindi non solo della stampa, sono sempre benvenute e utili per crescere e migliorare. Cosa diversa le sterili polemiche o le strumentalizzazioni di notizie che a mio parere sono inutili e dannose.
Lei conosce paesi che abbiano una buona “medicina di stato”? Qual è il migliore?
I modelli più vicini a noi, come l’Italia o l’Inghilterra, non sono purtroppo dei buoni esempi. Quello della Svezia, che era molto interessante alcuni anni fa, sta ultimamente soffrendo. Il modello Americano, che è il contrario di una medicina di stato, è disastroso sia per l’accessibilità che per i costi – stratosferici – delle cure. Credo quindi in un sistema come il nostro che, anche con uno sguardo al futuro, ritengo sia una solida base ancora da rafforzare, anche grazie alla complementarità e alle collaborazioni tra attori pubblici e privati. Sta a noi far evolvere il nostro sistema nella buona direzione, facendo appello alla responsabilitàindividuale di tutti gli attori.
Di tutti i leader politici mondiali qual è il suo preferito? (una sola risposta possibile)
Barack Obama, anche se non è più in esercizio, mi ha ispirato moltissimo e continua a farlo con le sue parole e le sue azioni. “Yes we can“ è stato ed è molto di più di uno slogan.
Che cosa fa per tenersi in forma fisicamente? E quali sono i suoi hobby?
In questo momento “corro“ in tutto il cantone per la campagna ma sempre cercando di mangiare sanamente, di bere tanta acqua e di dormire il numero corretto di ore. Anche se quest’anno è un po’ particolare, visti i numerosi impegni e il poco tempo libero, di solito amo sciare, sulla neve d’inverno e sull’acqua d’estate!