Intendo l’Europa della visione di De Gaulle, estesa dal Portogallo agli Urali con al suo centro l’importante nucleo istituzionale dell’UE. Una evidente debolezza viene messa in risalto dalla lettura dell’elenco delle prime 100 società mondiali per capitalizzazione borsistica. Ogni classifica si basa su criteri che possono anche venir messi in discussione, ma resta pur sempre indicativa. Ora delle 100 società 4 sono inglesi, 3 svizzere, 3 francesi ed 1 ciascuno per Germania, Olanda e Danimarca. Singolare poi che le tre francesi siano tutte nel campo del lusso mentre la Svizzera è presente nella farmaceutica e nell’alimentazione. Delle 13 società europee classificate 7 sono di due Paesi non membri dell’UE. Ripetiamo, questa tabella riflette uno dei criteri possibili di valutazione delle attività economiche, ma è sicuramente un indice che deve preoccupare.

Le grandi società mondiali sono in grado di dedicare potenti mezzi finanziari per quello che è il motore del progresso tecnologico, la ricerca e lo sviluppo. Formano importanti quadri dirigenti che hanno impatto sulla società e colloquiano autorevolmente con il mondo della politica e tecnocrazia internazionali, originano posti di lavoro spesso anche nei Paesi emergenti. Tutto ciò è innegabile e pur ammettendo che le loro attività possono essere oggetto di critica è incontestabile l’importanza del loro ruolo. Umiliante è il rapporto tra gli USA e l’Europa, gli uni con 330 milioni di abitanti e 63 società classificate e l’Europa con i suoi 500 milioni e 13 società elencate.

In considerazione delle similitudini tra le due aree appare innegabile che i maggiori spazi di manovra per l’iniziativa imprenditoriale uniti ad un differente approccio al rischio e minor invadenza statale contribuiscano sicuramente allo squilibrio. Analizzando il quadro delle richieste di patenti per brevettare scoperte ed innovazioni le sproporzioni a favore degli USA penso si confermerebbero.

Un altro indice di debolezza dell’Europa lo possiamo individuare nel super indebitamento. Il campanello d’allarme più noto è quello del debito pubblico dei più importanti Paesi: l’Italia con 2.755 miliardi di uro pari al 152% del PIL, la Francia con 2.400 miliardi pari al 114%, la Spagna con 17 %. Meno importanti ma da non dimenticare la Grecia con il 189% e il Portogallo con il 127%.

Un super indebitamento che non riflette un momento eccezionale ma una realtà che va deteriorandosi da tempo, anno dopo anno. Senza cadere nell’eccessivo allarmismo non possiamo ignorare che il totale dei bilanci della Banca centrale europea sommato a quelli delle singole banche nazionali è stato calcolato in 8.700 miliardi di euro con oltre 5.000 miliardi agli attivi rappresentati da crediti a imprese ma ancor più a governi la cui posizione debitrice non lascia certo tranquilli.

Il super indebitamento anche nel mondo imprenditoriale è non solo paralizzante ma può essere ucattivo consigliere. Un’ulteriore nostra debolezza è la deatalità che ha quale conseguenza l’invecchiamento. Vero, oggi si invecchia molto più lentamente e questo permette in molte professioni di rimanere attivi più a lungo di quanto non fosse nel passato, ma ciò non rimedia alla mancata fertilità.

Il ricorso all’immigrazione presenta problematiche di difficile soluzione ma oltretutto trova gli europei profondamente divisi. La maggior corrente di immigrazione è quella africana e medio-orientale anche per la facilità delle vie del Mediterrane

Preoccupante la sproporzione con l’Africa nell’evoluzione delle rispettive popolazioni. In un mezzo secolo o forse meno gli abitanti del Continente africano passeranno dagli odierni 1,25 miliardi ai 2,5 miliardi e ciò in un’area disastrata da guerre, conflitti tra bande, malgoverno, corruzione, carenze nell’educazione e nella sanità che sono pesanti motivazioni alla fuga verso Paesi europei che rappresentano un miraggio.

Davanti all’ipotesi di un afflusso di proporzioni bibliche che cambierebbe la natura del nostro Continente gli europei hanno reazioni contrastanti. Vi è chinon si oppone all’immigrazione controllata, volendola strutturare in modo di evitare scompensi e scontri, e pensa che i problemi dello sviluppo africano vadano risolti in Africa con politiche diverse dalle passate che sono fallite. Da ultimo chi in modo rozzo vede nello straniero il nemico da osteggiare. Non entriamo nel merito dei diversi atteggiamenti, ma già la lacerazione tra di noi, addirittura la presenza di europei che hanno perso l’orgoglio per la propria civiltà e la sua Storia, unita alla incapacità delle autorità dell’UE di affrontare il problema dell’immigrazione, mettono in evidenza una pesante e forse irrimediabile debolezza. Chi ha perso l’orgoglio non ha futuro.

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